PIONIERI e NATIVI: la terra trasformata (24)

Precedenti capitoli:

li ho creati io (22) &

quando la ‘lingua’ contribuisce alla vittoria (23)

Prosegue in:

pionieri e nativi: la terra trasformata (25)

 

 

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Il passaggio dal dominio indiano a quello europeo nel

New England (come in molti altri luoghi) comportò

importanti cambiamenti – ben conosciuti agli storici –

nei modi in cui questi popoli organizzarono le loro vi-

te, ma implicò anche una riorganizzazione sostanziale –

meno conosciuta dagli storici – nella comunità vegeta-

le e animale della regione.

Alle conseguenze culturali dell’invasione europea, che

gli storici a volte definiscono ‘il processo della frontiera’,

dobbiamo aggiungere anche quelle ecologiche.

Tutto era collegato da complesse relazioni che per esse-

re ben comprese richiedono gli strumenti di un ecologo

e quelli di uno storico.

La grande forza dell’uso dell’analisi ecologica, quando

si scrive di storia, consiste nella sua capacità di scopri-

re processi e cambiamenti di lungo termine che altri-

menti potrebbero restare invisibili.

E’ particolarmente utile per valutare i cambiamenti sto-

rici nei modi di produzione: in un simile approccio, l’e-

conomia diventa, in un certo senso, un sottoinsieme del-

l’ecologia.

 

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La mattina del 24 gennaio 1855, Henry Thoreau si sedette

con il proprio diario a riflettere su come Concord, la sua

terra natale, era stata modificata da più di due secoli di

colonizzazione europea.

Aveva letto da poco il libro ‘New England’s Prospect’ nel

quale il viaggiatore inglese William Wood narrava il pro-

prio soggiorno del 1633 nel New England meridionale

descrivendo il paesaggio ai lettori inglesi.

Ora Thoreau tentò di stabilire quanto il Massachusetts di

Wood fosse diverso dal suo. I cambiamenti sembravano

veramente radicali.

 

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Iniziò dai prati che, scrisse, ‘a quel tempo sembravano

crescere più rigogliosi’. Anche le fragole, se le descrizio-

ni di Wood erano precise, erano state più grosse e ab-

bondanti ‘prima che i campi coltivati non le costrin-

gessero in spazi angusti’.

Alcune arrivavano a misurare almeno tre centimetri di

diametro ed erano così numerose che se poteva racco-

gliere mezzo staio in una mattina.

Altrettanto abbondanti erano l’uva spina, i lamponi e,

in modo particolare, i ribes dei quali, pensò Thoreau,

‘così tanti scrittori del passato hanno narrato, mentre

così pochi tra i moderni ne trovano allo stato selvatico’.

Nel 1633, le foreste del New Englan erano state molto

più estese e gli alberi molto più grandi.

Sulla costa, dove gli insediamenti indiani erano stati

maggiormente vasti, i boschi erano apparsi ai primi

coloni inglesi più aperti, simili a parchi, senza sotto-

bosco e senza vegetazione cedua, così comuni invece

nella Concord del XIX secolo.

 

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Per poter ammirare una simile foresta, secondo Thoreau,

sarebbe stato necessario organizzare una spedizione fino

al Maine, dove si trovava l’unico ‘esemplare ancora esi-

stente di essa’.

Le querce, gli abeti, i prugni e i liriodendri erano comun-

que tutti, a suo dire, meno numerosi di quanto non lo fos-

sero stati ai giorni di Wood.

Nonostante la foresta fosse stata molto ridotta al suo sta-

to originario, la maggior parte delle specie degli alberi e-

rano rimaste.

Non si poteva dire lo stesso per gli abitanti del regno ani-

male. L’elenco di Thoreau delle specie scomparse era de-

solante: ‘L’orso, l’alce, il cervo, il porcospino, il leopardo

delle nevi, il lupo vorace, il castoro, e la martora’.

Non solo se ne erano andati i mammiferi terrestri; anche

il mare e l’aria sembravano più vuoti.

Un tempo si potevano catturare due o trecento esempla-

ri di pesce persico in una sola volta. La riproduzione del-

le alose era stata ‘quasi incredibile’.

Nessuno di questi pesci era ormai presente in tale abbon-

danza. Circa gli uccelli, Thoreau scrisse: ‘Le aquile sono

probabilmente meno comuni; sicuramente i piccioni i fa-

giani sono scomparsi e i tacchini.

Probabilmente allora vi erano stati più gufi, e cormorani,

e poi uccelli marini in genere, e cigni’. Se una volta Wood

poteva affermare che era possibile acquistare per cena un

cigno appena preso al prezzo di sei scellini, Thoreau non

poteva che scrivere sbigottito: ‘Pensateci!’.

 

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Vi è una sorta di malinconia in questa lista di Thoreau,

il lamento di un romantico per un mondo incorrotto di

tempi passati e ormai perduti.

Il mito di un’umanità perduta in un mondo perduto è

sempre molto presente negli scritti di Thoreau, e risul-

ta maggiormente percepibile nella sua descrizione del

paesaggio antico.

Un anno dopo il suo incontro con il New England del

1633 di William Wood, Thoreau ritornò alle sue lezio-

ni con un linguaggio più esplicitamente morale.

‘Quando penso’, scrisse ‘che qui gli animali più nobili

sono stati sterminati il puma, la pantera, la lince, il

ghiottone, il lupo, l’orso, l’alce, il cervo, il castoro, il

tacchino e altri ancora – non posso che sentirmi come

se vivessi in un paese addomesticato ed evirato rispet-

to al suo stato originario’.

(W. Cronon, La terra trasformata)

 

 

 

 

 

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PIONIERI e NATIVI: la terra trasformata (24)ultima modifica: 2013-03-13T00:00:00+01:00da giuliano106
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