Precedenti capitoli:
Da:
Arrivato a mezzo del cammino della vita, mi sedetti per riposare e riflettere.
Tutto ciò che avevo audacemente desiderato e sognato, l’avevo avuto.
Sazio di vergogna e d’onore, di gioia e di sofferenza, mi domandai:
– E dopo?
Tutto si ripeteva con monotonia esasperante, tutto si somigliava, tutto
ritornava.
I vecchi avevano detto:
– L’Universo non ha più segreti: abbiamo trovato la soluzione di tutti gli
enigmi, abbiamo risolto tutti i problemi. Abbiamo visto con lo spettroscopio
che il Sole è privo di ossigeno, il che non gl’impedisce di bruciare così bene
come l’antimonio nel cloro, o il rame nello zolfo.
– Abbiamo disegnato i canali di Marte, che somigliano spiacevolmente alle
immagini delle meteoriti di Widmannstatten e tuttavia è solo da poco che
sappiamo qual sia l’aspetto dell’interno dell’Africa, e non conosciamo ancora
né il Borneo né i mari polari.
(….) Poi un giorno durante i miei esperimenti il cianogeno, il generatore
del blu, nato dal sale giallo, cominciava a svilupparsi, la combinazione
più innocente di tutte, dove il carbonio puro ha stretto con l’inerte azoto
un’alleanza terribile e senza uguali, che ha obbligato la scienza ad
ammettere la propria ignoranza sulla natura di questo miracolo.
I vapori uscirono dal recipiente e presto mi strinsero alla gola come la
difterite o i miasmi non ossigenati d’un cadavere.
I muscoli del braccio cominciavano a paralizzarsi e provavo fitte nel
midollo spinale. Interruppi l’operazione quando cominciò a sprigionarsi
l’odore di mandorle amare; senza sapere perché mi pareva di vedere
un mandorlo in fiore nel viale d’un giardino e udii la voce d’una
vecchia che diceva:
Su! non ci credere, ragazzo.
E così non ho più creduto che il segreto dell’Universo fosse stato svelato, e
sono partito talvolta solo, talvolta in compagnia, per riflettere sul gran
disordine nel quale, nonostante tutto, finii per scoprire una coerenza
infinita.
Questo è il libro del gran disordine e della coerenza infinita.
Eccolo, il mio Universo, come io l’ho creato, e quale mi s’è mostrato.
Pellegrino, passante, se vuoi seguirmi respirerai più liberamente, perché
nel mio Universo regna il disordine, ed è questo la libertà.
Così vagavo lungo il Danubio, dove tante razze avevano vagato prima di
me, e dove Attila aveva lasciato tracce del suo passaggio.
Vicino a questo fiume
enorme, che nasce in Svezia per finire in Oriente, e va quindi in senso inverso
del Sole – e anche della Terra, il che è strano, non è vero? – vidi alcuni fiori
che nascevano lungo la strada.
Abituato all’eterna ripetizione delle cose di questo mondo, provai una viva
gioia nel trovare una pianta che non avevo mai visto prima, e cioè la
viola delle Alpi, il Cyclamen Europaeum, di cui una specie coltivata,
il Persicum, si trova da dieci anni presso tutti i fiorai.
Fui ripreso dal vecchio impulso di classificare e sistemare, e, sradicare la
pianta, sezionai il fiore e contai cinque stami e un pistillo. Questo non mi
diceva molto, perché a questa classe, alla stessa categoria, appartengono
le specie più disparate, come il Convolvolus, il Solanum, la Scrofularia, e
il Polemonium.
La prima impressione era stata quella della violetta.
Le foglie, i fiori, il profumo, il modo di spuntare dalla terra, tutto faceva
pensare alla violetta, ma non era una violetta.
La radice, col suo disco tondo, ricorda in modo impressionante l’Aristolo-
chia Rotunda, ma non lo è. Per un momento, stavo per classificarla fra le
raffinate orchidee, dal fiore grazioso simile a una farfalla.
Quando guardavo l’Asarum che fioriva nei pressi, sotto i noccioli, ero cer-
to che il mio ciclamino fosse un Asarum, tanto più che quest’ultimo è della
stessa famiglia dell’Aristolochia, e inoltre possiede le stesse proprietà
medicinali del ciclamino: la radice di tutt’e due è lassativa ed emetica.
(A. Strindberg, Inferno)