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Gli occhi di Atget: Due orologi (1) &
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Dialoghi con Pietro Autier: Due orologi (4)
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(Da: Due orologi (1/2))
Improvvisamente, riacquistò compostezza.
Il tremito si acquietò.
Strinse i denti e abbassò le ciglia.
Non aveva esaurito le risorse difensive; nella sua mente
aveva preso forma un altro progetto, un altro piano di
battaglia.
Sollevando la punta dell’assicella, la spinse con cautela
tra le macerie a fianco del fucile e la premette contro il
ponticello. Poi, lentamente, la fece ruotare finché non
sentì di averlo superato, chiuse gli occhi, e la spinse con-
tro il grilletto con tutta la sua forza!
Non vi fu esplosione; il fucile si era scaricato cadendo-
gli di mano nel momento del crollo. Ma aveva fatto il
suo dovere.
…..Il tenente Adrian Searing, comandante dell’avampo-
sto da quella parte della linea che il fratello Jerome ave-
va attraversato in missione, sedeva in ascolto dietro il
terrapieno.
Neppure il più debole dei suoni gli sfuggì; il grido di
un uccello, lo squittio di uno scoiattolo, il fruscio del
vento tra i pini, tutto veniva registrato con ansia dai
suoi sensi tesi.
D’improvviso, proprio davanti alla linea, udì un rom-
bo debole e confuso, simile al frastuono, attutito dalla
distanza di un edificio che crolla.
Il tenente guardò meccanicamente l’orologio.
Le sei e diciotto.
In quel momento gli si avvicinò a piedi un ufficiale
proveniente dalle retrovie, che salutò.
– Tenente,
disse l’ufficiale,
– il colonnello vi ordina di far avanzare la linea e di
saggiare il nemico, se lo trovate. In caso contrario,
continuare ad avanzare fino a che non verrà ordina-
to di fermarvi. C’è motivo di credere che il nemico si
sia ritirato.
Il tenente fece un cenno col capo e non parlò; l’altro
ufficiale si congedò.
Un attimo dopo, gli uomini, informati a bassa voce
dai sottufficiali del loro dovere, avevano lasciato le
postazioni di trincea e stavano avanzando in forma-
zione di pattuglia, coi denti serrati e il cuore in tu-
multo.
La linea di pattuglia attraversava rapida la pianta-
gione e punta verso la montagna. Passano ai lati del-
l’edificio in rovina senza degnarlo di uno sguardo.
A breve distanza, in retrovia, giunge il comandante.
Getta uno sguardo curioso al rudere e vede il corpo
di un morto mezzo sepolto da travi e assi.
E’ talmente coperto di polvere che l’uniforme grigia
sembra quella di un confederato. Ha il volto bianco
e giallastro, le guance incavate, e le tempie, infossate
anch’esse e profondamente segnate dalle rughe, ren-
dono la fronte orribilmente stretta; il labbro superio-
re, leggermente alzato, mostra i denti bianchi serrati.
Ha i capelli fradici, il viso mandido come l’erba co-
perta di rugiada che si trova tutt’intorno.
Dal suo punto d’osservazione, l’ufficiale non scorge
il fucile; apparentemente l’uomo è rimasto ucciso
dal crollo dell’edificio.
– Morto da una settimana,
tagliò corto l’ufficiale e proseguì, tirando fuori distrat-
tamente l’orologio, come per verificare la propria va-
lutazione del tempo.
Le……
(A. G. Bierce)