OVE COTANTA IGNORANZA DIMORA

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Con questa gente di parlar tacendo

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L’eclissi della Luna nuova

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Negromanti e i libri proibiti… (1) &

Negromanti e i libri proibiti… (2)

Da:

i miei libri

 

 

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E tu a me: ‘Perché l’ombra più dura,

Io dico, nelle notti dell’inverno,

E varia d’estate sua figura?’

Ed io a te: In ciò pon cura e guarda:

Sei segni son d’inverno, i quali discerno

La notte in che ciascun suo moto tarda;

 

Nell’oriente nascono diretti

Da Cancro a quella stella che saetta.

Guarda la sfera se in ciò ti diletti.

Gli altri sei segni poi nascono torti:

Ciascun nascondendo lo suo moto affretta.

Io so che questi detti a te son forti.

 

Da Capricorno fino al doppio segno

Nascono torti di verno nel giurno:

La notte gli altri son sul nostro regno.

Li segni dritti nascono d’estate.

Non varia già mai il moto diurno

Le note che dal primo gli fur date.

 

Tien ciascun segno a nascere due ore;

Sei nascono di giorno e sei di notte,

Secondo ch’è il voler del lor motore.

Ventiquattr’ore è il giorno naturale;

L’ore non sono uguali, ma ridotte,

Quelle, dico, del giorno artificiale,

 

Il quale è tanto, fin che il Sole alluma

Una fiata tutto l’orizzonte:

Così la gente lui chiamar costuma.

Artificiale è detto, perché l’arti,

Infin che il Sol non posa, tegnon fronte;

Or ti sia a mente se di qui ti parti.

 

E tu a me: ‘Or dimmi se quest’ombra

E’ luce o corpo ovver natural atto,

Ché gran pensier di ciò la mente ingombra’.

Ascolta: tutto ciò che è qualitate,

Io dico ed in concreto ed in astratto,

Natura, che sia corpo, ciò non pate.

 

Sopra le cose corporate e miste

La luce è forma ch’io dico eccellente:

Tolta dagli occhi, par che ognun s’attriste.

E tu a me: ‘Or questo onde procede,

Che senza luce l’uom divien dolente?’

Ed io a te: Natura ciò concede.

 

Gli spiriti son lustri per natura,

E simile con simil si conforma;

Così gli spirti con la luce pura.

Ciascun s’attrista quand’ombra lo prende,

Siccome pel contrario si disforma

Dall’allegrezza che prima comprende.

 

Com’io distinguo qui, fa’ che sii attento,

E della luce ti fa noto tutto

Il termine del ver, com’io lo sento.

Dico: la luce in due modi s’intende.

Oh quanto distinguendo nasce frutto

Quando per la fallacia alcun contende!

 

La luce ch’esce dallo primo agente.

Ha luminoso corpo ed esso è attivo,

Ed essa è forma sostanzialmente,

E il fulgore di lei che cerca il misto,

Il quale è oggetto del senso motivo,

E’ accidente. Qui più non resisto.

Più ch’io non voglio dire, intendi ed odi,

La luce distinguendo in questo modi.

 

(Cecco D’Ascoli, L’Acerba)

 

 

 

 

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