IL MONACO NERO (4)

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…Tanja scambiò uno sguardo ansioso col padre e disse con la voce

d’una colpevole:

– Tu stesso noti che il latte ti giova.

– Sì mi giova molto! sogghignò Kovrin.

– Mi congratulo con voi: da venerdì il mio peso è cresciuto di una libbra.

Si serrò forte la testa con le mani e disse con angoscia:

– Perché, perché mi avete curato?

– I preparati al bromuro, i bagni caldi, l’ozio, la sorveglianza, un pusillanime

terrore per ogni mio sorriso per ogni mio sorso, per ogni mio passo, tutto ciò

alla fin fine mi condurrà all’idiozia.

– Io stavo diventando pazzo, avevo la mania di grandezza, ma in cambio ero

allegro e perfino felice, ero interessante ed originale. Adesso son diventato più

ragionevole e più posato, ma in cambio sono come tutti: sono un mediocre e

mi è noioso vivere….

– Oh, come avete agito crudelmente con me!

– Avevo delle allucinazioni, ma a chi davo fastidio?

– Io domando: a chi davo fastidio!?

– Dio sa quello che dici! sospirò Egor Semjonyc.

– E’ triste perfino ascoltare.

– E voi non ascoltate.

La presenza della gente, specie di Egor Semjonyc, ormai irritava Kovrin, che

egli rispondeva in modo asciutto, freddo e finanche villano e non lo guardava

se non con aria e con odio, mentre Egor Semjonyc si turbava e tossicchiava col

fare di un colpevole, sebbene non sentisse di aver colpa alcuna.

Non comprendendo per qual ragione si fossero così bruscamente mutati i loro

gentili e bonari rapporti, Tanja si stringeva al padre e gli getteva occhiate ansiose

negli occhi; voleva capire e non poteva, e per lei era chiaro soltanto che i rapporti

diventavano ogni giorno peggiori, che il padre negli ultimi tempi era fortemente

invecchiato, mentre il marito si era fatto irritabile, capriccioso, attaccabrighe e

poco interessante. Ella non poteva più ridire e cantare, a pranzo non mangiava

nulla, non dormiva per nottate intere, aspettandosi qualcosa di terribile, e

si era sfinita tanto che una volta rimase svenuta da pranzo fino a sera.

– Quanto fortunati eran Budda e Maometto o Shakespeare, che i loro buoni

parenti e i dottori non li curassero contro l’estasi e l’ispirazione!

disse Kovrin.

– Se Maometto avesse preso del bromuro di potassio per i nervi, avesse

lavorato solo due ore su ventiquattro e bevuto latte, dopo la morte di quell’

uomo straordinario sarebbe rimasto così poco come dopo la morte del suo

cane.

– I dottori e i buoni parenti alla fin fine faranno sì che l’umanità diventerà

ottusa, che la mediocrità passerà per genio e la civiltà perirà.

– Se sapeste, disse Kovrin con dispetto,

– come vi sono riconoscente!

(Anton Cechov, Il monaco nero)

 

 

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