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Vorrei sollevare la questione se la differenza tra lo sciamano
e il santo non possa riferirsi al rapporto con l’anima, vale a
dire che il potere dello sciamano viene dall’accettazione del
principio dell’anima quale spirito del suo métier, mentre il
santo esclude rigidamente l’anima, sebbene entrambi siano
di fatto determinati da essa.
E non è forse lo sforzo di escludere il rapporto con l’anima
che costringe il santo nel suo atteggiamento di isolato
assolutismo, laddove lo sciamano, il cui métier affonda
le radici nel rapporto con l’anima, è essenzialmente un
personaggio sociale e relazionale?
Queste parole pongono l’intera questione nella giusta luce.
Il santo è un prodotto della differenziazione sociale e civilizzata,
mentre lo stregone è un prodotto della natura.
Il dottor Baynes lo attribuisce all’anima, ma l’anima è natura,
e lo stregone primitivo è avviluppato dall’inconscio, ne è parte,
l’inconscio funziona per suo tramite.
Mentre il santo si innalza al di sopra dell’incoscio, respinge l’
incoscio. Questo è il modo in cui è possibile esprimere questo
concetto, ma naturalmente si può andare oltre e affermare che
il santo risponde pienamente all’incoscio.
E’ paradossale, ma questa è la natura dell’incoscio.
Da un lato l’incoscio non è altro che natura, e dall’altro è il
superamento della natura; è un ‘sì’ e un ‘no’ in sé, è due cose
in una. E’ per questo motivo che non capiremo mai che cosa
sia davvero l’incoscio, così come non capiremo mai che cosa
sia il mondo, perché ‘è’ e ‘non è’.
L’essere giunti a una tale antinomia denota che abbiamo raggiunto
il limite estremo delle nostre facoltà di ragionamento. Stiamo
battendo la testa contro un muro, ma il muro non cederà, per
quanto forte ci possiamo provare.
Questa è l’antinomia della ragion pura: si arriva al punto in cui
si deve dire: ‘è’ e ‘non è’.
Perciò il santo è una produzione dell’incoscio pur essendone
il superamento.
E’ possibile vederlo molto chiaramente nella psicologia del
santo buddhista; ogni sua parola e ogni sua azione sono un
superamento dell’inconscio, un superamento dell’illusione.
L’inconscio è illusione ed egli è in uno stato che va oltre l’
illusione.
Anche il santo cristiano sottomette l’incoscio e lo supera; ai
suoi occhi l’inconscio è il diavolo ed egli vince il diavolo.
Mentre lo stregone primitivo è, essenzialmente, il potere
dell’illusione, egli stesso è nel contempo oggetto del potere
dell’immaginazione e dell’illusione ed è creato per addentrarvisi.
Pertanto la maggior parte degli sciamani primitivi sono una
sorta di medium; cadono in uno stato di trance e vi si compenetrano,
il che significa, naturalmente, la totale sconfitta dell’individualità
umana in rapporto al potere dell’incoscio.
Ma è pur vero che anche il santo, incosciamente, è pressoché
costretto dall’inconscio. Quando sapete ciò che il santo veramente
cerca e analizzate con attenzione il simbolismo nel quale egli
crede, vedrete che si tratta nuovamente dell’incoscio che cerca
di superare se stesso.
(C. G. Jung, Visioni)