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Nel museo di Istra mi sono fermato davanti a un grande quadro del Seicento.
Rappresenta una scena curiosa: si vede un duro boiardo con abiti di velluto
d’oro che, circondato dai servi, esce dalla ricca casa; uno straccione lo
avvicina con aria allucinata, e gli mostra un pezzo di carne corrotta dai vermi.
Spiega la guida:
– L’uomo dalla tunica a brandelli sta dicendo al signore:’Siete voi che sfruttate
la povera gente.
Al tempo degli zar, solo ai matti era concesso di dire tutto quello che volevano’.
Al tempo degli zar certe cose, rispetto all’Europa, accadevano con ritardo,
rispetto all’Urss, avvenivano con anticipo.
L’arte della stampa, ad esempio, arrivò cento anni dopo la prima Bibbia pubblicata
da Gutemberg; la prima commedia messa in scena su un vero palcoscenico,
in un vero teatro, fu rappresentata mezzo secolo dopo la morte di Shakespeare,
ed ebbe un unico spettatore: l’imperatore Alessio.
Invece la censura, la polizia segreta, l’esilio e i lavori forzati sono passati in
eredità dai Romanov ai Soviet, senza alcuna interruzione.
Già prima dell’attuale Glavlit che decide che cosa può essere letto dai cittadini,
e che cosa va proibito, esisteva un ufficio della cancelleria privata del sovrano,
la Sezione III, che falcidiava i manoscritti.
Da un libro di fisica per le scuole fu tolta l’espressione ‘forze della materia’
perché considerata una prova di ateismo; da un ricettario eliminata la frase
‘l’aria libera è necessaria per cucinare’, perché pareva nascondesse intenzioni
sovversive; un alunno delle muse fu severamente redarguito perché
dichiarava di adorare una donna ‘sopra ogni cosa al mondo’, sentimento che
doveva essere riservato soltanto a Dio e al Trono.
C’era già anche il Samizdat, circolava la letteratura vietata: gli scrittori o
i musicisti non disponendo ancora del ciclostile e delle fotocopie, leggevano
o eseguivano le loro opere in privato.
Credo che la libertà di pensiero e il diritto di critica non abbia fatto enormi
progressi.
Nel poema di Evtusenko, La centrale idroeletrrica di Bratsk, si legge:
‘Il controllo delle coscienze è più importante di quello dei corpi’,
e anche se la rigida opinione è attribuita alle guardie dei faraoni, è onesto
ammettere che neppure quelle del KGB hanno, in materia, concezioni
tanto diverse.
Nel racconto L’operazione di Viktor Slavkin, si narra di un poeta che, per
contribuire alla campagna per l’economia della carta, scrive i suoi versi sulla
propria pelle, ma la censura interviene, e i tagli, si capisce, sono quanto
mai dolorosi.
La condizione dell’intellettuale ha sempre comportato i suoi rischi; il delitto
ideologico conduceva, una volta, alla Fortezza di Pietro e Paolo, o in
Siberia; in seguito la Lubjanka e i campi di concentramento accolsero gli
eretici.
Dostojevskij fu condannato a morte per avere letto pubblicamente un testo
ritenuto sovversivo: all’ultimo momento, i soldati abbassarono i fucili, e
la sentenza venne tramutata in una condanna alla deportazione.
Diceva di lui Lenin:
‘E’ ripugnante’.
E Stalin, a Milovan Gilas:
‘E’ un grande romanziere e un grande reazionario. Guasta la gioventù’.
Turgenjev, inventore della parola e della figura del nichilista, è costretto
a espatriare.
Puskin muore in un duello provocato per ordine del despota: nei suoi versi
ha esaltato anche la libertà.
Scompare, sempre trafitto da una spada, anche Lermontov, autore dell’allusivo
‘Un eroe del nostro tempo’.
Cechov attraversa tutta la Russia per andare a scrivere la cronaca della vita
degli esiliati nella tajga.
Tolstoj predica una forma di anarchismo cristiano universale, si batte contro
i metodi del governo, respinge i vantaggi e i pregiudizi della sua classe….
(Enzo Biagi, Russia)