ERESIA E ORTODOSSIA

Prosegue in:

Dialoghi con Pietro Autier &

Dialoghi con Pietro Autier 2


 

eresia e ortodossia: una chiave di lettura





 


La determinazione storica si presenta ancora e soltanto come

transuente, materia di un’analisi sociologica, nella misura in

cui l’eresia, nella sua dimensione sociale, è rottura della

comunità di fede fondata sul consensus.

Laddove per ‘uno‘, l’eresia è innanzitutto esplicitazione di un

fondamentale dualismo della concezione cristiana, ed è, e ri-

mane, un problema squisitamente religioso, se non addirittura

teologico; per l’altro il cammino dell’eresia diviene l’applicazio-

ne, lungo i secoli del precetto evangelico, la riappropriazione

della parola originaria aldilà dei condizionamenti, delle medi-

azioni e delle contraddizioni che lo sviluppo e l’assetto della

società le impongono.

Se per ‘uno’ l’ortodossia stessa è una realtà in fieri, a cui il pen-

siero eterodosso è stimulus teologico; per l‘altro il rapporto è

tra gli eretici e la chiesa in quanto istituzione: è un rapporto su-

bordinato alle condizioni politiche e sociali, articolato alle vi-

cende del momento storico determinato.

Individuare il rapporto tra ortodossia ed eterodossia-eresia come

non storicamente definito, ma come frutto di un processo che

investe immediatamente il costituirsi della chiesa lungo i seco-

li, fino al passaggio del pauperismo evangelico all’ambito eretica-

le.

Ma allora nella misura in cui il contenuto dottrinale dell’eresia

è indicato come sostanzialmente ortodosso – o, almeno, di per sé

accettabile dalla chiesa – emerge con particolare vivezza un al-

tro elemento che le ricerche di nascita dell’eresia tendono a pre-

sentare in maniera tendezialmente subalterna: la questione del-

la pertinacia.

Dove questa non è l’assunzione totalizzante di una verità par-

ziale, né tanto meno l’atto individuale di insofferenza e rottura

nei confronti delle strutture, sociali religiose culturali, quanto

piuttosto il momento in cui la dottrina consuma un’impossibili-

tà di composizione nella realtà degli uomini, delle loro vicende

e delle loro rappresentazioni.

L’eresia può diventare, all’occhio dello storico, lo spiraglio attra-

verso il quale egli viene messo in grado di cogliere le forme e gli

aspetti…della società medievale e non, e proprio di quegli strati

che meno hanno possibilità, anche per la loro incapacità d’espri-

mersi, di far conoscere le proprie esigenze, i disagi, le fratture

che li lacerano o li turbano.

Concludendo.

Perché la chiesa per secoli ha posto barriere culturali e non, in

ambito di medesimi stili di vita, ad esempio tra gli adepti della

povertà volontaria durante il medioevo, trattandoli in maniera

così diversa, condannando gli uni come eretici, canonizzando

gli altri, dopo averli circonfusi di un alone di santità?

La relatività del concetto di eresie vi ha incontestabilmente

giocato un ruolo preminente.

Un’ideologia era infatti ritenuta eterodossa non tanto in funzio-

ne della sua sostanza, quanto piuttosto dell’epoca e delle circo-

stanze in cui propugnata. In certe condizioni, attirava la folgo-

re sul capo dei suoi fautori; in altre, non provocava la benché

minima reazione.

Questa tesi è del tutto confermata dalla storia del movimento

pauperistico. Perché la chiesa non ha mai condannato il precet-

to evangelico, ad esempio, della povertà volontaria. Anzi è

sempre stata benevola verso coloro che la professavano, ma so-

lo quando l’applicavano individualmente, senza farne oggetto

di propoganda tra le masse.

Ne è la miglior prova la canonizzazione di un gran numero di

eremiti. Ma il problema cambiava aspetto dal momento in cui

questi principi cominciavano a essere diffusi tra i fedeli. Allora

il precetto della povertà volontaria cessava di essere la questio-

ne personale di uno o di un altro individuo, per divenire un

problema sociale che poteva assumere implicazioni politiche. 

Questa semplice osservazione ci consente di comprendere qua-

li fossero i criteri che guidavano il papato allorché giudicava

ortodosse alcune opinioni e invece eretiche altre, di contenuto

quasi identico….

Il più essenziale di tutti i criteri era senza dubbio quello dell’-

obbedienza verso le autorità ecclesiastiche, questa, e non la so-

stanza delle idee professate decideva – almeno per un primo

periodo – l’atteggiamento del papato nei confronti dei diffuso-

ri di novità. Di solito quindi un’incondizionata sottomissione

a Roma consentiva agli innovatori di restare fedeli all’ideolo-

gia professata, senza entrare in conflitto con la chiesa.

Al contrario, ogni rifiuto di obbedienza determinava invece la

condanna delle idee sostenute dal ribelle, proclamate quindi

eretiche

Così, la frontiera tra ortodossia ed eresia era fluttuante.

Nel periodo di formazione di ciascuna di queste ideologie, era

possibile passare dal gruppo condannato a quello tollerato dal-

la chiesa. Per questo sarebbe difficile parlare a rigor di termini

di nascita di un’eresia. Ognuna si è formata lentamente e il pro-

cesso di definizione dottrinale è stato spesso assai lungo.

Il momento cruciale, nella storia di ogni eresia, si aveva quando

i suoi fautori rifiutavano ogni obbedienza alle autorità ecclesia-

stiche.

Allora l’eresia, tagliata dal tronco dottrinale della chiesa di Roma,

cominciava a creare una propria dottrina, che solo in parte era il

frutto di ricerche originali dei capi della tendenza condannata. 

Lo studio di queste stratificazioni e delle loro connessioni è ogget-

to di ricerca per lo storico delle ideologie

(Tadeusz Manteuffel, nascita dell’eresia





6yhbn7uyh.jpg

 
  

ERESIA E ORTODOSSIAultima modifica: 2012-11-18T00:00:00+01:00da giuliano106
Reposta per primo quest’articolo