AMMAZZARE IL TEMPO (la nostra infanzia) (13)

Precedenti capitoli:

Ammazzare il Tempo (chi lo ha ucciso?) (11/10) &

Ammazzare il Tempo (la nostra infanzia) (12)

Prosegue in:

Ammazzare il Tempo (la vita nel suo progredire) (14)

Foto del blog:

Ammazzare il Tempo (1)

Ammazzare il Tempo (2)

Da:

i miei libri

 

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 (Da: la nostra infanzia….)

Piuttosto che crescere al di là di un certo punto, essa si sdoppia.

Furono senz’altro necessari secoli di sforzi e prodigi di sottigliez-

za affinché la vita superasse questo nuovo ostacolo.

Essa riuscì a fare in modo che un numero sempre maggiore di

elementi pronti a sdoppiarsi restassero uniti. Con la divisione del

lavoro li vincolò in un indissolubile legame. L’organismo comples-

so e quasi discontinuo funziona così come avrebbe funzionato u-

na massa vivente continua che si fosse semplicemente ingrandita.

Ma le cause vere e profonde della divisione erano quelle che la vi-

ta portava in sé.

 

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Perché la vita è tendenza, e l’essenza di una tendenza consiste

nello svilupparsi a raggiera, creando, per il solo fatto di accrescer-

si, le direzioni divergenti verso le quali si distribuirà il suo slancio.

E’ quanto osserviamo in noi stessi nell’evolversi di quella tenden-

za particolare che nominiamo carattere.

Ciascuno di noi, lanciando uno sguardo retrospettivo sulla propria

storia, constaterà che la sua personalità infantile, per quanto indi-

visibile, riuniva in sé persone diverse che potevano restare fuse in-

 

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sieme solo perché si trovavano allo stato nascente: tale indecisio-

ne ricca di promesse è, del resto, uno degli aspetti più affascinanti

dell’infanzia (… della nostra civiltà…).

Ma crescendo, le personalità che prima si compenetravano diven-

tano incompatabili, e siccome ciascuno di noi vive una vita soltan-

to è costretto a fare una scelta. In realtà, scegliamo di continuo, e

di continuo rinunciamo a molte cose.

 

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La via che percorriamo nel tempo è cosparsa dei detriti di tutto ciò

che avevamo incominciato a essere, di tutto ciò che saremmo po-

tuti divenire.

Ma la natura, che dispone di un incalcolabile numero di vite, non è

affatto costretta a simili sacrifici. Essa conserva le diverse tenden-

ze che, crescendo, si sono biforcate e crea con esse serie diver-

genti di pecie che si evolveranno separatamente.

 

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Non è d’altronde necessario che queste serie abbiano la stessa

importanza, lungo il tragitto, le biforcazioni sono state numerose,

ma accanto alle due o tre grandi strade si sono formati molti vi-

coli ciechi; e anche di queste grandi strade, una sola, quella che

attraverso i vertebrati giunge sino all’uomo, si è dimostrata lar-

ga a sufficienza per lasciar passare liberamente il soffio della

vita.

 

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E’ un’impressione che riceviamo quando paragoniamo, per e-

sempio, le società delle api o delle formiche  con le società u-

mane.

Le prime sono mirabilmente disciplinate e unite, ma rigide; le

altre sono aperte a ogni progresso, ma divise e in continua lot-

ta tra loro. L’ideale sarebbe una società sempre in movimento

e sempre in equilibrio, ma forse questo ideale non è realizzabi-

le: i due caratteri che dovrebbero integrarsi a vicenda, e che al-

lo stato embrionale pure si integrano, accentuandosi diventano

incompatibili.

 

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Se si potesse parlare, non per metafora, di un impulso alla vita

sociale, bisognerebbe dire che l’impulso maggiore si è avuto

lungo la linea evolutiva che fa capo all’uomo, mentre il resto si

è raccolto sulla via che porta agli imenotteri: le società di formi-

che e di api presenterebbero così l’aspetto complementare del-

le nostre società.

Ma questo non è altro che un modo di esprimersi.

Non c’è stato un impulso particolare alla vita sociale.

 

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C’è semplicemente il movimento generale della vita, che crea

forme sempre nuove lungo linee divergenti. Se su due di queste

linee devono comparire delle società, queste ultime dovranno ma-

nifersare sia la divergenza delle direzioni sia la comunanza dello

slancio.

Svilupperanno così due serie di caratteri che ci sembreranno va-

gamente complementari tra loro. Lo studio del movimento evolu-

tivo consisterà dunque nel distinguere un cero numero di direzio-

 

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ni divergenti, nello stimare l’importanza di ciò che si è svolto in

ciascuna di esse, insomma nel determinare la natura delle ten-

denze dissociate e nel farne il bilancio.

Combinando tra loro queste tendenze si otterrà allora un’appros-

simazione, o meglio un’imitazione dell’unico principio motore da

cui prese avvio il loro slancio.

(H. Bergson, L’evoluzione creatrice)

(Fotografie di: Johannes Stotter) 

 

 

 

 

 

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AMMAZZARE IL TEMPO (pensieri eretici-contro-tempo) (6)

Precedenti capitoli:

Ammazzare il Tempo (pensieri eretici contro-tempo) (2/1) &

Ammazzare il Tempo (alla ricerca dell’alchimia della vita) (3)

Ammazzare il Tempo (il nastro della realtà) (5/4)

Prosegue in:

Ammazzare il Tempo (alla ricerca dell’alchimia della vita) (7) &

Ammazzare il Tempo (chi lo ha ucciso?) (9/8)

Foto del blog:

Ammazzare il Tempo (6)

Ammazzare il Tempo (7)

Da:

i miei libri

 

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(Da: ammazzare il tempo 2)

.…Ed essa va narrata e svelata, va…, accompagnata e rimata lungo

l’ultima mia fatica, di modo che ogni umano, copia fedele della Natura,

ogni viandante, copia fedele della Ragione che nella Terra non più di-

mora…, ed ogni animale antico primo attore della Sfera così evoluta,

possano leggervi altrettanti segreti…, Quinta Essenza del Creato qui

di nuovo pregato e anche narrato, Primo Dio eretico al loro Tempo ora

ammirato…..

Sono partito e fuggito da una vita che non mi concede né onore né de-

coro, l’ho per l’appunto raccontato e svelato nel secondo tomo stampa-

to e donato a l’invisibile e strana figura cara alla Storia, suol apparire co-

me una Finestra mentre mangia una verde Mela, con tanti nomi strani,

e di tutta la Natura vuol essere a forza padrona e dicono anche… sua

signora.

E’ per il vero la nostra nuova e (dicono) vera Regina, la puoi tener in una

mano, e con un semplice cinguettio… curiosare e spiare l’intero mondo

del tuo vicino, goderti anche il suo Paradiso donando a noi il dolce e cal-

do sorriso di un buon Inferno tutto chiuso in un preciso e astuto algoritmo,

ma che ritmo questa vita, che saggezza arguta, che conoscenza così ta-

ciuta….

Per la cronaca della Storia, qui ed ora rimata e a voi narrata…, questa la

nuova Alchimia inventata dai nuovi Dèmoni della Terra, per costringere tut-

ti i loro sudditi a quella schiavitù antica oro della loro Terra, ma che dico,

padrona di ogni vita, di ogni forza, di ogni segreto e libertà all’origine ad

ognuno felicemente donata, dopo averla ben pagata.

Per poi gettarli dentro una trappola antica che sa d’ortica, e spiarli come il

Tempo insegna alla Storia eretica per questa prosa…ora di nuovo come

allora inquisita… nell’algoritmo nuovo di codesta nuova e felice vita.

Questa Quinta Essenza a noi donata, e di cui io mi diletto a narrarne il se-

greto, non appartiene all’arte antica di cui Lullo celebrò l’alchimia, la sua

scienza è sicuramente perfetta e prega la Natura che giammai divora, fu

padre di un Eretico dal suo genio partorito, e per aver chiuso il mondo in un

sigillo non certo figlio di un numero perfetto e preciso, fu bruciato et arso al

fuoco amico del nuovo algoritmo. Se questo è il progresso, certo il Tempo

possiamo dire trascorso in circolo preciso, per questo il Giordano di ereti-

ca memoria muore ogni giorno nel rogo della Storia. Mi perdonino, signori

Inquisitori padroni del Numero e anche dell’algoritmo, se così parlo et scri-

vo del vostro paradiso, ma sappiate che non sono il solo forse neppure il

Secondo.

Così, con mente sempre più arguta, non certo dico io, evoluta, possono

comandare ad ogni spirale ed ogni spirito (ben programmati nel loro

telefonino), e anco, possono, costringerlo a tremare di fronte ad un i-

nutile cavo stabilito o satellite lanciato, nuova stella apostrofata, tanto

di quelle vecchie ne è pieno il cielo antico del nuovo paradiso.

Un tempo erano fili d’erba in un alba dorata e forse anche rimata,

componevo una poesia una strofa una rima, ugual forza del firma-

mento che mi è di aiuto per questo impervio sentiero, perché il nuo-

vo Dio è proprio lassù che ci spia dal suo satellite infinito, anche

adesso in codesta felicità a noi donata ci guarda e scruta per ogni

nobile e fiera avventura.

Che sia guerra taciuta, lo sappiamo, è dono antico di ogni debole natura,

ma noi che non siamo come lui evoluti e neppure ammessi in codesto

nuovo paradiso, ci basta un filo d’erba per sconfiggere quel Ciclope an-

tico, certo ancora c’è chi lo vedrà urlare e far tremare la terra, è lui il

Padrone di ogni strofa e rima, non me ne voglia Imperator della Storia, se

alla sua destrezza, preferiamo la forza della poesia, non è certo nuova,

la guardi bene, poi faccia un sorriso e componga il numerino che ogni

servo da lei ben nutrito correrà a sconfiggere ogni invisibile nemico.

Così quando affoga in ogni mare da lei così ben visto dal suo occhio

così nutrito, non ci racconti una favola che diverrà nuovo mito per o-

gni strofa del suo giornale da lei partorito, la sua penna a sfera atten-

de l’ordine che farà la storia, ma noi siamo infiniti e fedeli alla gnosi

eretica e nemica del Tempo della sua storia antica, da lei ogni giorno

partorita, e la favola sappiamo allietare la parola del fanciullo, che do-

po aver fatto il numerino vedrà il mondo dell’inganno così ben parto-

rito.

Così la Rivoluzione è servita ed anche ben concepita e un nuovo

Impero navigherà nella sua gloriosa memoria, ma io sono Eretico e

non suddito di codesta sua Storia…

 

(G. Lazzari, Misopogon….)

 

 

 

 

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LE ‘SECONDE’ PIOGGE (17)

Precedente capitolo:

Le ‘Seconde’ piogge (16) &

Prosegue in:

Ammazzare il Tempo (3) &

Ammazzare il Tempo (2/1)

Foto del blog:

Le ‘Seconde’ piogge (1) &

Le ‘Seconde’ piogge (2)

Da:

i miei libri

 

Dedicato alla 19a Sessione per i cambiamenti climatici:

 

Varsavia 2013

 

 

 

le seconde piogge

 

 

 

 

 

 

 

 

Per quasi 10.000 anni, dalla nascita della civiltà e per tutto

l’Olocene, il mondo è apparso incredibilmente vasto.

Sconfinate foreste e immensi oceani offrivano quantità in-

finita di risorse. Gli esseri umani potevano inquinare libe-

ramente, ed evitare le conseguenze spostandosi altrove.

Ma grazie ai progressi della salute pubblica, alla rivolu-

zione industriale e, in tempi recenti, alla rivoluzione ver-

de, la popolazione mondiale è passata dai 500 milioni del

1800 ai quasi 7 miliardi di oggi.

 

le seconde piogge

 

Negli ultimi cinquant’anni il numero degli esseri umani è

più che raddoppiato, e il nostro sfruttamento delle risorse

ha raggiunto livelli incredibili: il consumo globale di cibo

e acqua dolce è più che triplicato, e il consumo di combu-

stibili fossili è quadruplicato.

L’umanità usa da un terzo a metà di tutta la fotosistensi

che avviene sulla Terra.

Questa crescita sfrenata ha trasformato l’inquinamento da

un problema locale a un assalto di dimensioni planetarie. 

L’assottigliamento dello strato di ozono e l’elevata concen-

trazione di gas serra sono due problemi più noti, ma stan-

no emergendo molti altri effetti negativi.

L’improvvisa accelerazione della crescita demografica, del

consumo di risorse e dei danni ambientali ha cambiato la

terra.

 

le seconde piogge

 

Oggi viviamo in un mondo ‘pieno’, con risorse limitate e

ridotta capacità di assorbire gli scarti. Perciò anche le rego-

le per vivere il pianeta sono cambiate.

Dobbiamo intervenire in modo da vivere all’interno della

‘zona di sicurezza’ dei nostri sistemi ambientali. Se non ri-

vedremo il nostro modo di agire, provocheremo cambia-

menti ambientali catastrofici che potrebbero avere conse-

guenze disastrose.

Che cosa potrebbe causare questi cambiamenti?

E come possiamo evitarli?

 

le seconde piogge

 

Recentemente un team internazionale di scienziati ha pro-

vato a rispondere a questi interrogativi ponendosi una do-

manda ancora più ampia: ci stiamo avvicinando a un serie

di ‘punti di non ritorno’ planetari che modificheranno l’am-

biente in modi mai verificatesi nel corso della storia umana?

Dopo aver esaminato numerosi studi interdisciplinari sui

sistemi fisici e biologici, il team ha individuato 9 processi

ambientali che potrebbero alterare drasticamente la capa-

cità del pianeta di sostenere la vita umana.

 

le seconde piogge

 

Per ciascuno di questi processi sono stati stabiliti limiti all’-

interno dei quali l’umanità può ritenersi al sicuro. 7 di essi

hanno valori di soglia molto chiari, definiti in maniera scien-

tifica per mezzo di un numero: cambiamento climatico, per-

dita di biodiversità, inquinamento da azoto e fosforo, ridu-

zione dell’ozono della stratosfera, acidificazione degli oce-

ani, consumo globale del suolo.

Gli altri 2 processi, inquinamento dovuto all’aerosol atmo-

sferico e inquinamento chimico globale, non sono stati stu-

diati a sufficienza per stabilire limiti numerici precisi. 

 

le seconde piogge

 

Secondo questa analisi, la terra ha già oltrepassato i limiti

in 3 casi: perdita della biodiversità, inquinamento di azoto

e cambiamento climatico.

Ma anche negli altri processi per cui è stato stabilito un li-

mite numerico la tendenza è inequivocabilmente verso il

raggiungimento della soglia.

I singoli valori potrebbero avere bisogno di piccoli aggiu-

stamenti, e nuovi processi potrebbero venire aggiunti in

futuro, ma si tratta comunque di un primo indice dei pro-

blemi ambientali più pericolosi e di una base di partenza

per pensare come gestirli.

(J. Foley per Wordwatch-Institute;

Fotografie di: Lorenzo Duran)

 

 

 

 

 

 

le seconde piogge

 

LE PRIME PIOGGE (14)

Precedente capitolo:

Le prime piogge (13)

Prosegue in:

Gli occhi di Atget:

Le ‘Seconde’ piogge (16/15)

Foto del blog:

L’inverno del nostro Universo (1) &

L’inverno del nostro Universo (2)

Da:

i miei libri

 

 

 

le prime piogge

 

 

 

 

 

 

 

 

Adesso le cose vanno meglio…

Il pianeta si è appesantito, il che impedisce al nuovo

mantello di vapore rovente di volatilizzarsi nello spa-

zio. Oltretutto, dato che la grandinata di meteoriti è ces-

sata, si forma una crosta solida e inizia a fare più fred-

do. E  questo scatena un fenomeno fino ad allora sco-

nosciuto…

Comincia a piovere!

 

le prime piogge

 

A essere sinceri, non si può semplicemente dire che 

piove. Diluvia proprio…

Nessuna emittente televisiva oserebbe trasmettere un 

simile bollettino meteorologico. Quella pioggia ha u-

na temperatura di 300° C., la temperatura cui l’acqua

si condensa quando la pressione corrisponde a 100

atmosfere.  

Continua a piovere per millenni, un vero e proprio

tempaccio da cani. Tutta l’acqua dell’atmosfera si ri-

versa sulla Terra. 

Un miliardo e mezzo di milioni di tonnellate.

 

le prime piogge

 

Dopo la prima grande precipitazione, la Terra si raf-

fredda, si formano le nuvole, cade altra pioggia.

E poi ancora nuvole.

E pioggia.

Nuvole.

Pioggia.

Giorno dopo giorno, anno dopo anno.

Per milioni di anni.

 

le prime piogge

 

L’acqua, bisogna precisarlo, è un ammasso di molecole,

stipate manco fossero sotto il palco a un concerto dei 

Pink Floyd. 

In realtà, è nata soltanto perché il caso ha voluto che al-

l’ossigeno mancassero due elettroni. Dopo essere arriva-

to nelle nubi primigenie, quell’elemento è dunque anda-

to alla ricerca di due atomi di idrogeno, generando una

molecola bifronte: un lato con una carica positiva, l’altro

con una carica negativa. 

Una molecola d’acqua, insomma, le cui coppie di proto-

ni e neutroni tendono ad attirare le loro controparti in 

altre molecole d’acqua e a costruire ponti, molto più de-

boli dei collegamenti tra gli atomi all’interno di una mo-

lecola.

 

le prime piogge

 

Il calore intenso può distruggerli.

In condizioni temperate, però, consentono rapporti fu-

gaci con altre molecole d’acqua, a mo’ di toccata e fuga. 

Molti miliardi di contatti al secondo, uno scambio inces-

sante di patner molecolari. Non si può parlare di ordine,

ma se non altro si osserva una coesione: l’acqua liquida.

Giacché all’epoca non esistono ancora montagne degne

di nota e la Terra ricorda la Luna, costellata e sofferente

di crateri, l’intero pianeta rimane nascosto al riparo sotto

uno strato uniforme d’acqua finché non spuntano le vet-

te dei vulcani più alti.

Le precipitazioni, inoltre lavano via l’anidride carboni-

ca dall’atmosfera e il composto reagisce con la lava soli-

dificata, liberando minerali a essa legati.

 

le prime piogge

 

Ecco come il sale è arrivato al mare.

Nasce un oceano primigenio, privo di vita.

Nessuno vorrebbe farci il bagno. Bollente e profondo in

media 3 chilometri e mezzo, è una pellicola sottilissima

rispetto al raggio del pianeta, che misura pur sempre 

6500 chilometri.

L’acqua deriva dai corpi celesti dell’anello interno e dal-

le comete, giunte dalle remote regioni gelide. L’età e l’o-

rigine dei due tipi d’acqua sono diverse. 

Alcune molecole hanno visto la luce ancor prima del si-

stema solare, da qualche parte nello spazio interstellare,

poi, tramutate in granelli di ghiaccio, hanno vagato nel-

le zone esterne della nebbia solare prima di arrivare sul-

la Terra.

Ma, qualunque cosa siano state e quale che sia la loro o-

rigine, adesso si mescolano tutte.

 

le prime piogge

 

Una pioggia torrenziale!

L’erosione corrode i fianchi dei vulcani e l’acqua piovana

si arricchisce di minerali, che si depositano nei fondali ma-

rini.

Continua ad arrivare nuovo materiale e la crosta terrestre,

ancora sottile, a causa dei movimenti tettonici sprofonda

e si fonde.

Parte della massa fusa risale verso la superficie, senza pe-

rò riuscire a emergere, creando così nuovi corpi rocciosi

compatti a costituire un materiale che avrebbe mutato ra-

dicalmente il volto del mondo. 

 

le prime piogge

 

Compare il granito, più leggero del basalto, ma di una 

durezza estrema. Si costituiscono interi ammassi di quel-

la nuova roccia, alcuni delle dimensioni della Svizzera,

altri non più grandi di un parco giochi per … bambini…..

(F. Schatzing, Il mondo d’acqua;  Fotografie di: Logan Zillner)

 

 

 

 

 

 

 

 

le prime piogge

 

MANAS (10)

Precedenti capitoli:

Letti d’ospedale &

Nak (9)

Prosegue in:

L’inverno del nostro Universo (12/11)

Foto del blog:

Nak &

Manas &

L’inverno del nostro Universo (1)

L’inverno del nostro Universo (2)

Da:

i miei libri


 

manas









Ritorniamo al 129° inno del X libro del Rg-Veda in cui, alla

4° strofa, il cantore ci parla di Amore e Mente: “All’inizio sor-

se poi l’Amore, che era il primo seme della Mente. Scrutan-

do nei loro cuori i sapienti scoprirono, con la loro saggezza,

il legame tra l’essere e il non-essere”.

 

manas


Secondo l’interpretazione vedica, rispetto all’Uno e al Nulla

presenti nelle Acque al momento della Creazione, cosa rap-

presentano il Kama e il manas?

Il termine kama deriva dalla radice verbale kam ‘desiderare,

amare’, connessa alle radici ka e kan ‘gioire, sentir piacere’,

la quale è composta, secondo chi scrive, da ka e dalla con-

sonante m, simbolo del… ‘limite’….  

Pertanto ‘ciò che de-finisce (m) le Acque lucenti (ka)’, o an-

che ‘la misura (m) del desiderio (ka) delle Acque lucenti 

(ka)’ definiscono bene il senso della parola kama. 

E’ mediante il piacere creativo di kama che eka, l’Uno, in-

vade con la sua luce (ka) l’impenetrabile buio delle Acque

primordiali (na), e le sottrae al dominio del Nulla renden-

dole visibili.

 

manas


D’altro canto, secondo quanto ci è stato tramandato, il ka-

ma è sempre stato connesso con le Acque. La correlazione

linguistica tra ka, ‘acqua’, ‘luce’; Eka ‘luce sorgente dalle 

acque’, e kama ‘dimensione gioiosa delle Acque lucenti’ 

ci conferma la fondatezza di tale tradizione culturale.

Ora, se a causa del desiderio creatore di Eka il kama ap-

pare come la facoltà generativa e riproduttiva delle Ac-

que luminose, che cosa rappresenta il manas da cui il

kama è sorto?

Il termine manas deriva dal verbo sanscrito man ‘pensare’,

(il Primo Pensiero….). Se scomponiamo man nelle due ra-

dici che lo formano, m ‘limite’ e an ‘avvio dell’energia del-

le acque’, il senso di manas sarà ‘la misura (m) della vita-

lità delle acque (an)’, ovvero ‘la dimensione (m) del loro

respiro (an)’.

 

manas


Se Eka e Kama hanno dunque la facoltà di rendere lumi-

noso e percepibile al nostro intelletto e ai nostri sensi l’-

Universo del na-sat (il non-essere, il nulla), così an e ma-

nas hanno quella di renderlo animato (an) nonché rico-

noscibile (manas).

Il legame tra essere e non-essere, sato bandhum asati, che

i sapienti vedici avevano trovato nei loro cuori finalmen-

te ci si rivela: è quello tra le Acque luminose dell’Uno,

Eka, e le Acque oscure del Nulla, na.


Colui dal quale la Creazione provenne, può averla 

decisa egli stesso. Oppure no. Colui che vigila nell’-

alto del cielo forse ne conosce l’origine. E forse no..’

(Chi fu il Primo Dio e chi i suoi Dèi……).


Questi quesiti e il dubbio, apriranno la strada alla suc-

cessiva metafisica indoeuropea stimolando altresì il con-

fronto fra scienza e fede.

Essi sono ancora attuali, dal profondo del mito e della 

… POESIA vedica, ci inviano il loro messaggio di sensi-

bilità e di intelligenza……

Molto prima della Bibbia con la POESIA nasceva la pa-

rola e il DUBBIO, senza il DUBBIO non avremmo….. il

libero arbitrio e la facoltà della ragione che ci distingue

dalle macchine e dalle bestie (senza arrecare offesa a 

quest’ultime….).

(F. Randich, L’origine delle lingue Indoeuropee)  







 

manas


4000 A.c. TRIBU’ ITALICHE (nanisecondi di storia…)

Precedenti capitoli:

Nanisecondi (senza specchi….) &

4000 a.C. il maiale di Mag

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Nanisecondi (1)

Nanisecondi (2)

Da:

i miei libri


 

4000 a.c. tribù italiche







LE PRIME ‘TRIBU”…..


Molto dopo la fine dell’epoca glaciale e presumibilmente 4000

anni prima di Cristo, comparvero in Alto Adige i primi uomini.

Le tracce dell’uomo quaternario furono trovate in caverne a

2445 m. sul livello del mare nel cantone di S. Gallo in Svizzera.

Poiché si ha ragione di presumere che si trattasse di uomini sa-

liti a massime altezze nelle stagioni estive, per la caccia, si può

pensare che dalla Svizzera i cacciatori si siano spinti, di monta-

gna in montagna, nel cuore delle valli atesine, ove la fauna ab-

bondava.

Pure sul filo dell’incertezza possono essere ricostruite le prime

colonizzazioni (QUINDI I PRIMI NATIVI). 

Le ricerche archeologiche compiute nella Venezia Tridentina e

nei vicini Cantoni svizzeri hanno assodato, con la identificazio-

ne di abbondante materiale preistorico, tracce di vita paleoliti-

ca, neolitica, e palafitticola.

Probabilmente era gente di ceppo ligure-iberico, risalita verso

il crinale alpino dalle valli del Sarca e di Ledro, attratta dalla

bellezza dei luoghi, dall’abbondanza del patrimonio faunisti-

co e dalla generosità del suolo. 

In perfetta solitudine, cacciando cervi, orsi caprioli, lupi, que-

sto pugno di uomini visse per secoli. Dalle prime popolazio-

ni che trovarono asilo in caverne e possedevano arnesi di roz-

za pietra, ben poco è rimasto: qualche ascia, delle punte di

lancia di selce, raschiatoi silicei usati per scarnificare le pelli.

Una tomba neolitica è stata trovata a Caldaro e viene attribui-

ta a 2000 anni prima di Cristo. E’ del tutto simile a quelle di

Villafranca e Remedello.

Verso il 1000 a.C. altri popoli si affiancarono alle contrade ate-

sine: gli illirici che, risalendo il corso della Drava, si insediaro-

no in Pusteria, ed i Proto Italici che entrarono dal Brennero e

dal passo di Resia e che sostituirono all’età della pietra quel-

la del bronzo, delle palafitte e delle terremare.

E’ molto probabile che le tribù dei Proto Italici oltreché dai

passi alpini provenissero anche dal sud. La presenza di un

villaggio palustre a Peschiera sul garda avente singolari ana-

logie con le stazioni scoperte sulla collina del Piper a Collal-

bo, dovrebbe offrire una certa conferma alla supposizione.

Altri villaggi palafitticoli sorgevano a Fiavè nel Trentino e

al lago di Monticolo.

Verso l’inizio dell’età del ferro sopravvennero nella parte

orientale delle Dolomiti i Veneti. Insediati nella pianura pa-

dana avevano già fondato Padova e avendo dato vita ad una

fiorente attività metallifera risalivano le valli in cerca di gia-

cimenti.

Un’ascia scoperta a S. Giovanni di Valle Aurina fa pensare

che i Veneti si fossero spinti nel cuore della valle omonima e

che vi avessero trovato una miniera di rame.

Ultimi, prima della conquista romana, giunsero in Alto Adige

gli Etruschi ed i Galli cenomani. Si vuole che gli Etruschi fosse-

ro stati sospinti verso le contrade alpine dalla prima invasione

gallica o celtica.

Questo popolo misterioso la cui storia è tuttora oggetto di

profondi studi e la cui lingua non è stata ancora interamente

decifrata, dall’Etruria dilagò in tutta la pianura padana, ecce-

zione fatta per il settore dominato dai Veneti.

Così poco prima della comparsa romana l’Alto Adige era abi-

tato nella parte occidentale da Galli che avevano a loro volta

assimilato gli Estruschi e nella parte orientale da Veneti che

avevano soverchiato i Proto Italici.

(M. Ferrandi, L’Alto Adige nella storia)





 

4000 a.c. tribù italiche

RICORDI DI UNA MORTA BANCONOTA DA 10.000 lire (5 euro odierni….) (2)

Precedente capitolo:

Ricordi di una banconota da 10.000 lire….

Prosegue in:

Cani di passaggio…

Foto del blog:

Cani di passaggio (1)

Cani di passaggio (2)

Da:

i miei libri







Il giorno dopo un grasso signore dalle stupende e pasciute

mani oleose ci riportò alla luce….

Che emozione!

Che profumi…..

Quante parole…..

Per noi biglietti è così raro e casuale stare un poco alla luce,

siamo come pesci volanti, ore e ore nel buio e poi, per un at-

timo, vediamo la luce.

Anche un po’ come gli uomini, a pensarci bene….

 

ricordi di una banconota da 10.000 lire


Ma dov’ero rimasto?

Ah, dicevo del signore dalle mani oleose: ci contò, ci impilò

e ci legò con un elastico – dolorosa sfortuna per i due fratelli

agli estremi – e poi, be’ quello che accadde dopo fu una delle

esperienze più traumatiche della mia vita.

Finii nel portafoglio di un giovane uomo e quando venne a-

perto e potei sbirciare fuori il soffitto, sentii una voce chiede-

re: ‘Qualcuno ha un 100.000 da arrotolare?’.

Venni tirato fuori io, sebbene – ci tengo a precisarlo – fossero

con me ben tre biglietti da 100.000 e due da 50.000.

‘Ho chiesto un 100.000, insistette la voce, che ora potevo ve-

dere bene, una donna e un uomo magrissimo, con una bar-

ba, che stava stendendo della polvere bianca sul piano di

cristallo di un tavolino, avvalendosi di una di quelle odio-

se carte di credito piene di numeri…, – chissà chi si credo-

no di essere!

 

ricordi di una banconota da 10.000 lire


Be’, l’uomo che mi stringeva fra i polpastrelli ribatté: ‘No,

100.000 non le tiro fuori, che poi alla fine spariscono sem-

pre!’.

Le due donne che erano con loro risero e l’uomo con la 

barba mi prese con decisione e mi arrotolò – mi arrotolò!

Non so se potete capire l’enorme confusione che si prova

nell’essere arrotolati!

E’ la peggiore camera di tortura!

Altro che buco nero…, con tutta quella polvere bianca che

ti attraversa, e poi quel fumo…., le parole…, la volgarità, 

il rumore ed i suoni, urla e grida e musica martellante…!

 

ricordi di una banconota da 10.000 lire


Poi di nuovo arrotolati….

Dolori e tortura….

Di nuovo la carta di credito e un cellulare che squilla….

mi avvicinano una delle mie estremità al suo naso, (che 

puzza…, come l’odore di piedi mai lavati….), e l’altra al-

la polvere bianca e poi tirò su con forza….

Mi sentii squassare fin dentro la filigrana da un vento ge-

lido e polveroso, una notte buia, una lontana tortura….

Non mi ero ancora ripreso che subito passai a una delle

due ragazze e la cosa si ripeté dolorosamente…

E si ripeté ancora nel corso della serata, due, tre, cinque,

dieci volte, non saprei dire.

Ed ogni volta, questo voglio ricordarlo al mio lettore…,

venivo abbandonato sul tavolo, arrotolato e pieno di 

dolori, vicino a quella carta di credito e quel coso che

non smetteva di suonare….

Alla fine, mi ricordo entrò un ragazzino, mi scambiaro-

no con qualcosa che sapeva di fumo e finì i miei dolori

nella sua stretta tasca….

 

ricordi di una banconota da 10.000 lire


… Quante storie potrei raccontare ancora!

Come quella volta in cui stavo rinchiuso con molti bi-

glietti come me in una cassaforte dell’ufficio di scambi…

Certo di strada da quel tavolo ne avevo fatta….

Avevo conosciuto tutti quei simpatici forestieri: franchi,

marchi, dollari, (ed anche, sì voglio proprio confessarlo,

delle graziose sterline…, che tempi quelli…!), quando ar-

rivò un arrogante carta di credito e cominciò a schernir-

ci: ‘Che schifo mi fate voi biglietti di banca, sporchi e con-

sunti.

Guardate me, bello e pulito, design svizzero, ultima ge-

nerazione, vado sicuro e filo tranquillo…, e pochi osano

guardarmi, pochi osano scrutarmi….’.

Ma poi, all’improvviso un vecchio e logoro biglietto da

100 dollari la zittì in un attimo: ‘Dite sempre così, prima

di scoprire che avete una data di scadenza: allora vi ac-

corgete che la più umile delle monete vive decine di an-

ni più di voi, per non parlare di quel nobile, che raramen-

te ci viene a trovare, solido e fiero come la luce del gior-

no… oro lucente infinito al tempo….’.

 

ricordi di una banconota da 10.000 lire


Che ricordi, che discussioni, che tempi….

Ma a che valgono questi ricordi da vecchio?

Grazie per avermi fatto visita in questo giorno dove lo

spirito dell’uomo solleva le menti più argute, gli intenti

più nobili e l’anima vola al misero ricordo qui ben sepol-

to…

Voglio dirvelo in un orecchio, mio figlio quello più piccolo

da 5 euro non vale proprio niente, piccolo e grigio anche se

gli hanno fatto un altro bel vestito, con lui poco o nulla ci

puoi fare!

Ma lo avete visto?

Lo avete sentito?!

 

ricordi di una banconota da 10.000 lire


Piccolino e magrolino, con un soffio di vento è già in ben al-

tro convento, non sta né sul tavolo di cristallo…, in compa-

gnia della polvere, né nella saccoccia del più giovane….,

forse per quei peccati di cui tanto ebbi a soffrire ci voglio-

no ora non le nuove e logore quasi patite 100.000 lire, ma

le dilette loro sorelle dallo strano valore di 100 euro, verdi

ed anche un poco arroganti ma sempre molto eleganti…..

Grazie a loro il mio ricordo, qui ben sepolto, è vivo e vege-

to, anche se di preghiere e bestemmie è pieno il mio ulti-

mo forziere…….

Grazie della visita, perché la morte in questa natura non ci

dà mai onesta sepoltura. Grazie della visita in questo gior-

no di scambi, perché la borsa è la nostra vera e sola degna

compagna; anche se un tempo fui nobile guerriero, ed ora

anche se rimpianto neppure il franco, mio vecchio compa-

gno, mi vuole al suo fianco….

La sterlina corre in nobile fretta….

Il vecchio dollaro se pur triste e solo, logoro e malandato,

ne sa una più del Diavolo….

I rubli vanno contenti nei loro fieri intenti, pochi li vedono

qui nel vasto ed antico cimitero, ma loro sono spirito e

concime della terra, tanto che anche il marco ne vuole ave-

re, perché la nuova carta moneta poco appaga la sua pre-

tesa…, lui grande avventura e fiera fortuna nel ricco teatro

di una nobile e… superiore … natura…..


(E. Remmert – con alcuni interventi cifrati di P. Autier –

per Linus;  & le bellissime foto di: Chehere Laurent)






 

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