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… Il cielo, la lingua, le produzioni della Valtellina e dei contadi son quelle
della Lombardia ed alla Lombardia erano state sempre unite, obbedendo
nell’ecclesiastico ai vescovi di Como, nel civile, ai duchi di Milano.
Ma quando questi s’infiacchirono col separare la causa loro da quella dei
popoli, la lasciarono invadere da stranieri…. Le dottrine nuove propagate
nei Grigioni, per la vicinanza, per il commercio, per i magistrati, non tarda-
rono a introdursi nella Valtellina, piacendo ai Grigioni dominatori che que-
sta si allontanasse ognora più dalla Spagna, allora dominatrice indiscus-
sa del Milanese e capitana della parte cattolica fedele al papa.
Adunque a Poschiavo da Rodolfino Landolfo fu piantata la prima stampe-
ria che i Grigioni avessero; e per quanto il papa e il re di Spagna ne recla-
massero, seguitava a diffondere i libri Eretici dei Riformatori per l’Italia; la
valle fu aperta a tutti quegli Italiani che, per sospetto di eresia, erano dalla
patria sterminati…. finché arriviamo al motivo del presente documento
storico: la presunta congiura….
Anche in Valtellina si ha per costante che i Riformati si fossero giurati a
ridurre alla nuova religione la valle, non lasciando razza né generazione
dei Cattolici.
Questo fatto potrebbe, se non giustificare, scusare almeno l’estremità
dei Valtellinesi: nelle suppliche sporte dal clero e nelle delazioni del po-
polo di Valtellina al re cattolico ed al cristianissimo si asserisce circa
questa ‘presunta’ congiura (‘fu fatta una congiura da predicanti et Gri-
gioni, la quale s’esibisce separatamente alla M. V., nella quale fu riso-
luto il clero et nobili della valle… col giorno et ora ne’ quali doveva es-
sere tutto eseguito…’) rilevate dalla errata interpretazione di una o più
lettere dei presunti congiurati…: ‘Se non taglieremo… sarem tagliati
(o forse sarebbe bene dire.. taglieggiati…) oppressi… perseguitati…
Fin qui la lettera.. ora ti par questo l’ordinamento d’una congiura!
Ma nulla fu più facile che ottener pretesto e credenza per siffatta con-
giura e formare una sorta di ‘piccola crociata cattolica’, il cavalier Ro-
bustelli Valdano accozzò nella propria casa a Grosseto alcuni Valtel-
linesi e Abruzzesi di maggior recapito et ignoranza di spirito e li illu-
minò circa i pericoli della patria e della religione romana a cui accor-
reva.
Una misera pace ben si muta anche colla guerra….
Cento mila Cattolici, quanti ne abitano dalle fonti del Liro a quelle del-
l’Adda, elevano un voto solo: cento milioni di Cattolici in tutta Europa
aspettano da noi esempio, e ci preparano applausi e soccorsi, noi
dunque, concorde volere, noi sdegno generoso, noi magnanime s-
peranza, noi armi e bastoni giusti perché necessari, formidabili per-
ché impugnate per la patria e per tutti gli altari del mondo!
Il papa ci benedice, la Spagna ci appoggia, il malaffare ci favorisce…
il mondo ci ammirerà come martiri… come eroi…, noi pugneremo
per la patria e con essa per la fede… urlavano dalla loggia del Ro-
bustelli Valdano….
Ed il macello… il sacro macello della Valtellina ebbe così inizio…
doveva dunque la strage cominciarsi a Tirano, ove aggregati i ma-
nigoldi in casa del Venosta… poi in un sogno pieno di fantasmi e
di paure, quale scorre fra il concepire d’una terribile impresa ed il
compirlo, stettero aspettando l’ora pregna di tanto dubbio avveni-
re, con quel gelo di cuore, con quell’indicibile sospensione d’ani-
mo, che non conosce se non chi la provò….
Là sul biancheggiare dell’alba quattro archibugiate danno il segno
convenuto, le campane suonano a popolo, compunti il cuore di
paura, balzano dal sonno i quieti abitanti, ma come all’uscire a-
scoltano gridare ‘ammazza… ammazza’, e vedono darsi addos-
so agli Eretici Riformatori, ogni cosa è un gridare un fuggire, un
dar di piglio all’armi, chi per difesa, chi per offesa, e piombare so-
vra i nemici, e difendentisi invano, gridanti a Dio mercé della vita
e dell’anima, tra le braccia delle care donne…
Il cancelliere Lazzaroni, valtellinese riformato, fuggì ignudo su per
li tetti, e s’occultò in luogo schifo; ma additato da una donna, fu fini-
to, e con lui un cognato suo cattolico, che gli aveva dato mano al
camparsi. Il pretore Giovanni di Capaul si rendette alla misericor-
dia dei sollevati, ed i sollevati l’uccisero; trascinarono nell’Adda il
pretore di Teglio; al cancelliere Giovan Andrea Cattaneo non val-
se il farsi scudo del petto di una sposa, che pur era cugina del
Robustelli e del Venosta.
Al ministro Basso fu tronca la testa e posta, fra barbari dileggi,
sul pulpito da cui soleva predicare; ben sessanta vennero in di-
versa foggia scannati, fra cui tr donne, e le altre ed i fanciulli
perdonati se abbracciassero la cattolica fede. Il Robustelli, en-
trato a Brusio in val di Poschiavo, schioppettò un trenta perso-
ne, poi mise fuoco al paese, falò, diceva egli, per la ricuperata
libertà di religio! …
Poi per molti giorni, come bracchi entrati sulla traccia, si mette-
vano fuori all’inchiesta i villani ed i loro predicatori Eretici… con
forche e picche, moschetti e crocifissi tutto insieme, facendo
gesti e schiamazzi, ridicoli se non fossero stati così tremendi
nella loro misera calunnia…
Le selve si mutarono in armi, nelle caverne, disputate ai lupi e
agli orsi, si trucidavano freddamente i latitanti, fortunato era in
codesto macello, chi moriva di primo colpo, senza vedersi s-
cannate innanzi le persone care, senza bere a sorsi una mor-
te disperata, straziati a membro a membro coi visceri e col
corpo spaccato dalla polvere accesa nella gola o finiti a basto-
nate dai macellai….
Il Piatti, curato di Teglio, attaccò il dottor Federici di Valcamo-
nica, e fatto il segno della croce quale portava nella mano si-
nistra e una spada nella destra, ammazzò l’eretico Calvino
con altri seguaci; il domenicano Alberto Pandolfi da Soncino,
parroco delle Fusine, con uno spadone a due mani guidava
il suo gregge a trucidare i fratelli di quel Cristo, che aveva det-
to: Non ucciderai!
‘Continui’, intimò con voce roca a Bedloe….
‘Per molti minuti’, continuò quest’ultimo, ‘il mio unico sentimento –
l’unica sensazione – fu di buio, di nullità con la consapevolezza del-
la morte.
Successivamente sembrò che la mia anima fosse scossa da una
violenta, improvvisa scarica, come una scarica elettrica. Quest’ul-
tima la sentii – non la vidi. Poco dopo mi sembrò di alzarmi da ter-
ra, ma non avevo una presenza corporea, visibile, udibile o palpa-
bile.
La folla era sparita, il tumulto era cessato, la città era in relativa
quiete. Al mio fianco giaceva il mio cadavere, con la freccia nella
tempia, e tutta la testa molto gonfia e sfigurata.
Tutte queste cose io le sentivo, non le vedevo.
Non mi interessava niente, perfino il cadavere era un oggetto che
non mi interessava. Non avevo alcuna volontà, mi sembrava fos-
si costretto a muovermi e volteggiando nell’aria veleggiai fuori del-
la città, ripercorrendo il sentiero periferico attraverso il quale ero
entrato in essa……
(C. Cantù, Il Sacro Macello di Valtellina)