GLI ETERODOSSI (2)

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eresia e ortodossia

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Dialoghi con Pietro Autier &

Dialoghi con Pietro Autier 2

 

 


 




Oggetto primo della inquisitio del giudice della fede è, anche in Italia,

il catarismo, che nel Duecento è l’haeresis per antonomasia: infatti, negli

atti inquisitoriali, i catari son detti correntemente haeretici senza altra

specificazione.


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Ma qui c’è da tener presente che, se sono relativamente numerosi i perfetti

catari, ossia coloro che erano stati ereticati mediante il consalamentum, il

cui nome ricorre negli atti dell’inquisizione, è invece estremamente esiguo

il numero delle sentenze e, più ancora, degli atti processuali istruiti contro

di essi e giunti sino a noi.

E’ nondimeno provato che il giudice della fede – seguendo la procedura

fissata nei manuali dell’ufficio – cercava anzitutto di conoscere il contenu-

to della loro fede (come avviene ancora, con atti preventivi, di censura e

controllo: siamo profondamente debitori di questa linea di pensiero, ‘inve-

stitura regale’ ereditata dal nostro passato non remoto, ed infatti ancor og-

gi i suoi echi mal si tollerano in ogni ambito della cultura, sia essa di de-

stra laica o cattolica; ne tratto nel mio libro Dialoghi con Pietro Autier.

La cultura non è esente da questa odiosa pratica, anche quando convinta

di essere nella ragione, o di godere dei principi della democrazia, nelle sue

cantine e soffitte, in realtà, si celano e celebrano ben altri processi), affin di

stabilire, se si trattava o no, di eresia.

Cito il caso di due catari fiorentini, Andrea e Pietro, catturati nel 1229 dall’-

abate Quirico di S. Miniato al Monte e condotti a Perugia, dove nella chiesa

di Monteluce, alla presenza di Gregorio IX, fecero una dettagliata abiura dei

loro errori, dai quali risulta, chiarissima, la loro appartenenza al catarismo

dualistico…..


(per i pochi e volenterosi lettori e cultori di storia e non solo, una

precisazione in disaccordo con l’autore del presente e raro volume,

la prassi dell’abiura è un procedimento con cui si raggiunge e si

prefigge il fine, con ciò si prende atto, e lo farò in seguito riportan-

do e citando altri documenti, che l’allora società medievale, su cui

si poggia per altro, oltre il nostro ordinamento giuridico anche l’-

intera eredità culturale, evitava sì il rogo, ma con la chiara premes-

sa della confisca dei beni. Ciò, tradotto in parole povere, significa-

va un’efficacissima arma in favore del potere del Vaticano, o meglio

della Chiesa, che con l’esercizio delle proprie leggi, di fatto, priva-

va il malcapitato del diritto di appartenere alla medesima società 

al pari degli altri cittadini detti ‘cristiani’, consegnandolo ad un e-

silio forzato dallo stato, regione o provincia di cittadinanaza, ‘pri-

vando’ lui quanto altri, più o meno facoltosi eretici, di poter oltre

che godere dei propri diritti ‘confiscati’ per legge, anche delle pro-

prietà, siano esse un semplice orto, siano esse più consistenti posse-

dimenti – bastava troppo poco per scendere nei sotterranei culturali

della santa Inquisizione – con essi, quindi, il lavoro, la famiglia, ed

i già citati pochi o tanti averi.

La verità più consona va cercata oltre che sui libri di storia anche

negli archivi catastali dell’epoca, ancor oggi consultabili, dove è

possibile riscontrare il patrimonio acquisito da taluni prelati e con

loro i feudatari protettori.

Pratica ancor oggi in uso, la politica ed il suo regime ha ereditato,

dalla ‘sinistra’ alla ‘destra’ là dove estende le sue pretese, questa

facoltà di creare ricchezza o al contrario… povertà! e con essa si

sottintende anche la propria dignità simmetrica al proprio dirit-

to…alla vita.).


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La presenza del dualismo assoluto in Orvieto è denunziata dalla confes-

sione del pellicciaio Stradigotto da Siena, che nel corso della inquisitio ge-

neralis degli anni 1268/69 riferì il contenuto delle prediche ascoltate dal-

la bocca degli eretici.

Da esso non differisce la dottrina di cui, in una pubblica contio, con la im-

mediatezza di un comiziante, si fa banditore di un contraddittorio con l’-

inquisitore, un anonimo eretico della Campagna, il cui ricordo ci è giunto

attraverso un exemplum.


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Gli errori invece che, verso il 1250, un eretico fiorentino confessa dinanzi 

all’inquisitore domenicale Ruggero Calcagni, riflettono alcuni aspetti dot-

trinali più concreti del catarismo e non v’è in essi alcun accenno al duali-

smo assoluto.

A volte attraverso l’inchiesta, l’inquisitore accerta persino l’appartenenza

dell’imputato a una data chiesa catara, come nel caso di quell’Albertino con-

vocato dall’inquisitore a Ferrara nel 1273, il quale era stato haereticus sectae

de Bagnolo, mentre dallo stesso processo risulta anche il famoso Armanno

Pungilupo, prima di approdare al catarismo.

Contrariamente a quanto a prima vista può sembrare, l’attenzione dell’in-

quisitore, in questi interrogatori, non era rivolta ad accertare e, meno anco-

ra, ad approfondire la natura dell’eresia o il grado di colpevolezza sogget-

tiva dell’imputato.


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A lui interessava soprattutto la natura dei suoi beni, e di conseguenza ve-

rificare, in base a dati esteriori, quali l’ascolto di prediche, la pubblica pro-

fessione di dottrine, atti cultuali e ‘culturali’ e contatti ritenuti ‘sospetti’, se

v’era stata una manifesta adesione all’eresia, e di entrare in possesso del

maggior numero possibile di elementi atti a metterlo sulle tracce di altri e-

ventuali eretici o di loro aderenti.

Insomma, l’inquisitore è un giudice (di chiesa), non un confessore e nep-

pure un teologo. Oggetto del suo intervento è il foro esterno.

Qualche volta, prima ancora che l’inquisitore si mettesse sulle tracce de-

gli infamati di eresia, questi venivano colpiti da gravi pene. Capita così 

con i 67 imputati, probabilmente credenti , che nel 1269 si erano rifugiati

nel regno di ……….  e contro i quali, insieme al mandato di cattura, viene

ordinato l’immediato sequestro dei beni (come già detto..).

(……..)


 

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GLI ETERODOSSI (2)ultima modifica: 2012-11-20T00:00:00+01:00da giuliano106
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