IL VIAGGIO COMINCIA (8)

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La discesa procedette nel più profondo silenzio, turbato soltanto dalla

caduta di frammenti di roccia.

Io mi tenevo solidamente afferrato, ma la mia paura era che la corda,

a mio parere ben fragile per sostenere il peso di tre persone con bagaglio,

tutt’a un tratto si spezzasse; e facendo miracoli di equilibrio utilizzavo ogni

sporgenza per poggiare i piedi e pesare sulla corda il meno possibile.

Hans, quando una delle sporgenze gli scivolava sotto i piedi diceva con voce

tranquilla:

– Gif akt!

– Attenzione!, ripeteva mio zio.

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Dopo una mezz’ora eravamo arrivati su un ripiano abbastanza ampio per

contenerci tutti e tre.

Hans tirò un capo della corda, l’altro capo cominciò a salire, e dopo qualche

istante il tutto ricadde ai nostri piedi, accompagnato da una pericolosa pioggia

di sassi. Chinandomi con precauzione dalla piattafoma, notai che il fondo del

pozzo era ancora invisibile.

La manovra ricominciò, e dopo un’altra mezz’ora eravamo scesi di altri duecento

piedi. Non so quanti geologi, per accaniti che fossero, avrebbero cercato di studiare

la natura del terreno durante una discesa simile. Per conto mio, non me ne occupai

davvero: che si trattasse di strati pliocenici, miocenici, eocenici, cretacei, giurassici,

triassici, permiani, carboniferi, devoniani, siluriani o primitivi, poco me ne importava.

(Jules Verne, Viaggio al centro della Terra)

 

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