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Mentre lo scrutavo così minutamente, a metà fingendo
di guardare la tempesta dalla finestra, egli non avvertì
mai la mia presenza né mai si disturbò a gettarmi anche
solo un’occhiata; appariva interamente assorto a contare
le pagine del libro meraviglioso.
Considerando con quanta socievolezza avevamo dormito
insieme la notte precedente, e, specialmente, ricordando il
braccio affettuoso che avevo trovato steso su di me al risve-
glio la mattina dopo, trovai molto strana questa sua indiffe-
renza.
Ma i selvaggi sono bizzarre creature; a volte non sapete bene
come prenderli. In primo luogo intimidiscono; la loro calma
e semplice sicurezza sembra saggezza socratica.
Avevo anche notato che Queequeg aveva familiarizzato ben
poco con gli altri marinai della locanda.
Non faceva approcci di nessun genere; non pareva che avesse
desiderio di allargare la cerchia delle sue conoscenze. Tutto ciò
mi colpì come particolarmente singolare; eppure, a ripensarci,
v’era qualcosa di sublime in questo.
Ecco qui un uomo lontano da casa qualcosa come ventimiglia
miglia, per la via del Capo Horn, l’unica cioè praticabile, piom-
bato fra gente altrettanto estranea per lui che se fosse su Giove,
che, pure, sembra interamente a proprio agio, e conserva la più
olimpica serenità, contento dei compagni, sempre coerente con
se stesso.
Certamente questo era un tocco di nobile filosofia, anche se
di questa cosa non aveva certo mai udito parlare.
Ma, forse, per essere veri filosofi, noi mortali non dovremmo
essere consci di vivere e lottare per divenirlo. Non appena io
sento che il tale o il tal altro si fa passare per filosofo, concludo
che, come la vecchia dispeptica, egli dev’essersi ‘rotto il digesti-
vo’.
….Se ne stava là seduto; la sua completa indifferenza rivelava
una natura che non celava civilizzate ipocrisie né ingannevoli
dolcezze.
Selvatico, era; un autentico spettacolo tra gli spettacoli, a….
vedersi…..
(Melville, Moby Dick)