GIULIANO IMPERATORE (2)

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Un cesto di fichi….

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Come agiscono, chiedevo, le forze che nel loro gioco fanno

divenire il mondo?

Ed è vero che Diogene è morto per aver mangiato un polpo

crudo?

La poesia, rispondeva sibillino…

La poesia aiuta. Essa è terribile, come l’arte del flauto che Atena ha

inventato ripetendo

il lamento delle Gorgoni morenti.

Ero attento, come dopo il lancio del sasso nello stagno, quando

osservavo i cerchi che si slargano in altri sempre più grandi fin-

ché uno li abbraccia tutti.

Ma non aspetto risposta, il mio sguardo è diventato muto.


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Sono già lontano.

Mardonio scuote la testa, una ciocca lustra di sego gli cade

sulla fronte.

Giura sul mio genio che non ha mai visto in un animo infantile

tanto piacere di apprendere.

Ma non ne so approfittare.

La malinconia, come un insetto caduto nella coppa del vino,

guasta tutto.

La memoria percorre a ritroso, è un mare agitato la memoria.

Bisogna partire.

Dobbiamo partire.

L’allontanamento giusto per due ragazzi che sulla fronte hanno

il segno di Ecate.

Giuliano smunto, due occhiaie d’apprensione, voglia di andare e

voglia di restare, si mangia le unghie.

Tutto è pronto per il viaggio.

Una nave è nel porto.

Non una città azzurra di mare ci aspetta ma, oltre la Propontide,

un approdo, e poi avanti, sempre più avanti. Fino ad una fortez-

za in Cappadocia, regione che il dio galileo ha riempito di formi-

coni d’anacoreti, bestie più che uomini.

Offri le monete al vescovo, come avrebbe fatto Basilina, che ci

costruisca un’altare per il ritrovato corpo di un martire.

Non piangere Antinea, non pianse la vergine Maria quando il fi-

glio suo prese bisaccia e bastone e scese per il sentiero.

Non pregare.

Gli Dei ci danno solo quello che rifiutano, e non duriamo in un

posto mai abbastanza.

Ma questa è una scena, un dramma di teatro.

Una finzione.

In realtà il viaggio non aggiunge niente e niente toglie, cambiano

solo le inquietudini.

La nostra è una parte.

Noi siamo qui e in ogni luogo.

Invulnerabili.


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I pericoli, certo. Dicono che le strade sono disselciate, che ai

corriere della posta gli tagliano la gola nelle taverne, che nes-

sun messaggio è sicuro, come nessun viaggiatore.

Un tempo efferato, che tuttavia lascia spazi, e scappatoie.

I predoni della terra insidiano le carovane? Verso questo alleg-

gerimento ci invia Costanzo, scomparsa per scomparsa, lui che

ancora non ha avuto figli. Predoni che si fiondano come corvi sul

becchino, la nave ci porterà in bocca ai predoni di mare.

Ma noi galleggeremo come sugheri sull’acqua.

Addio Costantinopoli, città di strade che i cavalli traversano al

mattino con rumore di triturazione, e non c’è rumore più consueto

e difendente. I luoghi non si abbandonano, si lasciano, che è la pau-

sa giusta per portarseli dietro.

Addio Mardonio.

La pergamena di Omero, eravamo appena a metà poema, anche

se di nascosto ero corso avanti, compitando in greco, tu l’arrotoli,

il primo canto di Odisseo, tanto lo conosco già a memoria, poi la

chiudi col laccetto di cuio, ti umetti l’indice con la saliva e bagni,

una e una volta, legame e scongiuro.

Forse vi aspetta, dice, un paese senza libri.

Scorreranno i fiumi, molte volte si rinnoveranno le stagioni dell’

anno, cadranno i fulmini voce di Zeus, ma ascolta questa premo-

nizione che ho dentro: sono uno che sa e indovina, verrà il giorno,

Mardonio, che mi rivedrai a Costantinopoli nella cerimonia magna,

quando le tarsie di marmo del pavimento le lustreranno infinite

ginocchia, ma a te non permetterò di inginocchiarti e baciarmi il

piede, con due dita ti scanserò dalla fronte la ciocca di capelli

bianca ma sempre lustra di sego.

Addio.

Il buio che ci aspetta, il buio.

Nessuna allodola si è ancora alzata a rigare il cielo.

Un cane abbaia nel cerchio della notte…

(Luca Desiato, Giuliano L’apostata)





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CENSORE DEI SOGNI (secondo delatore)

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Asimmetria chirale

 

 

censore dei sogni (secondo delatore)

 

 

 

 

 

 

A questo punto, si avvicinò un altro delatore, un giovane

Persiano, certo Mercurio, dagli occhi nerissimi nel viso

giallo. Era quasi un fanciullo, ma la sua fama non era punto

inferiore a quello di Catena, e anch’egli aveva il suo sopran-

nome: censore dei sogni.

Quando il sogno di qualche suddito poteva essere interpre-

tato in modo pericoloso per la salute di Cesare, Mercurio

ne prendeva buona nota e ne riferiva all’Imperatore.

In tal modo, molte persone avevano dovuto pagare con la

confisca dei beni e la perdita del grado civile un sogno nel

quale avevano visto cose che un suddito non deve vedere.

Ma, ormai, i cortigiani erano tutti concordi nel dichiarare

che erano affetti da inguaribile insonnia, e in cuor loro

invidiavano gli abitanti della leggendaria Atlantide, che,

secondo Platone, dormivano senza sognare. 

Il giovinetto, interrompendo l’opera di due eunuchi etiopi,

i quali stavano allacciando a Costanzo le calzature imperia-

li ornate dalle aquile d’oro, abbracciò le gambe di Cesare

gli baciò i piedi, guardandolo negli occhi come un cane

che scruta le intenzioni del padrone dimenando la coda. 

– La Tua Eternità mi perdoni,

diss’egli con voce piena di devozione infantile.

– Non ho potuto resistere….occorre proprio che ti riferisca 

il sogno che ha fatto Gaudenzio: è molto brutto.

Egli ti ha visto con la clamide strappata e il capo coronato

di spighe vuote….

– E che vuol dire?

– Le spighe vuote sono indice di carestia, la porpora strap-

pata…questo poi….

disse con aria da dotto medico….

– E’ forse segno di malattia?

– Forse peggio. Intanto so dalla moglie di Gaudenzio che

egli ha consultato gli àuguri a proposito di questo sogno,

ed essi gli hanno detto alcune cose….

– Sì, va bene……dopo ne riparleremo. Questa sera….

– No, subito, Augusto…. Senti….. gli potresti, pel momento,

infliggere un supplizzio leggero….

disse con gli occhi che gli brillavano di segreto piacere…

– Non credi? Poi c’è quell’altra faccenda delle tovaglie….

– Quali tovaglie?

– Come non ricordi? Noi stavamo mangiando tutti con note-

vole appetito e tuo nipote preferendo la buona lettura ai

nostri banchetti, ha volontariamente o non, imbrattato una

delle nostre belle tovaglie con gli orli di porpora…..

Mercurio si affannava per esporre al più presto tutte le sue

delazioni……..

(D. Merezkovskij, Giuliano l’Apostata)

 

 

 

censore dei sogni (secondo delatore)

     

ARSINOE (2)

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L’inquisitore di Stato:

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arsinoe 2

 

 

 

 

 

 

– Perché illudersi?…. Morirò. L’odio mi soffocherà.

Ascolta: ogni notte, dopo aver passato l’intera giornata

inginocchiato nelle chiese davanti ai sepolcri galilei, 

torno a casa stanco, sfinito, e mi butto sul letto. Singhioz-

zando, mordo i cuscini per non gridare di dolore e di 

rabbia. Oh! tu ancora non sai, Arsinoe, che cosa sia l’orro-

re e il il sudiciume di questi galilei fra i quali agonizzo

da vent’anni, senza poter morire! perché vedi, Arsinoe,

noi cristiani abbiamo la vitalità dei serpenti: anche se ci

spezzano in due, i due tronconi si ricongiungono! Ho

invano cercato un conforto nella sapienza dei saggi e 

dei teurghi. Non sono riuscito a diventare né saggio

né virtuoso. 

Sono soltanto un perfido, e vorrei esserlo ancora di più,

forte, terribile, come il diavolo in persona, mio unico e

vero fratello! Ma perché, perché non posso dimenticare

che al mondo esiste un’altra cosa: la bellezza? 

Perché ti ho conosciuta?

(D. Merezkovskij, Giuliano l’Apostata)

 

 

 

 

 

arsinoe 2

   

‘BRAVI’ NAVIGANTI

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bravi naviganti

 

 

 

 

 

 

 

Partii da Patane un sabato mattina, e navigando sempre lungo

la costa con vento prospero, arrivammo alle spiagge di Lugor

la mattina del giovedì seguente.

Dato fondo alla foce del fiume rimanemmo tutto il giorno, e

prendemmo minute informazioni, sia per le merci, sia per la

sicurezza delle nostre persone.

Le notizie che ci diedero furono così buone che sperammo di

poter moltiplicare il denaro quasi sei volte, e per giunta era da-

ta sicurezza ad ognuno, con libertà e franchigia per tutto quel

mese di settembre.

Decidemmo così di risalire il fiume col levar del vento, ma la

sventura chiamata dai nostri peccati non permise che vedessi-

mo ciò che tanto desideravamo. Infatti, verso le dieci, allorché

eravamo già quasi pronti per prenzare e con le ancore a picco

ci accingevamo a far vela, vedemmo uscir dal fiume un gran

giunca, con le sole vele di trinchetto e mezzana, che si avvicina-

va di sopravvento.

 

bravi naviganti

 

Come ci ebbe raggiunti, riconosciuti per porteghesi, e vedendo che

eravamo molto pochi di numero, e che il nostro bastimento stava

per salpar l’ancora, calò su di noi, e accostando prua con prua da

dritta, ci lanciò, attaccati a lunghe catene di ferro, dei grapponi,

coi quali ci abbordò.

Essendo quella nave molto grande, e la nostra piccola, ci trovam-

mo sotto il suo occhio di cubia. Vedemmo allora uscire di sotto il

cassero, dove sin’allora erano rimasti nascosti, settanta o ottanta

mori, fra i quali era anche qualche turco: che, mandando alte grida,

ci gettarono addosso tante pietre, zagaglie, dardi e picche, da parer 

una pioggia caduta dal cielo; e, in men che non si dica un credo, dei

sedici portoghesi che eravamo dodici vennero uccisi

assieme a trentasei indiani dell’equipaggio.

 

bravi naviganti

 

I quattro di noi che riuscirono a scampare si gettarono in mare,

dove uno affogò subito, mentre gli altri due miei compagni ed

io, benché feriti, riuscimmo ad arrivare a terra, e attraversando

una palude dove sprofondavamo sino a mezza vita, ci adden-

trammo nella foresta.

I mori della giunca saltarono tosto nella nostra nave e vi termina-

rono di uccidere sei o sette marinai, già feriti, senza risparmiare

nessuno; indi si affrettarono a trasportar tutte le mercanzie nella

lor giunca, e aprirono una falla del nostro legno, che andò a fondo.

 

bravi naviganti

 

Antonio de Faria attendeva con ansia il nostro ritorno e le notizie

dei suoi drappi, e come ci vide e gli ebbimo raccontato quanto

era accaduto, rimase così costernato che non gli riuscì di parlare

per più di mezzora.

La perdita del nostro bastimento fu stimata oltre 60.000 cruzados,

di cui la maggior parte era in argento monetato col quale doveva-

mo comprare dell’oro.

Non trovando Antonio del Faria soluzione alcuna pel furto dei

12.000 cruzados che gli avevano prestati in Malacca, e desideran-

do alcuni consolarlo di questa perdita, rispose loro che non ave-

va il coraggio di tornare colà e comparire innanzi ai suoi creditori,

temendo che in forza delle scritture che aveva loro date, volessero

obbligarlo a restituire quanto doveva; il che egli non era punto in

grado di fare.

 

bravi naviganti

 

Allora giurò innanzi a tutti sul santo Evangelio e promise a Dio di

cercar il rapitore delle sue sostanze, aggiungendo che questi avreb-

be dovuto ripagargliele il doppio o con le buone o con le cattive; era

tuttavia certo che ciò non potesse avvenire con le buone, dacché non

v’era ragione alcuna che chi gli aveva ucciso sedici portoghesi e

trentasei uomini dell’equipaggio cristiani se ne uscisse sì lievemente

e senza castigo alcuno: perché, se così fosse stato, ogni giorno ce ne

avrebbero fatta una, o un’altra, o cento simili a questa.

Quanti furono testimoni del suo giuramento lodarono molto tale

risoluzione. 

Trovò molti giovani che si offersero di accompagnarlo in quell’impre-

sa, e buoni mercanti che gli offrirono del denaro per armarsi e provve-

dersi del necessario.

Egli accettò queste offerte dei suoi amici, e fece i preparativi con 

tanta sollecitudine che in soli diciotto giorni unì seco cinquantadue

soldati.

(Fernao Mendes Pinto, Peregrinacao)

 

 

 

 

 

bravi naviganti

  

LA SCIMMIA INDOVINA E I PIRATI (2)

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Il mio ultimo libro: 

 

la scimmia indovina e i pirati

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Questo gentil-uomo siede a tavola avendo a fianco un pilota

portoghese, che ha portato con se dall’Inghilterra e che, durante

tutta la mia permanenza a bordo, non disse mai parola.

Si fa servire su piatti d’argento con fregi e bordi d’oro, mangia

con insaziabile appettito. Ha gran copia di acque profumate,

quando sovente non fa marcire quelle altrui.

Nessuno del suo seguito mai si permise di sedersi o di coprirsi

prima che egli ne desse più volte l’ordine.

I suoi pasti sono banchetti da far invidia al re o regina medesi-

mi.

Forse per questo noi lo chiamavamo sempre Sua eccellenza.

Il suo galeone è armato di trenta pesanti pezzi di artiglieria e

di moltissime armi da fuoco con le apposite munizioni.

 

la scimmia indovina e i pirati

 

Fa colazione e cena alla musica di alcune viole. 

A bordo vi è un gran numero di calafati e di carpentieri, che posso-

no carenare la nave in qualunque momento. Oltre ad esser nuovo,

il galeone ha doppie murate. Ho saputo che tutti gli uomini che por-

ta con se ricevono regolari, abbondanti e grassi stipendi, e in verità,

in cuor mio nessuno mai osò toccare alcunché senza ordine di Sua 

Eccellenza, durante, prima e dopo, i regolari saccheggi a cui nostro

malgrado assistevamo.

 

la scimmia indovina e i pirati

 

Sua Eccellenza dava dimostrazione di cosa era capace di fare.

Con l’equipaggio tesserato dell’araldo della sua casata, con tanto

di blasone, mostra una grande benignità, imparzialità, che talvolta

suscita vera ripugnanza. 

…Ma, al minimo fallo, anche se la mancanza è grave, ristabilisce

l’ordine suo, con cristiana serenità e perdono.

A bordo della sua nave vi sono pittori che dipingono per lui qua-

dri delle coste, delle partite del nuovo sport nazionale importato

dall’India, detto …Polo, e si mercanteggia con opera di notevole fat-

tura, di olii delle coste, prima, durante e dopo le varie razzie.

 

la scimmia indovina e i pirati

 

Questo eccelso corsaro, simile ad un pioniere, giunse presso lo

stretto di Magellano due mesi prima della data prestabilita, e

durante tutto quel tempo, che noi là di stretto avevam solo la

cinghia delle miseri mutandoni, si imbatté con qualche tempesta

che durò per nostra santissima grazia, …solo pochi giorni.

Per cui uno dei gentil-uomini, del suo seguito, del suo clan, del-

la …sua banda, si rivolse a lui dicendogli:

“Da lungo tempo siamo nelle acque di questo stretto e voi avete

esposto tutti noi che vi seguiamo o vi serviamo ai pericoli della

morte. Ritengo quindi sia per voi prudente dar ordine a che si

ritorni nel mare del Nord, ove avremo certamente buone occasio-

ni di miglior razzie…”.

Il gentil-uomo dovette perorar questa causa con troppo vigore

che da subito si pensò all’ammutinamento, al vile tradimento, al

mancato rispetto ed onore delle regole, là dove ogni regola tacita-

mente è irrimediabilmente sconfitta e vinta….

BUON VIAGGIO …..mister DRAKE….

(Francisco da Zaratei, Incontro in mare con Drake)

 

 

 

 

 

la scimmia indovina e i pirati

        

IL RAGAZZO LUPO (2)

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il ragazzo lupo (2)

 

 

 

 

 

 

 

Alla missione di Madre Teresa c’erano almeno cento bambini ritardati.

Fummo accolti da un uomo anziano, Ananda Ralla Ram, che prima di

dedicarsi alle opere di carità aveva fatto l’avvocato.

Applicò il proprio spirito giuridico al caso di Shamdev e mise sotto

torchio il ‘thakur’. Tentammo di analizzare la storia da ogni angolo,

sforzandoci di scoprire un errore o una contraddizione.

Le risposte del ‘thukur’ furono sempre coerenti.

Quando le suore condussero il ragazzo nella stanza, lo vedemmo

sostare titubante sulla soglia e strizzare gli occhi per vedere chi c’-

era.

Poi, riconosciuto il suo vecchio amico, spiccò un salto, gli si gettò

al colle e sorrise.

 

il ragazzo lupo (2)

 

Io lo osservai per circa due ore.

Non successe granché.

Allungò un ceffone a un bambino, emise i suoi barbotii, fece un segno

che significava ‘gallina’, accennò qualche volta al cielo roteando il di-

to indice come per descrivere il sole o la luna. I calli erano spariti, ma 

sui ginocchi si poteva vedere il tessuto cicatriziale. 

Aveva cicatrici ai lati della testa: prodotte dalla lupa, secondo il ‘thakur’,

quando lo tirava su con i denti.

Il ‘thakur’ uscì dalla missione con me.

Si era caricato per fare una scenata, ma i sorrisi risoluti delle suore lo

avevano ammansito.

Domandò, in tono sottomesso, se poteva tornare.

Quando venne il momento dei saluti, mi parve molto turbato.

Shamdev lo era altrettanto, e i due si abbracciarono a lungo.

La scoperta di un autentico bambino-lupo avrebbe una immensa

importanza per gli studiosi del comportamento umano e animale.

Ma benché avessi la sensazione che Narsing Bahadur Singh diceva

la verità, dimostrarlo era tutt’altra cosa.

(Bruce Chatwin, Che ci faccio qui?)

 

 

 

 

 

il ragazzo lupo (2)