SOGNI (5)

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Oh, fosse un lungo sogno questo mio tempo

giovanile! Se più non mi destassi finché il raggio

di un’Eternità non mi recasse il mattino!

Foss’anche un sogno pieno d’affanni,

pur sempre più l’amerei che quest’oscuro

mio vivere diurno: e per uno, poi, il cui cuore

sempre fu invece, su questa terra di gelo,

e fin dal suo nascere, ardente groviglio e caos!

 

Ma pur se un tal sogno d’eterna durata –

come per me fanciullo furono i sogni –

ancora mi fosse concesso – ora follia

sarebbe sperare in un più alto cielo!

Giacché io mi beai, mentre splendeva a me il sole

in estivi cieli, di sogni di vivada luce

e, incurante, lasciai che il mio cuore vagasse

nelle remote regioni del mio immaginare –

lontano, con strani esseri foggiati

dal pensiero. – Che altro avrei visto, altrimenti?

 

Fu solo una volta, e mai più svanita da me

quell’attimo indicibile – fu per magia

che m’aveva avvinto – e un gelido vento

m’investì nella notte – e m’impresse, ritirandosi,

la sua immagine. – O fu la luna, che si posò

sul mio sonno dal suo alto meriggio? Troppo fredda,

fredda. – O le stelle? Come che fosse, fu il sogno

simile a quel vento notturno. – Ma non più, ora.

 

Fui felice allora – benché solo in un sogno.

Fui felice allora – e ora m’è caro indugiarvi.

Sogni! Coi loro vividi colori di vita –

come in quell’umbratile, nebuloso contrastare

fra realtà e parvenze, che all’occhio delirante

più dilettose immagini arreca d’amore e paradiso

– e tutte nostre! – che non quelle che la giovane

speranza conobbe nella sua ora più solare.

(E.A. Poe)

 

 

  

 

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