GENTE SCONOSCIUTA

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gente (sconosciuta)

Prosegue in:

Dialoghi con Pietro Autier 2:

14 aprile (una esecuzione) &

gli occhi di Atget:

14 aprile (una esecuzione) (seconda parte)

  

 

 

sconosciuta

 

  

 

 

 

L’auto era ferma su un promontorio dove Perry e Dick

avevano sostato per uno spuntino.

Era mezzogiorno.

Dick scrutò l’orizzonte con un binocolo.

Montagne….

Falchi roteanti in un cielo latteo.

(Avrebbe voluto sparare con il suo fucile, adora il profu-

mo di polvere da sparo….ma soprattutto lo eccita il colpi-

re selvaggina indifesa, come le prede inermi che…).

 

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Una strada polverosa che attraversava, serpeggiante, un

villaggio bianco e polveroso.

Era la seconda giornata in Messico, e finora gli era piaciu-

to tutto, perfino il cibo. (In quello stesso momento stava

mangiando una tortilla fredda e unta, se la godeva tutta.).

Avevano attraversato il confine a Laredo, Texas, la mat-

tina del 23 novembre per un fine settimana movimentato,

e trascorso la prima notte in un postribolo di San Louis Po-

tosì.

Ora si trovavano trecento chilometri a nord della tappa

seguente, Città del Messico.

“Sai che penso?” disse Perry. “Penso che ci deve essere

qualcosa di sbagliato in noi due. Per fare quel che abbia-

mo fatto”.

“Fatto cosa?” (noi siamo ragazzi per bene che si vanno

un po’ a divertire fuori confine….).

“Lassù”.

Dick lasciò cadere il binocolo nell’astuccio di pelle, una

lussuosa custodia con le iniziali H.W.C..

Era seccato. Maledettamente seccato.

Perché diavolo Perry non teneva il becco chiuso?

Cristo, a cosa serviva continuare a rivangare quella sto-

ria?

Era veramente seccante.

 

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Soprattutto dal momento che si erano accordati, in un

certo senso, di non parlare di quella maledetta faccenda.

Dimenticarla, e basta.

“Deve esserci qualcosa di sbagliato in gente capace di fa-

re una cosa del genere,” insistè Perry.

“Non parlare per me, piccolo,” ribattè Dick.

“Io sono normale”. E se ne era convinto. Si riteneva equi-

librato, perfettamente sano, forse un po’ più furbo dell’-

individuo medio, e basta.

Ma Perry…c’era, a parere di Dick, “qualcosa di sbagliato”

nel Piccolo Perry. A dir poco. Nella primavera preceden-

te, quando erano rinchiusi nella stessa cella, nel Peniten-

ziario di massima sicurezza, aveva imparato a conoscere

molte delle caratteristiche minori di Perry: poteva essere

“come un bambino”, sempre a bagnarsi il letto e a piange-

re nel sonno, e spesso Dick l’aveva visto “starsene seduto

per ore intere a succhiarsi il pollice e a rimirare quelle

maledette, fasulle mappe di tesori”.

Questi erano alcuni lati; ce n’erano altri.

In certe cose il vecchio Perry “ti metteva addosso una

paura d’inferno”.

Il suo carattere, ad esempio.

Poteva montare su tutte le furie “più in fretta di dieci

indiani ubriachi”. Eppure uno non se ne accorgeva.

“Magari era lì lì per farti la pelle (con le mani o il suo

inseparabile fucile), ma non te ne rendevi conto, a

guardarlo o a sentirlo”, aveva detto Dick una volta.

 

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Per quanto violenta fosse la sua collera (contro froci

negri ebrei ed altro ancora…), esternamente Perry

rimaneva un giovane duro, freddo, con occhi sereni

e un po’ sonnolenti (come una città tranquilla e sen-

za alcun problema…).

C’era stato un tempo in cui Dick aveva pensato di po-

ter controllare, di poter regolare la temperatura di quel-

le improvvise febbri gelide che bruciavano (il fuoco …

poi era la sua seconda o terza passione, lo adorava…)

e raggelavano l’amico.

Si era sbagliato, e come risultato di questa scoperta si

era sentito molto insicuro sul conto di Perry, non sape-

va bene cosa pensarne. Solo, intuiva che avrebbe do-

vuto temerlo (ed a Perry era la cosa che più lo eccita-

va, provava quasi un orgasmo quando sapeva di in-

cutere paura e terrore…).

 

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“Dentro di me”, proseguì Perry, “giù, giù in fondo, non

avrei mai creduto di poterla fare. Una cosa simile”.

Tutte le volte che tornava a casa stanco del suo fine

settimana….così pensava.

“E quel negro?” commentò Dick.

Silenzio.

Dick si accorse che Perry stava fissandolo.

Una settimana prima, a Kansas City, si era rubato un

un paio di occhiali scuri, piuttosto frivoli, con la mon-

tatura argentata e le lenti a specchio, e andava in giro

come fosse un divo del rock.

A Dick non erano piaciuti; aveva dichiarato che si ver-

gognava a farsi vedere in giro con “uno che porta affari

da checca come quelli”.

In realtà ciò che lo infastida erano le lenti a specchio; era

sgradevole avvertire lo sguardo di Perry celato da quelle

superfici colorate e speculari; ma Perry ne andava fiero

si sentiva come un divo o forse come uno…..sceriffo di

quale legge…. Dio solo lo sa……

“Con un negro”, rispose Perry, “è diverso”.

Poi proseguì con il racconto di come aveva ammazzato

picchiandolo a morte un uomo di colore.

“Certo che l’ho ammazzato, e farò così anche con i suoi

amici se ne ha qualcuno…è solo….un….frocio negro”.

(Truman Capote, A sangue freddo)

  

 

 

 

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