‘GENTE DI VILE CONDIZIONE IDIOTI E VILLANI’ (…miopia storica…)

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gente di vile condizione

 

 

 

…..Fra quest’infelici che si lasciarono trarre in errore, e dal quale

loro capitò la morte, si deve annoverare anche certo fra’ Dolcino,

da Dante commemorato nel canto XXVIII dell’Inferno.

Costui, tratto da vaghezza e da forte proclività a’ piaceri ed

amando di campare la vita ad uso dei frati gaudenti, vivendosi 

in val d’Ossola di Novara, dotato di certa estemporanea eloquenza,

cominciò a predicare a quei valligiani esser lecita ai cristiani la

comunanaza d’ogni cosa, eziandio fin delle mogli.

Il sistema parve seducente a molti, sicchè in breve egli si vide

circondato da meglio di tremila seguaci che lo applaudirono.

Per quasi due anni potè sostenersi ricorrendo a ruberie quando

pativa difetto di cibi per sè e pe’ suoi.

Ma mentre si travava fra’ monti del Vercellese, correndo la

stagione invernale, ed essendo caduta in gran copia la neve,

non potendo procacciarsi nè sicurezza d’asilo nè certezza di 

alimenti, fu preso dai Novaresi e per ordine del papa o di chi

lo rappresentava fu dannato al rogo insieme con Margherita 

sua compagna e più altri complici d’ambo i sessi nel 23 marzo

1307.

Maometto, nella nona bolgia ove i seminatori d’eresie sono

smembrati e smozzicati a colpi di spade dai demoni, incarica

Dante d’avvisar fra’ Dolcino che si provvegga in buon punto di

vettovaglia. 

gente di vile condizione

‘Questo fra’ Dolcino, dice l’anonimo, co’ suoi seguaci si ridusse

nella montagna di Novara, nella quale difendendosi dagli

uomini per la forza del luogo, ma non dall’assedio celestiale

della neve, niente di meno, da tutti i Lombardi per comandamento

della Chiesa assediato, fu preso e condotto nella sopra-detta

terra con suora Margherita e molti de’ suoi, fu arso.

Ed io, scrittore ne vidi de’ suoi ardere in Padova in numero 

di ventidue a uno per volta, gente di vile condizione, idioti

e villani. (La storia di questo frate Dolcino leggesi in Muratori)

(P. Tamburini, Storia generale della Inquisizione)

 

 

gente di vile condizione

    

ORA TERZA (in attesa della nona)

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ora terza

 

 

 

– ….Dunque Remigio, tu portavi con te delle lettere di Dolcino e le

desti al confratello tuo che ha cura della biblioteca…

– Non è vero, non è vero!

gridò il cellario, come se quella difesa avesse ancora qualche efficacia.

E giustamente lo interruppe:

– Ma non è da te che ci serve un assenso, bensì da Malachia…

Fece chiamare il bibliotecario, e non era tra i presenti. Io sapevo

che stava nello scriptorium, o intorno all’ospedale, a cercare

Bencio e il libro.

Andarono a cercarlo, e quando apparve, turbato e cercando di

non guardare in viso nessuno, Guglielmo mormorò con

disappunto:

– E ora Bencio potrà fare ciò che vuole.

Ma si sbagliava perché vidi il volto di Bencio spuntare al 

di sopra delle spalle di altri monaci, che si affollavano alle

porte della sala per seguire l’interrogatorio.

Lo indicai a Guglielmo.                                  ora terza

Pesammo allora che la curosiotà per quell’evento

evento fosse ancora più forte della sua curiosità

per il libro.

Apprendemmo dopo che, a quel punto, egli

aveva già concluso un suo ignobile mercato.

Malachia apparve dunque davanti ai giudici,

senza mai incrociare gli occhi suoi con quelli

del cellario.

– Malachia,

disse Bernardo,

– Stamattina, dopo la confessione resa nella

notte da Salvatore, vi ho domandato se avete

ricevuto dall’imputato qui presente delle…

lettere…

– Malachia!

urlò il cellario,

– Poco fa mi hai giurato che non farai nulla contro di me!

Malachia si volse appena verso l’imputato, a cui dava le

spalle, e disse a voce bassissima che quasi non udivo:

– Non ho spergiurato. Se potevo fare qualcosa contro di

te, l’avevo già fatto. Le lettere erano state consegnate al

Signor Bernardo questa mattina, prima che tu uccidessi

Severino. 

(U. Eco, Il nome della rosa)

 

 

ora terza

  

PIATTI POVERI: formaggio e vino

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piatti poveri

 

 

 

L’economia alpina si basava essenzialmente sull’allevamento del

bestiame che veniva poi venduto alle numerose fiere nelle vallate.

Pecore e mucche producevano latte in quantità che alimentava la

fiorente industria casearia.

La produzione era stagionale, perché il latte veniva munto e

raccolto negli alpeggi più alti, frequentati solo nei mesi estivi,

e il formaggio veniva poi fatto stagionare in cantine e malghe

apposite da cui prendeva il nome il prodotto finito.

Dagli alti pascoli, al termine del periodo di stagionatura, il

formaggio veniva poi trasportato verso valle e inviato ai mercati

cittadini, anche molto lontani, dove solitamente era particolarmente

apprezzato e garantiva lauti guadagni sia ai mercanti che ai

produttori. 

piatti poveri

Il traffico dei formaggi sui passi alpini era notevole.

Vecchie cronache di Meringen, lungo la strada del passo di Gries,

riportano dati interessanti: nell’autunno del 1764 lungo la Val

Formazza transitavano 200 someggiatori al giorno con muli carichi

di formaggio.

Il viaggio era organizzato in questo modo: il venerdì i mercanti

si recavano a Domodossola per acquistarvi al mercato del sabato

vino e altre mercanzie; la domenica tornavano nell’alta valle

e il martedì partivano per il passo di Gries con i muli carichi

di barili di vino e una balla di riso; raggiungevano l’ospizio

del Grimsel il mercoledì a mezzogiorno e la sera pernottavano

a Guttannen; il giovedì vendevano il vino e il riso a Meringen,

acquistavano il formaggio e riprendevano la via del ritorno;

il venerdì sera raggiungevano Goms e il sabato di nuovo la

Val Formazza.

Nella zona di Morasco si produceva parecchio formaggio di

ottima qualità soprattutto all’alpeggio di Bettelmatt. 

piatti poveri

Qui nel 1644 era stato proclamato un bando del Tribunale dell’

Inquisizione che proibiva di assumere custodi e servitori

eretici, e persino darvi alloggio occasionale, pena la scomunica. 

(S. Tenderini, Locande e Ospizi)

 

 

 

piatti poveri

 

CRONACA

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cronaca

 

 

 

Non essendo stato esaudito nella sua richiesta di essere accolto

nell’Ordine, Gherardo ‘se ne stava tutto il giorno, quando gli era

possibile, nella chiesa dei frati a meditare ciò che poi, nella sua

stupidità, mise in atto’.

Sorgono subito alcuni dubbi.

Come è possibile che un ‘illetterato, idiota e stolto’ possa avere

una vocazione così forte per la meditazione?

E poi un giovane, se davvero ‘di basso rango’, come può permettersi

di stare a volte ‘tutto il giorno’ a meditare?

C’è qui, comunque, evidenziata in Segarelli la convinzione di

poter essere ammesso nell’Ordine dei Minori, dunque di poter

a buon diritto entrare nell’ambito della Chiesa ufficiale, nulla

che faccia presagire la minima deviazione eretica.

Salimbene stesso è qui ancora lontano dal mettere in evidenza la

pericolosità della deviazione che emergerà in seguito, e infatti

è tutto teso a evidenziare soltanto la ‘stupidità’ di Gherardo.

Ma le questioni del grado di cultura e della condizione economica

di Gherardo sono già poste in modo contraddittorio.

…Con uno ‘scemo’ c’era poco da ‘istruire’, e in ogni caso l’Ordine

non ne avrebbe ricavato alcun onore!

Nonostante il rifiuto, Gherardo non fu messo immediatamente

alla porta, ma rimase in convento quell’intera giornata.

Mentre visitava il monastero, fu attratto da un paralume sul 

quale erano dipinti i dodici apostoli, con il mantello sulla spalla

e i sandali ai piedi.

Ciò gli fece venire l’idea di seguire in tutto e per tutto i discepoli

di Cristo. Si lasciò crescere la barba e capelli, si mise sulle spalle

un ruvido mantello e ritenne, presentandosi così di rassomigliare

agli apostoli.

Come un secondo Pietro Valdo, egli vendette la casa; raccolse

dei vagabondi e distribuì i soldi ricavati dalla vendita a quei

derelitti, che se li giocarono subito ai dadi.

Mi sembra che fra Salimbene descriva i fatti un po’ troppo

comicamente. Che Segarelli, per aver visto il dipinto con gli

apostoli, fosse portato a seguire la vita, può magari anche esser

stato vero; ma occorre porsi nel contesto dell’epoca: l’ideale

apostolico nel XIII secolo era molto esaltato come comportamento

religioso esemplare; il numero di coloro che in ogni modo

intendevano seguire l’insegnamento del santo di Assisi era 

una legione.

Già nel 1215 il Concilio Laterano, per evitare che il popolo fosse

preda della confusione, aveva proibito la formazione di nuovi

ordini mendicanti. Il Segarelli voleva seguire radicalmente 

l’insegnamento di Francesco, e non avrebbe chiesto alcuna

eccezione all’Ordine dei frati Minori.

Il loro rifiuto ad accoglierlo non spense il suo fervore apostolico,

anzi lo infiammò ancor di più! 

 

 

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