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Ammazzare il Tempo (chi lo ha ucciso?) (11/10) &
Ammazzare il Tempo (la nostra infanzia) (12)
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Ammazzare il Tempo (la vita nel suo progredire) (14)
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Piuttosto che crescere al di là di un certo punto, essa si sdoppia.
Furono senz’altro necessari secoli di sforzi e prodigi di sottigliez-
za affinché la vita superasse questo nuovo ostacolo.
Essa riuscì a fare in modo che un numero sempre maggiore di
elementi pronti a sdoppiarsi restassero uniti. Con la divisione del
lavoro li vincolò in un indissolubile legame. L’organismo comples-
so e quasi discontinuo funziona così come avrebbe funzionato u-
na massa vivente continua che si fosse semplicemente ingrandita.
Ma le cause vere e profonde della divisione erano quelle che la vi-
ta portava in sé.
Perché la vita è tendenza, e l’essenza di una tendenza consiste
nello svilupparsi a raggiera, creando, per il solo fatto di accrescer-
si, le direzioni divergenti verso le quali si distribuirà il suo slancio.
E’ quanto osserviamo in noi stessi nell’evolversi di quella tenden-
za particolare che nominiamo carattere.
Ciascuno di noi, lanciando uno sguardo retrospettivo sulla propria
storia, constaterà che la sua personalità infantile, per quanto indi-
visibile, riuniva in sé persone diverse che potevano restare fuse in-
sieme solo perché si trovavano allo stato nascente: tale indecisio-
ne ricca di promesse è, del resto, uno degli aspetti più affascinanti
dell’infanzia (… della nostra civiltà…).
Ma crescendo, le personalità che prima si compenetravano diven-
tano incompatabili, e siccome ciascuno di noi vive una vita soltan-
to è costretto a fare una scelta. In realtà, scegliamo di continuo, e
di continuo rinunciamo a molte cose.
La via che percorriamo nel tempo è cosparsa dei detriti di tutto ciò
che avevamo incominciato a essere, di tutto ciò che saremmo po-
tuti divenire.
Ma la natura, che dispone di un incalcolabile numero di vite, non è
affatto costretta a simili sacrifici. Essa conserva le diverse tenden-
ze che, crescendo, si sono biforcate e crea con esse serie diver-
genti di pecie che si evolveranno separatamente.
Non è d’altronde necessario che queste serie abbiano la stessa
importanza, lungo il tragitto, le biforcazioni sono state numerose,
ma accanto alle due o tre grandi strade si sono formati molti vi-
coli ciechi; e anche di queste grandi strade, una sola, quella che
attraverso i vertebrati giunge sino all’uomo, si è dimostrata lar-
ga a sufficienza per lasciar passare liberamente il soffio della
vita.
E’ un’impressione che riceviamo quando paragoniamo, per e-
sempio, le società delle api o delle formiche con le società u-
mane.
Le prime sono mirabilmente disciplinate e unite, ma rigide; le
altre sono aperte a ogni progresso, ma divise e in continua lot-
ta tra loro. L’ideale sarebbe una società sempre in movimento
e sempre in equilibrio, ma forse questo ideale non è realizzabi-
le: i due caratteri che dovrebbero integrarsi a vicenda, e che al-
lo stato embrionale pure si integrano, accentuandosi diventano
incompatibili.
Se si potesse parlare, non per metafora, di un impulso alla vita
sociale, bisognerebbe dire che l’impulso maggiore si è avuto
lungo la linea evolutiva che fa capo all’uomo, mentre il resto si
è raccolto sulla via che porta agli imenotteri: le società di formi-
che e di api presenterebbero così l’aspetto complementare del-
le nostre società.
Ma questo non è altro che un modo di esprimersi.
Non c’è stato un impulso particolare alla vita sociale.
C’è semplicemente il movimento generale della vita, che crea
forme sempre nuove lungo linee divergenti. Se su due di queste
linee devono comparire delle società, queste ultime dovranno ma-
nifersare sia la divergenza delle direzioni sia la comunanza dello
slancio.
Svilupperanno così due serie di caratteri che ci sembreranno va-
gamente complementari tra loro. Lo studio del movimento evolu-
tivo consisterà dunque nel distinguere un cero numero di direzio-
ni divergenti, nello stimare l’importanza di ciò che si è svolto in
ciascuna di esse, insomma nel determinare la natura delle ten-
denze dissociate e nel farne il bilancio.
Combinando tra loro queste tendenze si otterrà allora un’appros-
simazione, o meglio un’imitazione dell’unico principio motore da
cui prese avvio il loro slancio.
(H. Bergson, L’evoluzione creatrice)
(Fotografie di: Johannes Stotter)