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Poiché voi siete i miei lettori, e io non sono mai stato un gran
viaggiatore, non vi parlerò di persone lontane mille miglia, ma
di coloro che vi sono vicini, come lo sono io.
E poiché il tempo è poco, tralascerò ogni cerimoniale e mi aster-
rò da ogni sottigliezza.
Pensiamo al modo in cui spendiamo le nostre vite.
Questo mondo è il mondo del BUSINESS.
Un affanno infinito!
Ogni notte il sussultare della locomotiva interrompe i miei so-
gni.
Non c’è un giorno di riposo.
Sarebbe meraviglioso vedere, anche solo per una volta, il gene-
re umano intento a fare ciò che più gli piace. Ma non c’è nient’-
altro che lavoro, lavoro, lavoro.
Non si può comprare tranquillamente un quaderno di fogli per
scriverci pensieri; ché ormai sono fatti solo per tenerci i conti.
Un irlandese, vedendomi scrivere una minuta in mezzo a un
campo, era convinto che stessi calcolando il mio salario.
Se un uomo, da bambino, si fosse azzoppato a vita dopo esser
caduto da una finestra, o fosse stato terrorizzato dagli indiani fi-
no a perdere la testa, sarebbe compianto solo per la sua capacità
di dedicarsi agli affari!
Credo che non esista niente – neppure il crimine – maggiormente
contrario alla poesia, alla filosofia e alla vita stessa che questa in-
cessante smania per il BUSINESS.
Nei pressi della nostra città vive un grossolano e turbolento ade-
pto del ‘FAR DENARO’, che è in procinto di costruire un muro di
argine lungo il confine dei suoi prati.
Le istituzioni cittadine l’hanno convinto così a tenersi lontano dai
guai, ed egli – l’affarista – vuole che spenda tre settimane, io e lui,
per seguire gli scavi.
Il risultato sarà forse che egli guadagnerà un po’ di soldi da accu-
mulare e da lasciare ai suoi eredi, affinché possano spenderli in
modo idiota.
Se accettassi il lavoro, la gente mi considererebbe un uomo indu-
strioso e un gran lavoratore; ma se scegliessi di dedicarmi ad al-
tri lavori, che offrono un reale e più concreto profitto, anche se
non in termini monetari, allora sarei visto come UN FANNUL-
LONE.
Tuttavia, dato che per darmi una regola non ho bisogno del con-
trollo di un lavoro senza senso – e del resto non vedo niente di en-
comiabile nell’impresa di quel conoscente, almeno niente di me-
glio di quanto non veda nelle imprese del nostro o dell’altrui go-
verno, per quanto divertenti si possano trovare l’uno o l’altro – eb-
bene, io preferisco affinare la mia educazione a una SCUOLA DI-
VERSA.
Se un uomo passeggia nei boschi metà di ogni giornata – per solo
il piacere di farlo – corre il rischio di essere considerato un fannul-
lone; ma se spende l’intera giornata come UNO SPECULATORE,
tagliando quegli stessi alberi e spogliando la terra prima del tem-
po (O AD UCCIDERE BAMBINI PER POI ESSERE UCCISO DA
LORO PER IL DOVERE CHE CHIAMANO …GUERRA…), allora E’
CONSIDERATO UN CITTADINO INDUSTRIOSO E INTRAPREN-
DENTE.
Come se una città non avesse altro interesse nelle proprie foreste
che quello di abbatterle (ed abbattere di conseguenza colui che ne
canta le virtù…).
(H.D. Thoreau, Uomini non sudditi)