DIALOGHI

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Dialoghi con Pietro Autier &

Dialoghi con Pietro Autier 2

 

 

dialoghi (3)

 






– Lei dice che anche la medicina non serve.

– Sì. Serve solo per lo studio delle malattie, come manifesta-

zione della natura, non per la loro cura.

Non è la malattia che va curata, ma la sua causa.

Eliminate la causa principale, il lavoro fisico, e non ci saran-

no più malattie.

Non accetto la scienza che cerca solo rimedi,

 dissi eccitato.

Scienze e arti, se sono autentiche, tendono non al transitorio e

al particolare, ma all’eterno e all’universale, cercano la verità,

il senso della vita, cercano Dio, ma quando le si utilizza per le

necessità quotidiane, per gli ambulatori o le biblioteche distret-

tuali, complicano, intralciano la vita.

Abbiamo molti medici, farmacisti, giuristi, molta gente che

sa leggere e scrivere, ma ben pochi biologi, matematici, filoso-

fi, poeti.

Tutta l’intelligenza, tutte le energie spirituali vengono spese

per la soddisfazione di bisogni effimeri, contingenti. Grazie all’-

intenso lavoro di scienziati, scrittori, artisti, le condizioni di vi-

ta migliorano di giorno in giorno, le comodità si moltiplicano,

ma siamo molto lontani dalla verità, l’uomo come prima rima-

ne l’animale più rapace e depravato, e tutta l’umanità sta per

lo più andando nella perdita di ogni valore spirituale.

In queste condizioni l’esistenza di un artista non ha senso:

quanto maggiore è il suo talento, tanto più strano, incompren-

sibile il suo ruolo, dato che, alla prova dei fatti, finisce per lavo-

rare per lo svago proprio di quell’animale rapace e depravato,

consolidando l’ordine esistente.

Perciò io non voglio lavorare e non lavorerò…

Non c’è bisogno di nulla, e che la terra sprofondi all’inferno!


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…. C’era una quantità di stelle cadenti.

Zenja camminava al mio fianco, cercando di non guardare il cielo,

per non vedere le stelle cadenti, che, chissà perché, le facevano

paura.

Io credo che lei abbia ragione, disse, rabbrividendo per l’umidità

notturna.

Se gli uomini, tutti insieme, potessero dedicarsi alle cose dello spi-

rito, ben presto saprebbero tutto.

Certo. Siamo esseri superiori, e se davvero riuscissimo a valoriz-

zare tutta la forza del genio umano, a dedicare la nostra vita solo

a nobili mete, alla fine diventeremmo come Dèi.

Ma questo non avverrà mai: l’umanità andrà sempre più degene-

rando e del suo genio non rimarrà traccia.

Quando il portone scomparve dalla vista, Zenia si fermò e mi strin-

se frettolosamente la mano.

– Buona notte, mi disse,… tremando dal freddo….

(Anton Cechov, La casa col mezzanino; racconti)




 

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