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E’ noto in qual modo sia stato arrestato il già troppo celebre
brigante Musolino, pel quale era indetta una taglia di 50.000
lire e furon messi in moto fin 1000 tra soldati e carabinieri;
ederansi esauriti tutti gli espedienti – dell’agguato, del ricatto,
della donna ammaliatrice, perfino dell’oppio – e speso più di
un milione.
E’ stato colto proprio quando le ricerche cominciavano ormai
a rilassarsi, quando ormai erano state rimandate le guardie e
la truppa, tranne i carabinieri.
Il merito dell’arresto non si dovette invero ad alcuna delle ar-
mi della pubblica sicurezza, poiché fu preso dai carabinieri in
iscambio di non so qual malvivente nei dintorni di Cagli, a qua-
si mille chilometri dal suo paese e, soprattutto, grazie ad un filo
di ferro da cui erano sostenute delle viti, il quale impedì al ban-
dito di sfuggire loro a tempo con la sua solita velocità.
Un merito solo, però, ebbe l’autorità: quello di aver perseguitato
senza tregua parenti, amici, favoreggiatori di tutti i gradi, per
modo da rendergli impossibile la dimora nel vecchio nido.
Finché era difeso dalle roccie, dai boschi e soprattutto dalle sim-
patie vivissime dei compaesani, egli era assolutamente impren-
dibile.
Pur essendo un delinquente nato, per quanto attenuato dalla
sua intelligenza, accenniamo alla sua biografia pur sempre di
un criminale. Istinto feritore e
vendicativo, fino alla prima giovinezza, dagli 11 anni ai 21, com-
mise violazione di domicilio, porto d’armi e reati di violenza, e fe-
rimento contro il proprio padre, che lo fecero severamente ammo-
nire e che l’avevano messo a capo della maffia del suo paese; una
inettitudine a continuato lavoro, mentre con la sua agilità e forza
avrebbe potuto guadagnar molto come boscaiolo; per l’incoscien-
za completa, ch’egli mette nei reati spesso da lui anzi considerati
come un dovere, e che mescolandosi a quella specie di megaloma-
nia, così frequente nei criminali-nati, giungeva al punto di fargli
chiedere al prefetto, prima di consegnarsi, il permesso di freddare
due nemici che gli erano fuggiti di mano.
Fu detto che egli non era un vero delinquente perché aveva rispar-
miato parecchi carabinieri – che egli avrebbe potuto colpire in ag-
guato – e perché qualcuno dei pretesi suoi nemici non colpiva mor-
talmente, ma alle gambe, misurando, si potrebbe dire, con una giu-
stizia barbarica, ma misurando la pena; se non che ciò si spiega per
quella intermittenza e contraddizione degli istinti, che è speciale
appunto agli epilettici; e così, mentre conservava amorosamente
un ciuffo dei capelli della zia Filasto e mentre pare così amoroso dei
suoi, specie delle sorelle, quando il Raffo tentò persuaderlo a presen-
tarsi per poter liberare i suoi parenti per causa sua incarcerati:
– Lasciateveli marcire, rispose, io voglio essere libero.
Il fatto, però, è che uccise anche delle donne, solo perché erano vicine
ad uno dei pretesi suoi nemici, come la Crea, che nulla gli aveva fatto
di male; e ammazzò Marte dinanzi ai suoi parenti, incrudelendo, in
compagnia di altri due banditi, su lui agonizzante, dopo avergli pro-
messo di perdonare un tentativo di tradimento e dopo aver mangiato
insieme delle frutta; e non solo uccise il fratello dello Zoccolo pel solo
fatto di essere suo fratello, ma sparò più volte sul suo cadavere, messo
a bersaglio contro il muro, e immerse le mani nelle sue viscere sangui-
nanti.
Il fatto è che di 24 fra omicidi o tentati omicidi, non una volta egli sen-
tì rimorso; e che se egli beneficò di 10 lire una povera ragazza che egli
aveva parlato bene di lui non conoscendolo, sono di quei tratti di ge-
nerosità che usano sempre tutti i banditi – Buffaleri, per esempio – per
farsi perdonare dagli uni i delitti contro gli altri, regalando sempre del
danaro che non costa loro nulla.
La vanità e la megalomania di Musolino hanno per contenuto la fede
d’esser un onesto giudiziere, ordinariamente, si dilunga a far l’apologia
di sé medesimo, a dettare le sue memorie.
Ha fede così profonda nella sua onestà, o meglio è così invasato dalla
sua artificiosa personalità novella, che crede e spera davvero di otte-
nere la grazia reale, e non fa che domandare di telegrafare e scrivere
al Re; al comm. Doria, che gli rimproverava di avere ucciso un cara-
biniere che faceva il suo dovere, risponde:
– Anch’io avevo un dovere da compiere!
Accusato di violenza e di rapine, esclama:
– Mi sarei ucciso se avessi rubato o violentato!
Spesso diceva, con la soddisfazione dell’uomo virtuoso:
– Sono un galantuomo!
(C. Lombroso, Delitto, genio, follia)