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Le chiare sere di primavera, con il crepuscolo che si allunga e
l’aria tiepida e profumata, sono propizie alla contemplazione
del cielo.
Appena sceso il buio, le costellazioni dell’inverno non sono
ancora scese, sotto l’orizzonte occidentale, quelle della prima-
vera salgono verso il meridiano e le costellazioni estive comin-
ciano ad affacciarsi a oriente.
Può succedere così che siano contemporaneamente visibili più
stelle di prima magnitudine che in ogni altra stagione: Sirio,
Betelgeuse, Rigel e Procione a ovest, Arturo, Regolo e Spica ver-
so sud, Vega a est.
Arturo, nella costellazione di Bootes, il Pastore, è la stella-chiave
per orientarsi nel cielo di primavera.
Trovarla è molto facile.
Basta seguire la curva ideale indicata dal timone del Grande Car-
ro.
Del resto non si può sbagliare, perché nessuna stella, a parte Sirio,
che ormai scompare nelle foschie dell’orizzonte sud-occidentale,
brilla come Arturo.
Per di più il suo colore arancione è inconfondibile.
Seguendo ancora la stessa curva, dopo aver incontrato Arturo,
ecco Spica, una stella bianco-azzurra nella costellazione della
Vergine.
A questo punto è semplice trovare dei riferimenti per individua-
re le altre costellazioni primaverili: il Leone, con Regolo, a ovest
di Arturo, il Corvo a sud della Vergine; la Corona Boreale a est di
Bootes; la Bilancia nella fascia zodiacale a est di Spica.
Nota anche come ‘il bovaro’ o ‘il bifolco’, questa costellazione non
ha un ruolo preciso nella mitologia greca, ma risale probabilmen-
te a un’epoca ancora anteriore alla civiltà ellenica, testimoniando
i legami tra l’osservazione del cielo e il passaggio alla pastorizia e
all’agricoltura delle società di cacciatori, in epoca preistorica.
Descrivendo il suo ampio cerchio intorno al polo, Bootes custodi-
va ‘septem triones’, i sette buoi identificati nelle stelle principali
dell’Orsa Maggiore.
Alfa Bootis è Arturo, un nome familiare che non deve indurre a
una etimologia ingenua: in realtà Arturo è una corruzione popo-
lare del greco ‘arctos-oura’, che significa ‘coda dell’orsa’. E infat-
ti, questa stella si incontra proprio sul prolungamento della cur-
va suggerita dalle tre stelle del timone.
Con magnitudine -0,06 Arturo è la stella più luminosa del cielo
boreale e la quarta di tutto il cielo, dopo Sirio, Canopo, e Alfa
Centauri. Il primato di splendore nell’emisfero celeste nord le
è stato conteso da Vega e Capella, ma le moderne misure
fotometriche non lasciano dubbi, assegnando a Vega magnitu-
dine 0,04 e a Capella magnitudine 0,06.
Arturo è 115 volte più luminosa del Sole, rispetto al quale ha
un diametro 32 volte maggiore ma densità pari ad appena 3
decimillesimi.
Un raggio della luce di Arturo, concentrato opportunamente
con il telescopio da un metro di Yerkes, nel 1933 servì per uno
strano rituale:
fece scattare un fotorelais che accese tutte le lampade della
Fiera mondiale del Progresso di Chicago. Allo scopo fu scelta
Arturo perché la Fiera precedente si era tenuta nel 1893, qua-
ranta anni prima, e 40 anni-luce era allora valutata la distan-
za di Arturo, sicché il raggio utilizzato per azionare il fotore-
lais risultava emesso proprio durante la precedente edizione.
Arturo è importante nella storia dell’astronomia perché deti-
ene alcuni curiosi primati.
Intanto è la prima stella, con l’aiuto del telescopio, sia stata
osservata in pieno giorno.
Avvenne nel 1635.
L’idea fu di Jean-Baptiste Morin, uno degli ultimi astrologi del-
la corte francese, quello che, chiuso con la levatrice nella stanza
da letto della regina Anna d’Austria mentre partoriva il futuro
Luigi XIV, trasse l’oroscopo dell’infante.
Un altro primato è assicurato ad Arturo dal suo moto proprio: tra
le stelle molto luminose è quella che si sposta nel cielo più rapida-
mente.
Arturo è anche la prima stella di cui si sia cercato di determinare
la distanza. Proprio per il suo notevole ‘moto proprio’ si riteneva
che fosse particolarmente vicina, e quindi che avesse una parallas-
se abbastanza ampia.
Ci provò l’italiano Piazzi, ma senza risultati apprezzabili.
L’impresa riuscirà poi nel 1842 a Peters, che stimò la sua distan-
za in 27 anni-luce, dieci meno del vero.
Infine un altro primato di Arturo sta nel fatto che fu la prima stel-
la di cui sia stata misurata la temperatura per mezzo di un fotogal-
vanometro nella seconda metà del secolo scorso.
Con i moderni sensori infrarossi si è potuto precisare che Arturo
ci ‘riscalda’ come una candela accesa a 8 chilometri di distanza.
Dallo spettro di classe K si può dedurre che la temperatura super-
ficiale di Arturo è di 4200° Kelvin, all’incirca quella delle macchie
solari.
Da un punto di vista fisico, si sa ancora molto poco di Arturo,
perché, non essendo una doppia, è difficile stimare correttamente
la sua massa.
Infine per ciò che concerne Arturo, essa appartiene all’alone ga-
lattico, è una stella di Popolazione II, e dunque vecchissima: di-
ciamo qualcosa come 10 miliardi di anni, il doppio dell’età del
Sole.
Ecco un ultimo primato di Arturo: è certamente la più anziana
tra le stelle visibili a occhio nudo.