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I mercanti rugi dell’isola di Rugen e gli abitanti della Pomerania
continuarono a vendere donne rapite in apposite scorrerie condotte
ad Oriente, i vichinghi talvolta vendevano le loro donne più
dissolute agli arabi e nell’Inghilterra di prima delle invasioni,
secondo il racconto piuttosto prevenuto di Guglielmo di Malmesbury,
vigeva una:
‘…abitudine ripugnante per natura….cioè di vendere le proprie serve
quando gravide di loro dopo aver soddisfatto la propria lussuria
destinandole o alla prostituzione o alla schiavitù straniera’.
Tuttavia entro le frontiere dell’Impero carolingio, dove un uomo
sorpreso con una prostituta doveva portarla a spalla fino alla panca
della fustigazione, le accuse di traffico di donne erano rivolte
soprattutto agli ‘infedeli’, a mercanti ebrei o arabi e soprattutto ai
mercanti di cavalli arabi.
In questo periodo di turbolenza e di governi deboli, la prostituzione
non era organizzata, ma cominciò ad esserlo con la rinascita delle
città.
La feccia della categoria continuò a viaggiare con le salmerie degli
eserciti o a mischiare il suo destino con quello di bande di mercenari
e di briganti, ma i vantaggi per una prostituta che vivesse in una
stabile comunità mercantile si fecero evidenti.
Dall’XI secolo in poi il numero sempre crescente di ‘attrici girovaghe’,
un eufenismo per nascondere la loro professione di peripatetiche,
di serve fuggiasche e di fuorilegge s’insediarono nelle città nascenti
le cui autorità presto si accorsero che alcune di quelle signore
riuscivano a fare ottimi affari per cui il fiuto mercantile suggerì loro
d’imporre una tassa sui loro guadagni come utile contributo ai
fondi della comunità.
Questo desiderio di partecipare agli utili delle prostitute oltre alla
necessità di controllare la loro attività e mantenere l’ordine e l’
igiene portò presto alla fondazione, in genere fuori dalle mura,
di quartieri ufficiali di bordelli, noti in Francia e Germania come
‘quartieri delle donne’.
Alle abitanti si chiedeva di portare qualche segno distintivo del
loro mestiere come cuffie, mantelli o vesti particolari ed esse si
trovarono ad esercitarlo sotto la protezione delle autorità mentre
operatrici indipendenti, come le ‘folli’, che fingendosi si denudavano
nelle piazze offrendo la loro merce e dalle quali era meno facile
ottenere una quota dei profitti, venivano espulse dalle città, frustate
ed esiliate.
In certi luoghi e ad alcune categorie di persone era proibito frequentare
i bordelli: ai preti dovunque e spesso agli ebrei, talvolta agli
uomini sposati e, a Vienna, ai fornai della città.
Uno dei più antichi documenti di legislazione intesa a regolamentare,
e quindi tacitamente ad ammettere, la prostituzione è la ‘Ordinanza
che regola il Governo delle Terme di Southwark del vescovo di
Winchester’.
Che queste ‘terme’ appartenessero al vescovo non deve stupire, molti
organismi religiosi se evitavano la partecipazione diretta agli affari
dei bordelli subaffittandoli, possedevano case di malaffare.
Come il vescovo di Winchester all’inizio del XII secolo, vescovadi,
abbazie, monasteri e persino il papato che nelle annate ricavava fino
a 20.000 ducati di rendita dai suoi immobili affittati a tenutari di
bordello annoveravano tra le loro proprietà quel tipo di stabilimento.
Dispute tra fondazioni religiose ed autorità civile per la spartizione
di quelle rendite non sono rare e troviamo persino che nel 1309 il
vescovo Giovanni di Strasburgo stava costruendo a sue spese
uno splendido nuovo bordello in quella città…..
(A. McCall, I reietti del Medioevo)