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……Solo tra tutti loro, e in nessun luogo un altro, un suo pari,
a cui chiedere aiuto contro di loro?
Leggevo, mi chinavo sopra la carta stampata, ma solo Dio sa…..
Quando un foglio di carta che spostavo con cura, con mosse da
ladro, faceva un solo leggero fruscio, come rimbombava quella
diana nelle sale insidiate dai fantasmi del mio cuore!
E la tosse che mi tenevo nel gozzo, reprimendola per la paura,
finché non scoppiò con spietata turbolenza dalle mie labbra, man-
dando ricci di freddo per tutto il mio spirito: perché alle parole
che leggevo si mescolavano dappertutto visioni di bare striscianti,
drappi funebri e lamenti, e crespi, e strilli penetranti di follia che
echeggiavano lungo le volte delle catacombe, e tutto il lutto di
quella valle d’ombra, e la tragedia della corruzione.
Due volte, nel corso della veglia spettrale di quella notte, la cer-
tezza che la presenza di uno di quegli esseri muti indugiava accanto
al mio gomito sinistro, mi riempì di un tale terrore, da farmi scattare
in piedi, per fargli fronte, con i pugni stretti e i capelli dritti sulla
testa, freneticamente: dopo di che, credo di essere svenuto, perché
mi ritrovai, in pieno giorno, con la fronte poggiata sui giornali; e de-
cisi di non rimanere mai più, dopo il tramonto, chiuso dentro una
casa: perché quella notte sarebbe bastata a uccidere l’uomo più ro-
busto, santo cielo!
E che questo è un pianeta insidiato dai fantasmi, ne sono certo.
…..Avevo già pensato alle miniere, ma piuttosto distrattamente,
finché questo articolo, e altri che lessi in seguito, non vennero a
schiaffarmi, per così dire, l’idea in testa.
Perché ‘lì’ mi dicevo ‘troverò un uomo, ….se mai lo trovo….’.
Uscii dal palazzo, quel mattino, come un uomo prostrato dalla
vecchiaia; perché gli abissi di orrore che avevo intravvisti nel
corso di quelle ore tenebrose mi avevano reso debole, i miei
piedi inciampavano, il mio cervello barcollava.
Presi Farringdon Street, e arrivato a Piccadilly Circus, dove
quattro strade si incontrano, scorsi a perdita d’occhio, quattro cam-
pi di cadaveri, cadaveri, vestiti come da uno straccivendolo in ogni
sfumatura dello stinto; o vestiti a metà, o del tutto svestiti, alle volte
perfino ammucchiati gli uni sugli altri, come già avevo osservato a
Reading; ma qui il loro aspetto scheletrico era più appariscente:
vedevo le spalle gonfie, le ossa dell’anca sporgenti, i ventri svuotati.
….E gli arti rigidamente ossuti come di uomini morti di fame; l’in-
sieme presentava l’aria bizzarra di un macabro campo di battaglia
di marionette cadute; e mescolati alle salme, una moltitudine di
veicoli di ogni specie, tra i quali riuscii a farmi strada, fino a un
certo negozio sullo Strand, dove speravo di reperire tutte le infor-
mazioni che mi servivano su miniere e scavi nel Paese; ma la sa-
racinesca era chiusa, e non volevo far alcun rumore tra quella gente,
anche se la giornata era serena, e non mi sarebbe costata gran fatica
entrare nel locale: proprio lì vicino su un furgone avevo scorto una
leva di ferro.
Mi diressi invece al British Museum, il cui sistema di catalogazio-
ne mi era noto; quando entrai, nessuno mi fermò all’ingresso della
sala di lettura, e in tutta la vasta sala rotonda non c’era un’anima,
soltanto un vecchio occhialuto con sotto il mento un gozzo volumi-
noso, riverso sopra una delle scalette per raggiungere i libri, accan-
to agli scaffali, un ‘lettore’ fino all’ultimo respiro.
Diedi uno sguardo ai cataloghi, poi salii al piano di sopra e vi ri-
masi per un’ora, tra le semibuie sacre gallerie di quel luogo di silen-
zio, e quando vidi davanti a me certi papiri greci e copti, certi docu-
menti e sigilli regali, sognai un tale sogno di questa terra,…….
Dio buono!, che nemmeno la penna di un angelo saprebbe esprimere
sulla carta.
Dopo me ne andai, con più di venti chili di carte geografiche, che
ficcai in una valigia trovata nel guardaroba, e tre volumi di rileva-
menti topografici.
Riempii un sacco di provviste, quel che mi bastava per una settimana
o due; siccome avevo scoperto accanto al piccolo molo vicino al ponte
di Blackfriars una snella imbarcazione da diporto bianca, a motore,
di qualche tonnellata, verso mezzogiorno stavo già risalendo, sempre
solitario, il corso del fiume, che correva come quando i Britanni non
erano ancora nati, e poi lo videro, e vi innalzarono accanto capanne
di fango tra i boschi, e poi arrivarono i romani, e lo videro, e lo
chiamarono……….
(M.P. Shiel, La nube purpurea)