FUGGIRE LA MISERIA (12)

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Lo Straniero &

Lo Straniero (2)

 

 

 

 

lo straniero 3

 

 

 

 

 

Un bussare discreto ma risoluto alla porta, e l’abate

entrò.

Gudmundur il Poeta, che stava leggendo a Sturla, 

si allontanò, il dito ancora preso tra le parole di quel

sacro scritto.

L’abate si sedette alla finestra e Sturla si accomodò sul

letto per parlargli dei segni su cui aveva meditato.

‘Dio sceglie i suoi e li colma di ardente entusiasmo. Ma

quel fuoco va smorzato perché non distrugga colui che

Dio vuole raggiungere’, spiegò l’abate dopo aver ascol-

tato con amabilità, non priva di riserve, e i suoi occhi

erano intensamente azzurri in quel volto pallido che da-

va l’impressione di poter cambiare colore all’improvviso.

 

lo straniero 3

 

‘Io mi limito a suggerirlo, perché noi che viviamo qui ab-

biamo l’esperienza di tutta una vita per capirlo.

I profeti sono una cosa, e noi un’altra, nel nostro modo

di servire dolce e riservato la stessa potenza. I profeti

afferrano i lampi e hanno visioni che muterebbero noi

in cenere.

Noi ci siamo riuniti per vigilare e proteggere le nostre

vite per poter sopportare quella potenza e addomesti-

care quel fuoco senza far spegnere la brace, e mantenerlo

vivo servendolo instancabilmente e con docilità.

 

lo straniero 3

 

Tutti i giorni sono consacrati a questo e sono suddivisi

in ore in cui siamo chiamati a vegliare e ad accogliere il

dono di essere chiamati al santo servizio con umiltà e 

gioia per amore del prossimo.

Io non so per quanto tempo vorrai ascoltarmi parlare di

questo, ragazzo, perché noto che ci sono due forze in te,

e ti prego, figlio mio, di vincere l’orgoglio che tanto più

sminuisce un uomo, quanto più crede di salire in alto.

 

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Più l’orgoglioso cerca di governare il destino altrui, più

si allontana dagli altri.

E questo porta alla tirannia, che finirà per essere la sua

rovina.

Più in alto crede di essere arrivato, più in basso cadrà

in eterno inferno.

Ma ti faccio notare anche un’altra cosa, che non so quan-

to tu possa percepire, anche se la senti nel cuore: è ciò

che porta in tutt’altra direzione e va contro tutti i tuoi

sogni a occhi aperti e alla tua ambizione.

E’ troppo presto per parlarne più a lungo.

E in quella direzione che va la strada che ti condannereb-

be a essere solo, e a vivere nelle grotte o in non so quale

solitaria foresta oscura’.

Tacquero per un po’.

 

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Sturla guardava le pareti bianche della cella, in cerca di

una risposta. Infine ruppe il silenzio.

‘Voi forse non sapete nulla degli orrori che avvengono

nel mondo. Voi vedete i mendicanti e la sofferenza attra-

verso una nebbia di benevolenza.

E’ questo che dà quella particolare luce che avete nei vos-

tri occhi, voi guardate tutto attraverso un velo di bontà,

il vostro spirito è costantemente rivolto verso l’alto. E 

quando la miseria grida, voi non sentite che il bel messag-

gio delle intenzioni divine, la santa guida verso il cielo.

E’ là che dobbiamo andare noi tutti, o la maggior parte 

di noi, verso la beatitudine eterna. 

Salvare il mondo, voi dite, voi che siete un sant’uomo.

A me, che non sono che un giovincello venuto da un’isola

lontana, al nord, sulla riva di quell’oceano glaciale che 

non finisce da nessuna parte se non all’inferno.

Che non è di un calore ardente, come ci hanno predicato,

ma di un lancinante freddo.

Questo mi dite.

E perché dovrei pensare così?

Il mondo. Cos’è?

L’universo. Cosa ne dice Dicuil? O Isidoro di Siviglia?

Mio zio Snorri parla del disco del cosmo, ma noi viviamo

su un’isola. Sulla riva dell’oceano.

Marinai che intrattengono la segreta convinzione che il

mondo sia una sfera.

Esattamente come i saggi dell’antichità in Grecia.

E Snorri è un poeta’…………

(Thor Vilhjàlmsson, Cantilena mattutina nell’erba) 

 

 

 

 

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