Precedente capitolo:
Prosegue in:
Nell’estrema sua età il Campanella, accolto nelle corti e carezzato
dai grandi, soleva pure ricordar con piacere la grata impressione
che aveva prodotto in lui l’avere veduto per la prima volta scolpiti
i suoi versi in un arco di tempo eretto nella devota chiesa del suo
convento.
Ma ripigliando il discorso della sua età giovanile, le lodi che d’ogni
parte di sé gli venivano udite erano tanto pungenti stimoli di
gloria al suo cuore.
Imperciocché non si negavano a lui quelle lodi, le quali agl’ingegni
precoci mai si negano, e che ben presto gli uomini per invidia
convertono in calunnie e in oltraggi: tanto loro pesa la saggezza.
E scrisse in San Giorgio le lezioni che ascoltava riducendole in
miglior forma e come in compendio.
Pure di quelle il suo ingegno poco si contentava.
Onde si diè da ultimo ansiosamente a cercare, se nella filosofia
aristotelica, quale allora insegnavasi nelle scuole, tutto fosse vero,
o non piuttosto il vero fosse mescolato col falso, di che già gli
era entrato nell’animo un dubbio crudele.
(Sì’ ccorse, il povero Campanella, ieri come oggi, che la scuola
non insegna alla favella, ma solo a far bottega, prima di lui anche
il pagano, maledetto apostata sì’ccorse dell’usanza in questa
strana creanza, che il professor è più indegno del suo …povero
scolaretto…).
E’ fama che il Campanella nelle sue prime indagini muovesse il
dubbio e che tanto spingesse il suo pirronismo storico da dubitare
perfino se Carlo Magno, uno de’ personaggi meglio compravati
della storia fosse mai stato.
E volse i greci e gli arabi commentatori d’Aristotile, e volle vedere
co’ propri occhi: ‘Se le cose che essi dicevano si leggessero o pur
no nel mondo, il quale aveva da’ savi appreso a riguardare come
codice vivo di Dio’.
Né i maestri suoi gli davano tali risposte ai dubbi ch’ei lor proponea
che il potessero soddisfare; onde ei fece seco medesimo questo
propinimento, di volere d’ora innanzi leggere da sé i libri di
Platone, di Plinio, di Galano, degli Stoici, e de’ seguaci di Democrito,
ed in ispezialità i libri del Telesio, vedere che di vero, che di
falso contenessero quelli.
(M. Baldacchini, Vita di Tommaso Campanella)