UNA ‘MACCHINA’ CHE CONTA

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(folle follia 2)

Prosegue in:

e una che ha smesso di contare &

la ghiandola pineale

Foto del blog:

una macchina che conta

Libri, appunti, dialoghi…

i miei libri &

Frammenti in rima

 

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Tra coloro che trovavano interessante il nazismo figurava

Thomas J. Watson, presidente di una delle più prestigiose

società americane: l’International Business Machines.

Le strade percorse da Hitler e Watson ebbero origine in di-

verse parti del mondo, in circostanze completamente diver-

se e da presupposti completamente diversi.

Come è mai potuto accadere che questi due uomini di men-

talità tanto diversa l’uno dall’altra abbiano dato vita a un’

alleanza tecnologica e commerciale che alla fine avrebbe

permesso l’uccisione di sei milioni di ebrei e di un ugual

numero di altri europei?

Questi uomini e le loro filosofie non avrebbero potuto es-

sere più diversi. Eppure come ha dimostrato la storia, non

avrebbero potuto essere più compatibili….. 

 

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 L’IBM ha origini tedesche.

In un primo momento, la sua tecnologia fu creata per un uni-

co scopo: contare le persone come non erano mai state contate

in precedenza, con il magico potere di identificarle e quantifi-

carle. Non molto tempo dopo, la tecnologia IBM dimostrò di

essere in grado di fare qualcos’altro oltre a contare cose e per-

sone.

 

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Era infatti in grado di elaborare i dati, vale a dire di registrarli,

assimilarli, richiamarli, analizzarli e rispondere automaticamen-

te a domande precise. Qualche istante di trambusto meccanizza-

to riusciva ora a ottenere i risultati cui un comune mortale sareb-

be giunto dopo un’impossibile montagna di calcoli manuali. 

 

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Fu Herman Hollerith ad inventare l’IBM.

Nato nel 1860, Hollerith era figlio di intellettuali tedeschi che

avevano portato con sé il loro orgoglio e la loro austera eredità

teutonica quando si erano trasferiti a Buffalo, nello stato di New

York.

Herman aveva solo sette anni quando il padre, un insegnante

di lingue, perse la vita in un incidente a cavallo.

La madre dovette allevare da sola cinque bambini.

Fiera e indipendente, si rifiutò di chiedere un aiuto economico

ai genitori benestanti, scegliendo invece una vita di dura auto-

nomia e saldi principi morali.

Il giovane Hollerith si trasferì a New York quando, all’età di 15

anni si iscrisse a un istituto superiore della città. A parte qualche

difficoltà di competizione, dimostrò subito una notevole attitudi-

ne alla creatività e a 19 anni si diplomò in ingegneria presso la

Columbia School of Mines con un’ottima votazione.

Nel 1879 il ragazzo seguì il consiglio del suo professore della

Columbia e divenne un assistente del Census Bureau statuni-

tense. A quei tempi, il censimento decennale era poco più di

un semplice sondaggio, privo di informazioni sulla professione,

sull’istruzione e sulle altre caratteristiche degli individui, perché

l’impresa di contare e tabulare milioni di americani era davvero

troppo ardua.

 

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Sta di fatto che il processo di conteggio richiedeva diversi an-

ni prima di produrre risultati definitivi. Perché dopo la guer-

ra civile la popolazione aveva subito un aumento così rapido,

raggiungendo forse un numero doppio rispetto all’ultimo ri-

levamento, gli esperti prevedevano che per portare a termine

i calcoli relativi al censimento del 1890 ci sarebbero voluti più

di dieci anni; in altre parole, il censimento successivo del 1900,

sarebbe cominciato prima che si fosse concluso il precedente.

A soli 19 anni, Hollerith si trasferì a Whashington, D.C. per

entrare nel Census Bureau. Una sera, a cena nell’elegante

Pomac Club, John Billings, il direttore delle statistiche demo-

grafiche, disse scherzosamente al giovane:

 

Ci servirebbe una macchina che eseguisse l’operazione pura-

mente meccanica di classificazione della popolazione e calcoli

analoghi…..


(Black, L’IBM e l’Olocausto)


 

 

 

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TANTI CHIODI PIANTARONO ALLA MIA VITA

Precedenti capitoli:

forse fu proprio quella che mutò nome alla mia statura &

e dopo aver scoperto la mia altezza





(Da e dopo aver scoperto la mia altezza)

Sapevo che avrebbe proseguito col dire:

– La cupidigia è una bestia, sostieni tu. Però tieni presente

che i tuoi escrementi valgono tant’oro quanto pesano. Non

è forse l’oro il colore del sole che fa crescere le cose?

Il Signore decise di rispondermi nell’altro orecchio:

– Tutto ciò che dice ha senso sino a quando cessa di averne.

Satana fa questo discorso a tutti quelli su cui posa l’occhio,

e lui non ha occhi che per i migliori e per i più belli, quel-

li in cui ho riposto grandi speranze. Disprezza quelli che

sono modesti ma non mi abbandonano.

E questo era più di quanto mio Padre mi avesse mai detto

su Satana, ma in quell’ora non contribuì molto a rafforza-

re la mia fede.

E se mio Padre parlava bene dei miti perché erano i soli

che restavano fedeli a Lui e a me?

Ma ora in questo mercato…..quanto caos c’è in quel pen-

siero!

Mi invase un’ira quale non avevo mai provato in vita mia.

Quanta confusione contraddizione qui in questo luogo.

Negli occhi degli usurai, la cupidigia urlava e inveiva co-

me una pazza, ed era affilata quanto la punta di una lan-

cia; la furia di Isaia mi pervase e gridai:

– Questi banchi sono una pozza di vomito. In questa impu-

rità nulla è pulito!!

E rovesciai tutti i banchi intorno a me.

Li feci cadere con tutto il denaro che su di essi era posato,

ed esultai nell’udire il tintinnare delle monete (che rotola-

vano ….giù per il pendio….).

(Norman Mailer, Il Vangelo secondo il figlio)





 

tanti chiodi


DAWA TENZING

Precedenti capitoli:

da quassù quanto è piccola la terra &

il Lama

Foto del blog:

il vento

li ha spazzati

Da:

i miei libri &

Frammenti in rima


 

lawa tenzing





(Da il Lama)

– Com’è stata quella volta sul versante tibetano?

– Mallory ed Irvine non sono più tornati.

– Perché?

– Hanno continuato a salire sulla neve profonda e

non sono più ridiscesi.

….Silenzio….

Il vento deve averli spazzati, il vento….

Io voglio sapere se avevano raggiunto la vetta o no.

Scuote le spalle.

Dawa Tenzing non trova importante che essi siano

saliti o meno.

Sono spariti.

Il vento deve averli spazzati via,

ripete.

Gli chiedo con esitazione se possiamo farcela a sali-

re l’Everest senza l’ossigeno, se è in qualche modo

possibile.

– Sì, dev’essere possibile. Io sono più volte salito all’-

ultimo campo senza succhiare dalla bottiglia e mi so-

no fermato per settimane al Colle Sud. Tutti gli altri

sherpa e sahib dopo qualche giorno lassù si ammala-

vano, vomitavano, non potevano più starci, scende-

vano barcollando.

Nella fumosa stanza sherpa sua moglie mi confessa:

– Ora preghiamo, preghiamo sempre e fa girare il gros-

so cilindro delle preghiere… e non ci siamo mai……

perduti….)

(R. Messner, Everest)




 

lawa tenzing

ATTRAVERSO L’UDIRE

Precedenti capitoli:

la grande liberazione &

( 1) rocce Dèi montagne verità

  2) sul sentiero della storia

  3) il viaggio)

Prosegue in:

il secondo gradino

Foto del blog:

la grande liberazione

attraverso l’udire


 

attraverso l'udire







(Da la grande liberazione)

Solo dopo il fallimento di queste prime invocazioni, i

Buddha svaniscono lasciando il posto ad altre, più spa-

ventose visioni.

Sempre in cicli di sette giorni, divinità adirate infuriano

nel cervello: mostri che portano ossa e serpenti a mo’ di

gioielli. Né le consorti a essi avvinghiate, che si cibano

di sangue sorbito da teschi, offrono conforto.

Eppure, persino a questo punto, se lo spirito del morto

riconosce questi esseri come aspetti di dèi da venerare,

e infine come emanazioni dell’io, ha la possibilità di li-

berarsi ed entrare nel regno dei Bodhisattva.


‘O figlio di nobile famiglia, quando una simile appari-

zione ti si manifesterà, non temere, non spaventarti.

Siccome adesso il tuo corpo non è più un corpo mate-

riale, ma un corpo mentale, costituito dalle propensio-

ni del tuo karma, anche se egli voglia ucciderti e farti

a pezzi, tu non puoi morire….’


Ma se lo spirito non scaccia questi fantasmi, sprofon-

da ancor di più nell’illusione.

Il terrore indotto dalle sue azioni passate si intensifica.

Le divinità che bevono sangue divengono tutt’uno con

Yama, il signore della morte, il cui specchio anche ora

riflette i peccati dei pellegrini che arrancano intorno al

Kailash per raggiungere il passo della….. compassione.

Il corpo astrale del morto può spostarsi ovunque desi-

deri, ma la sua infelicità non fa che crescere.

Esso fa ritorno alla sua vecchia casa, ma non può rien-

trare nel corpo fisico, anche se esiste ancora.

Ascolta i suoi familiari che lo piangono, ma quando li

chiama, loro non lo sentono.

Ora le sue azioni passate si addensano come un uraga-

no dietro di lui.

Uno alla volta gli dèi infernali, acquistando credito di-

ventano più spaventosi. Lo spirito fugge nell’oscurità,

sente le montagne sgretolarsi, cerca di infilarsi nei cre-

pacci. Alla fine Yama ne soppesa i peccati e le virtù con

sassolini bianchi e neri, quindi decapita e smembra lo

spirito immortale, il quale ancora non capisce che si

tratta di un’altra illusione.


‘O figlio di nobile famiglia…. Se anche adesso sarai

distratto, le corde della celeste misericordia si spez-

zeranno e cadrai in luoghi da dove non ti puoi sal-

vare. Sta’ dunque attento…..’


Quindi i morti sono condannati alla reincarnazione.

Essi vengono messi di fronte a sei porte ‘porte dell’-

utero’ che conducono alle sfere degli dèi mortali, de-

gli uomini rinati, degli animali, degli spettri e infine

alla sfera infernale.

Lo spirito inizia a riconoscere il bambino a cui è de-

stinato. Tuttavia, anche qui sono previste preghiere

e pratiche per ostruire un utero ed entrare in un al-

tro.

Alla fine del funerale, il lama che lo officia muove

un cartello con il nome del morto per chiudere gli

uteri e conciliare i peccati finché lo spirito non ha

trovato il proprio posto.

(Colin Thubron, Verso la montagna sacra)





 

attraverso l'udire

E LA (loro) FOLLIA

Precedente capitolo:

il genio

Prosegue in:

il risveglio del morto nel mondo dei folli

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il risveglio del morto

nel mondo dei folli

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e la follia







Auvers, attorno al 17 giugno 1890



Mio caro amico Gauguin

grazie d’avermi scritto di nuovo, mio caro amico, e state

pur certo che da quando sono tornato ho pensato a voi

ogni giorno.

Sono rimasto a Parigi soltanto tre giorni: il rumore e tut-

to il resto di Parigi avevano su di me un pessimo effetto,

 

e la follia


così ho ritenuto prudente per la mia testa andarmene in

campagna, altrimenti sarei subito corso da voi.

Mi fa enormemente piacere sentire che il ritratto d’arle-

siana basato rigorosamente sul vostro disegno vi è pia-

ciuto. Ho cercato d’essere rispettosamente fedele al vo-

stro disegno, prendendomi tuttavia la libertà di interpre-

tarlo per mezzo di un colore adatto al carattere sobrio

e allo stile del disegno in questione.

 

e la follia


E’ una sintesi d’arlesiana, se volete, e poiché la sintesi

d’arlesiane sono rare, prendetela pure come un’opera

mia e vostra, come risultato dei nostri mesi di lavoro in-

sieme.

Da parte mia ho pagato, per farlo, con un altro mese di

malattia, però so anche che si tratta di un quadro che

sarà capito, da me e da pochi altri……..

…..come potrebbero capire?

Avete visto gli olivi?

 

e la follia


Adesso ho un ritratto del dottor Gachet con l’espressio-

ne afflitta del nostro tempo.

Se volete, qualcosa come dicevate voi del vostro Cristo

nell’orto degli olivi, non destinato a essere capito, ma

insomma qui, fin qui, vi seguo, e mio fratello ha ben

colto questa sfumatura.

Ho anche un cipresso con una stella, un ultimo schizzo:

un cielo notturno con una luna priva di splendore, appe-

na una falce sottile che emerge dall’ombra opaca proiet-

tata dalla terra; una stella dallo splendore esagerato, se

volete, splendore dolce rosa & verde nel cielo oltremare

in cui corrono nuvole.

 

e la follia


In basso una Alpines blu, una vecchia locanda con le

finestre illuminate color arancione e un altissimo ci-

presso molto scuro.

Sulla strada, una carrozza gialla attaccata a un cavallo

bianco e  due viandanti attardati. Molto romantico se

volete, ma anche, credo, provenzale.

Probabilmente farò incidere ad acquaforte questo e al-

tri paesaggi, motivi e ricordi di Provenza, e allora sarà

una gioia per me inviarne una serie, un sunto un po’

pensato e studiato.

 

e la follia


Mio fratello dice che Lauzet, che fa fotografie da Mon-

ticelli, ha trovato bello il volto d’arlesiana in questione.

Comprenderete che, essendo arrivato a Parigi un po’

disorientato non ho ancora visto i vostri quadri.

Ma spero di ritornarvi presto per qualche giorno.

Ecco un’idea che forse vi andrà a genio.

 

e la follia


Sto cercando di fare studi di grano come questo – non

posso però disdegnarli – nient’altro che spighe verdi az-

zurre, foglie lunghe come nastri, verdi & rosa il riflesso,

spighe giallastre leggermente alonate di rosa chiaro per

la fioritura polverosa; un convolvolo rosato nella parte

bassa avvolto attorno a uno stelo….

….Sembra tutto così vivo…….

(Domenica 27 luglio, nel pomeriggio, Vincent si spara-

va al petto. Il 29, all’una e trenta del mattino, spirava.)

(Paul Gauguin Vincent e Theo van Gogh)





 

e la follia