LA VERITA’

 

Prosegue in:

La verità (2) 

 


 

destrutturalizzazione del mito (2)







 

Giuliano ci lascia capire che l’utilizzo dei miti da parte di un

filosofo non può essere giustificato se non nell’Etica.

Ed egli ha appena chiarito che non si tratta dell’Etica presa nel

suo insieme, ma solo della parte di essa che si rivolge agli ‘in-

dividui’.

In altre parole, quando un filosofo parla da ‘teorico’ dello Stato

della Società, cioè dell’Uomo o della Società, cioè dell’Uomo

‘in generale’ o in quanto tale, egli deve parlare ‘sul serio’ e cer-

care di dire la ‘verità’, evitando perciò ogni sorta di ‘miti’.

Un filosofo può raccontare lui stesso, o far raccontare da altri

delle ‘storie false in forma credibile’, allo scopo di farle sembra-

re vere, unicamente nel caso in cui egli voglia comportarsi da

pedagogo o da dema-gogo, cioè quando ha per fine di educare

gli individui in maniera tale che la loro vita collettiva possa as-

sumere la forma di uno Stato vivibile e davvero degno di questo

nome, quale fu ad esempio lo Stato romano prima della sua de-

cadenza.

Avendolo lasciato intendere, l’imperatore-filosofo ritiene neces-

sario e possibile precisare ancora il suo pensiero e dire, questa

volta a chiare lettere, che in ogni caso non si debbono racconta-

re ‘miti’, anche edificanti, se non a quanti non sono capaci di

comprendere o di accettare la verità.

In effetti, Giuliano ci dice questo:

“Ma colui che inventa le sue storie poetiche allo scopo di mi-

gliorare i costumi e nel far questo utilizza dei miti (teologici),

deve rivolgersi non a degli uomini (adulti), ma solo a quanti

sono ancora bambini, sia per età, sia per intelligenza, e che in

genere hanno ancora bisogno di simili storie”.

E poco oltre aggiunge:

“Poiché è stabilito che si debbono raccontare dei miti solo a dei

bambini, che si trovano ancora in questo stadio per via della lo-

ro età o della loro intelligenza, dobbiamo stare molto attenti

(quando raccontiamo dei miti teologici, e non, perché vengano

creduti) di non commettere errori né verso gli dèi, né verso gli

uomini”.

Ma da buon filosofo quale era, Giuliano si considerava lui stes-

so come perfettamente ‘adulto’.

E se ci lascia capire, alla stregua di tutti i suoi predecessori in

filosofia, che la maggior parte dei ‘profani’ sono solo dei ‘bam-

bini’, egli è pronto ad ammettere accanto a sé nel piccolo e ri-

stretto gruppo di ‘adulti’, nel senso autentico del termine, tutti

i veri filosofi, al pari degli uomini di Stato davvero degni di

questo nome.

E’ quanto del resto dice in modo esplicito nel passo che se-

gue:

“Ora, se tu (Eraclio, cioè il simbolo del vescovo o del teologo

cristiano) ci hai preso per dei bambini: me, o questo Anatolios

(ministro di corte); ma puoi aggiungere anche Memmorius

(prefetto di Tarsia) o Salustio (amico di Giuliano e prefetto dei

Galli); infatti perché uno di loro dovrebbe sottrarsi? – allora do-

vrebbero prescriverti l’antikyra (rimedio contro la follia)”.

(Alexandre Kojève, L’imperatore Giuliano e l’arte della scrittura)





 

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LA VERITA’ultima modifica: 2013-08-21T00:00:00+02:00da giuliano106
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