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dialoghi con Pietro Autier 2 &
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(1 novembre 1299)
Pietro da Monte Ombraro in diocesi di Modena, prigioniero,
fu condotto e comparve in giudizio alla presenza di fra Gui-
do di Vicenza, nominato dalla sede apostolica inquisitore
dell’eretica pravità nella provincia di Lombardia e della Mar-
ca Genovese, e abiurò ogni eresia, fede e credenza negli ereti-
ci; giurò i precetti della santa Chiesa di Roma e dell’inquisito-
re e di dire la pura e semplice verità sia di sé sia degli altri, vi-
vi e defunti, che peccano o hanno peccato nel crimine di ere-
sia o in relazione a tale crimine.
Richiesto se mai sia stato interrogato da alcun inquisitore o
suo vicario, rispose di sì, cioè da fra Leone da Parma, vicario
del suddetto inquisitore, e giurò dinnanzi a lui i precetti del-
la Chiesa e di dire la verità.
Interrogato, rispose che sono passati cinque anni da quando
lasciò suo padre ed i suoi parenti a un certo Bonavita di Firen-
ze, che si definiva povero di Cristo e minimo, gli parlò dicendo
che doveva vendere tutto ciò che possedeva e darlo ai poveri.
Dice poi che Bonavita ed i suoi compagni additavano come
esempio e lodavano Gerardo Segarelli di Parma, affermando
che era un uomo buono e santo.
Richiesto se abbia udito da costoro, che si dicono e si fanno
chiamare poveri di Cristo o minimi o apostoli, che toccare
un uomo o una donna e palparli nudi, in assenza di matri-
monio, si può fare senza commettere peccato, anche se ciò
avviene per le parti intime, a meno che non vi sia il rischio
di infermità o se ne sia costretti, rispose che affettivamen-
te sentì dire da costoro che palpeggiamenti di tal genere
possono avvenire e farsi senza ombra di peccato.
Richiesto dei loro nomi, rispose di non conoscerli.
Richiesto se creda a ciò, rispose di no; anzi afferma di ri-
tenere che tali palpeggiamenti impudichi siano peccami-
nosi.
Richiesto quale vita conduca, in che condizione si trovi
e come si sostenti, rispose che si fa chiamare povero di
Cristo.
Richiesto se ritenga che costoro, che si dicono poveri, si
trovino nella via della salvezza, pur non lavorando e
andando a mendicare, non rispose direttamente; affer-
mava tuttavia che, a suo parere, erano uomini buoni.
Richiesto su dove dimori e dove sia ospitato, rispose nel-
la casa di Tealdo, nell’ospedale e in luoghi diversi, senza
avere una fissa dimora, e dichiara che talvolta ha canta-
to : ‘il regno dei cieli è vicino’.
(Redatto in Modena nella sede dell’Ufficio dell’Inquisizione
Romana, alla presenza di fra Tomasino lettore e fra Oddolino
de Pelegrinis, entrambi di Modena, e fra Francesco di Bologna,
dell’ordine dei frati Predicatori, convocati perché fungessero
da testimoni.
Io Alberto figlio di Carbone, notaio imperiale e dell’inquisito-
re, ho scritto e redatto in forma pubblica quanto sopra ripor-
tato per ordine del suddetto inquisitore.)