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…E io ritornavo a vivere.
Altrimenti questo mondo incoronato di spine, inchiodato al centro
dell’universo, lo avrei vissuto come un dolore senza senso.
Senza la poesia, come avrei potuto pregare?
La poesia è il mio vero modo di pregare.
Senza il sentimento dell’Eternità, come avrei potuto scrivere?
Questo presentimento è sempre stato di casa nella mia anima.
Se in certi giorni il pensiero della morte mi sembrava lontano, verso
sera è quasi sempre ritornato.
Se ho mai provato la tentazione di togliermi la vita?
E chi può dire di non averci mai pensato!
Cristianamente condanno il suicidio, anche se la grandezza d’animo
di Catone non va confusa con la disperazione di Pier della Vigna.
Ma durante…tutti questi anni, in alcuni momenti, con un sospiro
avrei reso l’anima a Dio, se non fosse stata la vitale tensione della
scrittura.
Avrei pregato il Cielo di mandarmi l’angelo della morte, non fosse
stato il pensiero della coscienza che il calice della vita va bevuto
sino in fondo, come Cristo insegna, per quanto amara possa essere
l’umana esistenza, perché Dio vuole che la si accetti e a ciascuno
chiederà conto finanche dell’ultima goccia.
Allora va bene l’amarezza, ma non una vita meschina: questa non
l’avrei mai accettata!
Ogni notte mi specchio in questo astrolabio e ogni volta mi sembra
di vedere un’altra crepa nella mente e nel cuore.
Le rughe significano malinconia, secondo quel che scrive Averoìs.
Per l’uomo dovrebbe essere una dolcezza invecchiare, ma nella
propria città, tra le mura domestiche, circondato dall’amore dei
familiari e, se c’è merito, dalla venerazione degli amici.
E addormentarsi così nel seno (dell’altrui terra) della propria terra,
dopo avere ben vissuto.
Io invece mi sono incamminato per la vecchiaia a passi stanchi d’
esilio, e mi mortifica anche solo l’idea di inebetire al punto di
ritrovarmi domani a dipendere dagli altri, come un bambino povero.
Magari a rosicchiare le croste di pane dei figli, chissà in quale ospizio,
magari lontano anche da Ravenna, città che almeno ispira il sentimento
di una serena vecchiaia, con le sue rughe profonde mille anni.
(Enzo Fontana, Tra la perduta gente)