19 NOVEMBRE 1930

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19 novembre 1930

 

 

E’ possibile osservare questo fenomeno sotto un’altra forma nell’

analisi dei sogni delle persone indiscutibilmente folli.

Vidi un caso di questo genere, in una donna cui mi imbattei

casualmente, una donna che era stata internata per vent’anni.

Mi raccontò spontaneamente i suoi sogni e io mi limitai a

trascriverne tutta la serie.

Quei sogni presentavano uno sviluppo assolutamente ritmico.

Diciamo, per esempio, un sogno che parlasse di distruzione,

una specie di sogni invernale, ove il mondo era svuotato ed

ella era quasi inesistente.

Poi inizia la primavera (la paziente convinta di strani poteri

che in realtà non gli appartengono..) si presenta qualche simbolo

positivo, magari sorge il sole, e i sogni assumono un aspetto

quasi piacevole, qualcosa che si avverte immediatamente come

vivo, positivo, al punto da far pensare: ‘Ah, ecco ci siamo’.

E allora eccolo che arriva, un magnifico simbolo di individuazione

o di rinascita.

Si pensa: ‘Adesso non può fare a meno di vederlo’.

Ma ella non lo vede, non può afferrarlo, e quello passa via come

una sorta di miracolo, una piacevole visione che accade non so

dove, su un’altra stella (ed ella è convinta che sia la sua stella)

…ma non ne viene toccata.

Il pilastro della vita le passa accanto e quindi ritorna l’inverno, 

la distruzione di tutto; è un ciclo regolare.

Se avesse potuto afferrarlo sarebbe stata salva, ma aveva perso

le mani, non poteva afferrarlo, e così l’opportunità è svanita. 

Anche se lei crea simmetriche opportunità, quella reale è

svanita. 

Come uno storpio che attende sulla riva dell’acqua risanatrice:

non sarà mai guarito perché non è in grado di tuffarcisi dentro.

Tutto ciò che può fare, è adoperare espedienti artificiosi, ma

l’anima che cercava è svanita.

Nella fase autunnale del ciclo l’inconscio sembra dedito alla

distruzione, ogni cosa viene dissolta, ogni cosa affonda, così

che si è indotti a concludere che la tendenza dell’inconscio sia

quella di riportare tutto allo stato elementare e che in ciò non

ci sia alcuna sintesi.

Nella fase primaverile del ciclo, invece, si perviene a una

conclusione totalmente diversa. Lì si vede che l’inconscio

vuole la sintesi: ogni cosa viene ricostruita e in ciò non vi

nulla di distruttivo.

E’ come se non ci fosse mai stata la volontà di distruggere.

Vedete perciò che tutto dipende dal momento in cui si osserva

l’inconscio.

In un certo momento è negativo, in un altro è positivo, e

contraddittorio in sé.

Altrimenti non vivrebbe, non si muoverebbe.

E questa contraddizione si spinge fino all’idea di non-esistenza

esistente. Il concetto buddhista di ‘nirvana’ è non-esistente esistenza,

o una esistente non-esistenza; non è semplicemente un nulla.

Il ‘nirvana’ è un non-essere positivo, e l’inconscio è esattamente

questo, un ‘sì’ e un ‘no’.

Distrugge se stesso sino al nulla assoluto e dal nulla crea

nuovamente se stesso.

Questo è l’atteggiamento degli Dèi.

Che Dio abbia creato se stesso e il mondo dal nulla è la concezione

cristiana.

(C. G. Jung, Visioni)

 

 

19 novembre 1930

 

19 NOVEMBRE 1930

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19 novembre 1930

 

 

Vorrei sollevare la questione se la differenza tra lo sciamano

e il santo non possa riferirsi al rapporto con l’anima, vale a

dire che il potere dello sciamano viene dall’accettazione del

principio dell’anima quale spirito del suo métier, mentre il

santo esclude rigidamente l’anima, sebbene entrambi siano

di fatto determinati da essa.

E non è forse lo sforzo di escludere il rapporto con l’anima

che costringe il santo nel suo atteggiamento di isolato

assolutismo, laddove lo sciamano, il cui métier affonda 

le radici nel rapporto con l’anima, è essenzialmente un

personaggio sociale e relazionale?

 

19 novembre 1930

 

Queste parole pongono l’intera questione nella giusta luce.

Il santo è un prodotto della differenziazione sociale e civilizzata,

mentre lo stregone è un prodotto della natura.

Il dottor Baynes lo attribuisce all’anima, ma l’anima è natura,

e lo stregone primitivo è avviluppato dall’inconscio, ne è parte,

l’inconscio funziona per suo tramite.

Mentre il santo si innalza al di sopra dell’incoscio, respinge l’

incoscio. Questo è il modo in cui è possibile esprimere questo

concetto, ma naturalmente si può andare oltre e affermare che

il santo risponde pienamente all’incoscio.

E’ paradossale, ma questa è la natura dell’incoscio.

Da un lato l’incoscio non è altro che natura, e dall’altro è il 

superamento della natura; è un ‘sì’ e un ‘no’ in sé, è due cose

in una. E’ per questo motivo che non capiremo mai che cosa

sia davvero l’incoscio, così come non capiremo mai che cosa

sia il mondo, perché ‘è’ e ‘non è’.

L’essere giunti a una tale antinomia denota che abbiamo raggiunto

il limite estremo delle nostre facoltà di ragionamento. Stiamo

battendo la testa contro un muro, ma il muro non cederà, per

quanto forte ci possiamo provare.

Questa è l’antinomia della ragion pura: si arriva al punto in cui

si deve dire: ‘è’ e ‘non è’.

Perciò il santo è una produzione dell’incoscio pur essendone

il superamento.

E’ possibile vederlo molto chiaramente nella psicologia del 

santo buddhista; ogni sua parola e ogni sua azione sono un

superamento dell’inconscio, un superamento dell’illusione. 

L’inconscio è illusione ed egli è in uno stato che va oltre l’

illusione.

Anche il santo cristiano sottomette l’incoscio e lo supera; ai

suoi occhi l’inconscio è il diavolo ed egli vince il diavolo.

Mentre lo stregone primitivo è, essenzialmente, il potere

dell’illusione, egli stesso è nel contempo oggetto del potere

dell’immaginazione e dell’illusione ed è creato per addentrarvisi.

Pertanto la maggior parte degli sciamani primitivi sono una

sorta di medium; cadono in uno stato di trance e vi si compenetrano,

il che significa, naturalmente, la totale sconfitta dell’individualità

umana in rapporto al potere dell’incoscio.

Ma è pur vero che anche il santo, incosciamente, è pressoché 

costretto dall’inconscio. Quando sapete ciò che il santo veramente

cerca e analizzate con attenzione il simbolismo nel quale egli 

crede, vedrete che si tratta nuovamente dell’incoscio che cerca

di superare se stesso.

(C. G. Jung, Visioni)

 

 

19 novembre 1930