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In seguito venne identificato da John Burke come l’uomo
che aveva alloggiato a Cedar Street. Inoltre, un marinaio
di una delle barche di Staten Island lo riconobbe come l’-
uomo che lo aveva avvicinato durante la fuga da lì a Ma-
nhattan, chiedendogli da aiutarlo a contare il denaro ri-
posto in due sacche.
Ben presto una ragnatela di prove indiziarie venne intes-
suta attorno a Hicks, che fu affidato alla custodia di Isaiah
Rynders, sceriffo degli Stati Uniti, e rinchiuso nelle Tombs.
In maggio venne processato davanti alla corte circoscrizio-
nale statunitense e la giuria, dopo aver deliberato per soli
sette minuti, lo dichiarò colpevole di pirateria e omicidio
in alto mare.
Lo condannarono a essere impiccato venerdì 13 luglio e
la corte specificò che l’esecuzione doveva aver luogo su
una delle isole governative nella baia di New York.
Meno di una settimana dopo il processo Hicks chiamò il
direttore delle Tombs per dirgli che voleva confessare tut-
to, liberando così la propria anima dal peccato.
Con le mani ammanettate dietro la schiena e una catena
con palla fissata alla caviglia, il gangster passeggiò avan-
ti e indietro a un pubblico funzionario e reporter, e descis-
se con dettagli minuziosi e cruenti l’omicidio del capitano
Burr e dei due ragazzi, Smith e Oliver Watts.
Raccontò che tutto era iniziato alle dieci di sera.
Aveva rimuginato sul proprio imbarco forzato e aveva
deciso di vendicarsi uccidendo l’intero equipaggio. ‘Ero al
timone’, raccontò, ‘e il capitano Burr e uno dei ragazzi sta-
vano dormendo nella cabina. L’altro Watts era di guardia
a prua. All’improvviso il demonio si impossessò di me e
decisi di uccidere il capitano e l’equipaggio quella stessa
notte’.
Hicks legò il timone con una fune per mantenere lo sloop
sulla rotta prestabilita, poi prese la barra di un argano.
Con passo furtivo si avvicinò al ragazzo che, ritto a prua,
stava osservando le onde che si infrangevano contro la
sezione anteriore della chiglia.
Ma la sua sagoma proiettò una lunga ombra nella luce
lunare che riempiva il ponte, così Watts si voltò per vede-
re chi stesse arrivando. Urlò una sola volta, poi la spran-
ga calò sulla testa, fracassandogli il cranio. Il suono del
colpo e il grido avevano svegliato l’altro giovane, che sa-
lì la scala di boccaporto per scoprire cosa fosse successo.
Nel frattempo Hicks aveva trovato un’accetta e, quando
il ragazzo raggiunse il ponte, lo decapitò.
Poi scese la scala di boccaporto per cercare il comandan-
te. Il capitano Burr, basso, tarchiato ma molto muscoloso,
fu svegliato dall’entrata del malvivente con intenti omicidi
e si rizzò a sedere sulla cuccetta, notando Hicks al centro
della stanza, chino sulla sua scure.
Un attimo dopo il pirata balzò in avanti, la lama insangui-
nata che scintilla nella luce fioca emanata dall’oscillante
lanterna appesa sopra il pagliericcio del capitano. L’accet-
ta piombò sul cuscino di Burr, ma quest’ultimo si scostò ro-
tolando e cadde sul pavimento appena in tempo per salvar-
si la pelle.
Ghermì le gambe di Hicks più o meno all’altezza delle ginoc-
chia e, mentre il gangster piombava a terra, lottò disperata-
mente per stringergli la gola mentre Hicks cercava di utiliz-
zare la scure….
(Prosegue….)