CONVERSAZIONE CON IL GRANDE CAPO (2)

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Frammenti in rima  

 

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– Lo tormentarono per decenni.

Lui era grande abbastanza e si difese per qualche tempo.

Volevano che vivessimo in case ispezionate.

Volevano prendersi le cascate.

La Cricca venne persino nella tribù e lo tormentò.

In città lo picchiavano nei vicoli e una volta gli tagliarono

i capelli.

Oh, la Cricca è forte….forte.


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Lui si batté a lungo contro di essa, finché mia madre lo rese

troppo piccolo per battersi ancora e allora rinunciò.

In seguito, McMurphy non disse niente per molto tempo.

Poi si sollevò su un gomito, mi fissò di nuovo e domandò

perché lo avessero picchiato nei vicoli.

– Volevano fargli capire, risposi,

– che lo aspettava anche di peggio se non avesse firmato le

carte che cedevano ogni cosa al governo.

– Che cosa volevano che cedesse al governo?

– Tutto. La tribù, il villaggio, le cascate….


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– Ora ricordo. Stai parlando delle cascate ove i pellerosse pe-

scavano i salmoni con le lance… molto tempo fa. Sì, ma a quan-

to ricordo io, la tribù venne compensata con una somma enor-

me.

– Così dissero a lui. Ma lui disse:

– Come si può pagare il modo di vivere di un uomo? Come si

può pagare quello che un uomo è?


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Non capirono.

Nemmeno la tribù.

Vennero tutti davanti alla porta di casa nostra tenendo in mano

quegli assegni e vollero che lui dicesse cosa dovevano fare ades-

so.

Seguitarono a chiedergli di investire a nome loro, o di dire dove

dovevano andare, o di acquistare una fattoria.

Ma lui era ormai troppo piccolo.

Ed era troppo ubriaco, per giunta.

La Cricca lo aveva sconfitto.

Sconfigge tutti.

Sconfiggerà anche te.

…Mio amico Murphy.

Non possono consentire a un uomo grande come mio padre

di essere libero, se non è uno di loro.

Questo lo puoi capire.

– Sì, credo di poterlo capire.

– Ecco perché non avresti dovuto rompere quel vetro.

Ora sanno quanto sei grande. Ora devono domarti.

– Come si doma un cavallo selvaggio, eh?

– No.

– No, ascolta.

Non ti domano in questo modo; agiscono su di te in modi contro i

quali non ti puoi battere. Mettono cose dentro di te! Installano cose.

Agiscono non appena si accorgono che sarai e dirai cose grandi e si

mettono al lavoro e installano i loro schifosi meccanismi quando sei

piccolo e continuano e continuano, fino a quando sei sistemato!

– Calmati, compare. Sccccc


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– E se ti batti ti rinchiudono in qualche posto e ti fanno smettere.

– Calma, calma, Capo. Stattene tranquillo per un po’. Ti hanno

udito.

Si ridistese e rimase immobile e silenzioso.

Mi accorsi che il mio letto ardeva.

Udii il cigolio delle suole di gomma mentre l’inserviente entra-

va con la lampada tascabile per vedere che cosa fosse lo strepi-

to.

Giacemmo silenziosi finché non se ne fu andato.

– In ultimo, si limitò a bere, bisbigliai.

Sembrava che non potessi più smettere di parlare, non fino a quan-

do non avessi finito di dirgli quello che, secondo me, era il nocciolo

della verità.

– E l’ultima volta che lo vidi era cieco tra i cedri a furia di bere, e

quando portava la bottiglia alla bocca non era lui a succhiare dalla

bottiglia, ma la bottiglia a succhiare lui, fino a ridurlo così scarno e

grinzoso e giallo da impedire anche ai cani di riconoscerlo, e dovem-

mo portarlo via dal folto dei cedri su un camioncino, dovemmo por-

tarlo a morire in un posto a Portland.

Non sto dicendo che lo uccisero.

Non lo uccisero. Fecero qualche altra cosa.

Mi stava prendendo un sonno terribile.

Non volevo più parlare. Cercai di ripensare a quel che avevo det-

to, ma non sembrava essere quello che avrei voluto dire.


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– Ho detto cose pazzesche, vero?

– Sì, Capo,

lui si girò nel letto…

– Hai detto cose pazzesche.

– Non era quello che volevo dire. Non posso dire tutto. Non ha

senso.

– Non ho detto che non avesse senso, Capo, ho detto soltanto

che erano cose pazzesche.

(Ken Kesey, Qualcuno volò sul nido del cuculo)




 

 

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CONVERSAZIONE CON IL GRANDE CAPO

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(il Pioniere: la Saginaw 11) &

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conversazione con il grande capo 2

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i miei libri

 

 

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– Sai una cosa, Capo? Stavo ricordando tempi passati….nella Valle

Willamette….raccoglievo fagioli nei dintorni di Eugene e mi rite-

nevo maledettamente fortunato per aver trovato quel lavoro.

Erano i primi anni Trenta, e non molti giovani riuscivano a lavo-

rare.

Io ci riuscii dimostrando al capoccia dei braccianti che potevo co-

gliere fagioli con la stessa sveltezza di uno qualsiasi degli adulti.

In ogni modo, ero il solo ragazzo nelle file; intorno a me non ave-

vo altro che uomini fatti.

E, dopo aver tentato un paio di volte di attaccare discorso con lo-

ro, capii che non volevano ascoltarmi… un piccolo e scarno pel di

carota coperto di stracci a scacchi, figurarsi.

Pertanto tenni la bocca chiusa.

 

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Ce l’avevo a tal punto con loro, perché non mi avevano ascoltato, che

continuai a tacere per tutte e quattro le settimane durante le quali col-

si fagioli in quei campi, lavorando accanto a loro e ascoltandoli cicala-

re di questo zio o di quel cugino.

Oppure, se qualcuno non si presentava al lavoro, pettogolare di lui.

Quattro settimane e non un pigolio mi uscì dalle labbra.

Finché pensai: per Dio, hanno dimenticato che so parlare, questi fos-

sili di bastardi.

Ma continuai ad aspettare.

Poi, l’ultimo giorno, mi scucii la bocca e andai a dire a tutti quanti

che erano uno schifoso branco di stronzi!

 

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…Ridacchiò per qualche momento tra sé e sé, ricordando, poi voltò la
testa sul guanciale e mi fissò.

– Una cosa mi stavo domandando, Capo: non parli perché aspetti

l’occasione favorevole, perché aspetti il giorno in cui deciderai di

cantargliele chiare?

– No, rispose,

– Non potrei.

– Non potresti dargli quello che meritano? E’ più facile di quanto

tu creda.

– Tu sei….molto più grosso, molto più forte di me, farfugliai.

– Come, come? Non ho capito bene, Capo.

Riuscii a deglutire un po’ di saliva e a inumidirmi la gola.

– Tu sei più grosso e più forte di me. Tu puoi farlo.

– Io? Stai scherzando? Cribbio, ma guardati! Sei più alto dell’intera

testa di ogni altro nella corsia. Non c’è uomo, qui, che non potresti

conciare per le feste, questa è la sacrosanta verità!

– No, sono di gran lunga troppo piccolo. Un tempo ero grosso, ma

ora non più. Tu sei il doppio di me.

 

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– Ehi, figliolo, ti ha proprio dato di volta il cervello, eh?

La prima cosa che vidi, quando entrai qui dentro, fosti tu seduto su

quella sedia, grande come una dannata montagna. Te lo assicuro, sono

stato dappertutto, a Klamath, nel Texas e nell’Oklahoma, e nei dintorni

di Gallup, e, giuro, tu sei il pellerossa più grosso che abbia mai vedu-

to.

– Sono della Gola del Columbia, disse, e lui aspettò che continuassi.

– Mio padre era un grande Capo e si chiamava Tee Ah Millattona.

Significa IL-Pino-Che-Svetta-Più-Alto-Sulla-Montagna, anche se non

abitavamo su una montagna. Era davvero grande durante la mia

fanciullezza. Mio padre diventò due volte più grande.

– Devi avere avuto un vero gigante di vecchia. Quanto era alta?

– Oh…alta, alta.

– Sì, ma in metri e centimetri, dico?

– Metri e centimetri? Un tizio al parco dei divertimenti la squadrò

e disse che era alta più di un metro e settanta e pesava più di ses-

santa chili, ma questo perché si limitò a guardarla. Diventò sem-

pre più grande.

– Ah sì? Più grande quanto?

– Più grande di mio padre e di me messi insieme.

– Cresceva a vista d’occhio, eh? Be’, questa mi riesce nuova.

Non avevo mai sentito dire una cosa simile di un pellerossa.

– Non era una pellerossa, era una donna di città di Le Delles.

– E si chiamava come? Bromden? Oh, capisco, aspetta un momen-

to.

Rifletté per qualche momento, poi disse:

– E quando una donna di città sposa un pellerossa, sposa qualcuno

che è inferiore a lei, non è così? Sì credo di capire.

– No, non fu soltanto lei a sminuirlo. Tutti ce l’avevano con lui per-

ché era grande, e non voleva cedere, e faceva quello che gli pareva.

Tutti se la prendevano con lui, proprio come se la stanno prenden-

do con te.

– Tutti chi, Capo?

Egli domandò con dolcezza, improvvisamente serio.

– La Cricca. Lo tormentò per decenni…

(Ken Kesey, Qualcuno volò sul nido del cuculo)

 

 

 

 

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IL PIONIERE (Joseph Smith) (10)

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il Pioniere (9)

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il pioniere (5)

 

…Un libro…

 

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i miei libri

 

 

 

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Parole dello stesso profeta Joseph Smith riguardo

alla venuta alla luce del Libro di Mormon:

 

 

 

“La sera del…21 settembre (1823)….mi misi a pregare

il Dio onnipotente….

Mentre stavo così invocando Iddio, mi accorsi che nel-

la mia camera stava apparendo una luce diventata sem-

pre più intensa, finché la camera fu più illuminata che

a mezzogiorno.

Immediatamente apparve un personaggio al mio capez-

zale; stava ritto a mezz’aria, poiché i suoi piedi non toc-

cavano terra.

Egli aveva un’ampia veste del più squisito candore.

Era un candore che sorpassava ogni altro candore terre-

stre che io avessi mai visto; né credo proprio che alcun-

ché di terrestre potesse apparire così straordinariamen-

te bianco e brillante.

Le sue mani erano nude, e anche le sue braccia al di so-

pra dei polsi; i suoi piedi pure erano nudi, e le gambe

leggermente al di sopra delle caviglie.

Anche la sua testa e il suo collo erano coperti.

Potei constatare che non portava nessun’altra veste ad

eccezione di questa tunica e, siccome essa era aperta, po-

tevo vedere il suo petto.

Non solo la sua veste era straordinariamente bianca, ma

tutta la sua persona era gloriosa oltre ogni dire, ed il suo

aspetto veramente come il lampo.

La camera era straordinariamente luminosa, ma non tan-

to splendente come immediatamente attorno alla sua per-

sona.

Quando lo guardai per la prima volta, ne fui spaventato;

ma tosto il timore mi lasciò.

Mi chiamò per nome, e mi disse che era un messaggero

mandatomi dalla presenza di Dio, e che il suo nome era

Moroni; che Iddio aveva un’opera da farmi compiere; e

che il mio nome sarebbe stato conosciuto in male e in be-

ne fra tutte le nazioni, razze e lingue, ossia che ne sareb-

be parlato bene e male fra tutti i popoli.

Disse che esisteva un libro nascosto, scritto su tavole d’-

oro, che dava un racconto degli antichi abitanti di questo

continente e della loro origine.

Disse pure che vi era contenuta la pienezza del Vangelo

eterno, come era stato consegnato dal Salvatore a quegli

abitanti.

Disse anche che vi erano due pietre in archi d’argento –

e queste pietre, fissate a un pettorale, costituivano il co-

siddetto Urim e Thummim – nascosti con le tavole; e chi

le possedeva e le usava era chiamato Veggente nei tem-

pi antichi; e che Dio le aveva preparate per la traduzio-

ne del libro….”

(Il Libro di Mormon)

 

 

 

 

 

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IL PIONIERE (i Mormoni) (3)

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il pioniere (Jim Bridger) &

il pioniere (la stazione di ristoro) (2)

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(6)  &

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il pioniere 3

 

 

 

 

 

L’incontro con i Mormoni si sarebbe rivelato…..

….Con la franchezza che lo contraddistingueva, rispose

a tutte le loro domande.

Forse fu troppo sincero.

Si trovò di fronte un esercito di uomini bianchi in cam-

mino verso il West ed evidentemente pensò che fossero

ingenui e impreparati.

Quando uno di loro gli disse che il loro viaggio avveniva

sotto la guida divina, Bridger li mise in guardia dall’inse-

diarsi nei territori dello Utah con solo la protezione della

fede.

Evidentemente, questo avvertimento venne recepito co-

me una bestemmia e molti uomini ne furono offesi.

Una delle sue affermazioni in merito alla prospettiva di

coltivare mais nell’area attorno al Grande Lago Salato

fu ritenuta provocatoria.

Pare che Bridger avesse detto a Brigham Young che avreb-

be pagato mille dollari ogni fascio di pannocchie raccolto

nella valle del Lago Salato.

Successivamente Bridger negò di averlo detto, ma quelle

parole vennero usate contro Bridger per anni. Nonostan-

te l’incontro tra Bridger e Young fosse parso cordiale, in

realtà i due uomini presero ad odiarsi.

Alcuni mormoni rimasero impressionati dalla conoscen-

za del West dimostrata da Bridger, altri furono offesi dal

suo modo di parlare e di esprimersi.

Come conseguenza di tutto, da quel giorno la freddezza

tra Bridger e i mormoni cominciò a trasformarsi in vera

e propria ostilità.

In quegli anni, Bridger dovette affrontare delle tragedie

personali: sua figlia Mary Anne fu vittima di un massa-

cro di indiani mentre si trovava presso la scuola della

missione di Marcus Withman e la sua seconda moglie,

un’indiana, morì di parto.

Come sempre, quando gli eventi lo schiacciavano, tor-

nò a fare la vita che faceva da giovane e trovò ospitali-

tà per un po’ da Washakie, uno dei capi Shoshone.

Ebbe pure una tormentata storia d’amore con la figlia

di quest’ultimo.

Per due anni o tre anni Bridger visse tranquillamente

alternando estati al fortino e inverni con la tribù della

moglie.

Nel frattempo i mormoni avanzavano nei territori at-

torno al fiume Green; aprirono un trasporto fluviale

e aree di sosta lungo le strade, e quando gli indiani co-

minciarono a dare fastidio, accusarono Bridger di aver

venduto loro armi, libri e munizioni, e di averli incitati

alla guerra.

Nell’estate del 1853 un gruppo di 150 uomini guidati

da Young, gli ‘angeli vendicatori’ marciò verso nord con

l’ordine di arrestare Jim Bridger come fuorilegge (in real-

tà…riuscirono in ben poco…).

Bridger fece appena in tempo a fuggire la con la sua

nuova compagna (Lupa che dorme..) e con i figli avuti

da essa, nascondendosi tra le montagne finché gli ‘an-

geli’ non si trovarono a pochi passi da lui, quindi aspet-

tò che se ne furono andati.

Quando fece ritorno al fortino trovò le costruzioni dan-

neggiate, merce rubata per migliaia di dollari e tutti gli

animali scappati.

Little Fawn voleva vendicarsi scatenando una guerra

tra Shoshone e mormoni, ma Bridge fu più realistico; as-

sunse un supervisore del governo per controllare il forti-

no e i quasi 40.000 acri di terra circostanti, dopodiché

inviò un corriere all’Ufficio territoriale di Washington

con le informazioni raccolte.

Il suo piano era di far passare il tempo necessario per-

ché i mormoni si calmassero.

Portò sua moglie e i figli a est nel Missouri, investì la

maggior parte di ciò che gli rimaneva per comprare

una fattoria nei pressi di Westport e tornò a Fort Lara-

mie per trovare nuovi modi di guadagnarsi da vivere.

All’età di 51 anni era sul punto di iniziare la ……

quarta parte della sua avventura….(il pioniere 4…)

 

 

 

 

 

il pioniere 3