GROTTE

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Dialoghi con Pietro Autier 2: sui sentieri di ‘Celestino’

eremi

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Dialoghi con Pietro Autier 2 &

gli occhi di Atget

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Da:

Frammenti in rima


 

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  I monaci, qui, però, non sono stati soli.

Accanto a loro, per obbligo o per scelta, hanno vissuto

fuorilegge e pastori, che hanno lasciato firme, scritte e

croci sulle rocce e nelle grotte della montagna:


‘Di Felice Bernardino di San Vito, Teramo, nato nel 1901.

Per sfortuna capitato su questa montagna. Se vado libero

mai più’,


dice una delle scritte della Tavola dei Briganti, un la-

strone affacciato dall’alto sull’Orfento.


Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele re d’Italia.

Prima era il regno dei fiori, oggi è il regno della miseria’.

 

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Un’altra scritta incisa è di un certo Pietro….:


‘Noi ci semo rotti di questi papponi spesati dallo re accasati

allo soldo dello regno…si cibano e rubano l’intero nostro rac-

colto …casta infame di un privilegio mai morto….’.

 

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In una grotta a poche centinaia di metri dalla Tavola si

nascose per anni Antonio Di Sciascio, il bandito più fe-

roce, secondo i Piemontesi, della storia del massiccio.

Oggi sulla Maiella i pastori sono in via di estinzione e i

fuorilegge sono spariti da tempo.

L’orso e il lupo si sono ripresi da soli, l’uomo ha fatto

tornare il camoscio e il cervo.

 

grotte

 

Le rocce dell’Orfento hanno visto, tra gli anni 70 e 80,

la sconfitta di altri e più pericolosi ‘briganti’, coloro che

volevano costruire strade, skilift, alberghi, parcheggi

fin sulle cime più alte.

(Non so se ci sono riusciti….dovremmo verificare….).

In nome di un turismo nuovo e rispettoso si riscoprono

invece eremi e tradizioni, il lungo filo della nostra sto-

ria. Si pubblicano libri su sentieri di accesso e su Cele-

stino ed i suoi luoghi.

E’ un fenomeno importante, condiviso dai responsabili

del Parco, che merita di andare avanti e consente ai vi-

sitatori di oggi un contatto, oltre che con la natura, con

l’anima più profonda dell’Abruzzo……

(Aironi Parchi, Aprile 1997, Stefano Ardito)





 

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DISORDINE

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disordine








…..Il problema capitale della teoria della conoscenza consiste

in realtà nel sapere in che modo sia possibile la scienza, cioè,

insomma, perché nelle cose c’è ordine e non disordine.

L’ordine esiste, è un fatto.

D’altra parte però sembra che il disordine, il quale ci sembra

essere meno dell’ordine, esista di diritto (anzi è un dovere).

L’esistenza dell’ordine sarebbe dunque un mistero da chiarire,

e comunque un problema da porre. Più semplicemente, quan-

do si incomincia a fondare l’ordine, lo si considera contingente,

se non nelle cose, perlomeno agli occhi della mente: di una

cosa che non fosse ritenuta contingente non si chiederebbe al-

cuna spiegazione.

Se l’ordine non ci apparisse come una conquista su qualcosa,

o come un’aggiunta a qualcosa (che sarebbe ‘assenza di ordine’),

il realismo antico non avrebbe parlato di una ‘materia’ cui ver-

rebbe ad aggiungersi l’Idea, né l’idealismo moderno avrebbe

posto una ‘differenza sensibile’ che l’intelletto organizzerebbe

in natura.

Ed è infatti incontestabile che ogni ordine è contingente, e con-

cepito come tale.

Ma contingente in rapporto a cosa?

La risposta, a nostro avviso, non può dare adito a dubbi.

Un ordine è contingente, e ci appare contingente, in rapporto all’

ordine inverso, così come i ‘versi’ sono contingenti in rapporto al-

la ‘prosa’ e la ‘prosa’ in rapporto ai ‘versi’.

Ma allo stesso modo in cui ogni parlare che non sia in prosa è in

versi e necessariamente concepito come tale, allo stesso modo in

cui ogni parlare che non sia in versi è in prosa e necessariamente

concepito come tale, anche ogni maniera di essere, che non sia

uno dei due ordini, è l’altro, e necessariamente concepito come

l’altro………….

(H. Bergson, L’evoluzione creatrice)




 

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