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dialoghi con Pietro Autier 2 &
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-Ah! Ma i buoni dottori a cui fai illusione non sono forse coloro
che comandano la tua setta? E’ questo che volevi intendere quando
parlavi dei buoni dottori? E’ a questi perversi mentitori che si
ritengono gli unici successori degli apostoli che ti rifai per
riconoscere i tuoi articoli di fede? Tu insinui che io credo a ciò
che loro credono, allora mi crederai, altrimenti crederai solo a loro!’
– Non ho detto questo, signore,
balbettò il cellario,
– Voi me lo fate dire. Io credo a voi, se voi mi insegnate ciò che
è bene.
– Oh protervia!
gridò Bernardo battendo il pugno sul tavolo.
– Ripeti a memoria con bieca determinazione il formulario che
si insegna nella tua setta. Tu dici che mi crederai solo se predichi
ciò che la tua setta ritiene sia il bene. Così hanno sempre risposto
gli pseudo-apostoli ora tu rispondi, forse senza avvedertene,
perché riaffiorano alle tue labbra le frasi che un tempo ti furono
insegnate onde ingannare gli inquisitori. Ed è così che stai
accusandoti con le tue stesse parole, e io cadrei nella tua trappola
solo se non avessi una lunga esperienza di inquisizione…
Ma veniamo alla vera questione, uomo perverso. Hai mai
inteso parlare di Gherardo Segalelli da Parma?
– Ne ho inteso parlare,
disse il cellario impallidendo, se mai si fosse potuto ancora
parlare di pallore per quel viso disfatto.
– Hai mai inteso parlare di fra Dolcino da Novara?
– Ne ho inteso parlare.
– Lo hai mai visto di persona, hai conversato con lui?
Il cellario stette qualche istante in silenzio, come per valutare
sino a che punto gli fosse convenuto dire una parte della
verità. Poi si decise, e con un filo di voce:
– L’ho visto e gli ho parlato.
– Più forte!
gridò Bernardo,
– Che finalmente si possa udire una parola vera scendere dalle
tue labba! Quando gli hai parlato?
– Signore,
disse il cellario,
– Ero frate in un convento del novarese quando la gente di Dolcino
si radunò da quelle parti, e passarono anche presso il mio convento,
e al principio non si sapeva bene chi fossero….
– Tu menti! Come poteva un francescano di Varagine essere in
un convento del novarese? Tu non eri in convento, tu facevi già
parte di una banda di fraticelli che percorrevano quelle terre
vivendo di elemosine e ti sei unito ai dolciniani!
– Come potete affermare questo, signore?
disse tremando il cellario.
– Ti dirò come posso, anzi devo, affermarlo,
disse Bernardo, e ordinò che fosse fatto entrare Salvatore.
La vista dello sciagurato, che certamente aveva passato la notte
in un interrogatorio non pubblico e più severo, mi mosse a
pietà. Il volto di Salvatore, l’ho detto, era di solito orribile.
Ma quel mattino sembrava ancor più simile a quello di un
animale…..
(U. Eco, Il nome della rosa)