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Con queste parole, il cerchio è chiuso.
In qualità di filosofo, Giuliano è un ‘adulto’ nel pieno senso
del termine, cioè un uomo intelligente che è abbastanza di-
sciplinato e forte per poter sopportare delle ‘verità’ anche
‘sgradevoli’ o ‘noiose’ e che non ha quindi alcun bisogno che
si ‘indori la pillola’, che lo si ‘distragga’ raccontandogli inve-
ce di queste verità delle storie ‘gradevoli’ ma false, oltre che
‘strane e contraddittorie’, che possono risultare ‘credibili’ so-
lo ai bambini.
Per questa ragione il filosofo Giuliano protesta quando si
tenta di far credere anche a lui dei ‘miti’ sia pagani che cri-
stiani; proprio come egli si vieta di raccontarseli da solo per
tentare di crederci.
Ma in quanto imperatore, Giuliano ha soprattutto a che fare
con dei bambini in tenera età, fisica o mentale.
Ugualmente egli vorrebbe che si raccontassero loro dei miti
edificanti, dando a queste storie false una forma che risulta
loro credibile, allo scopo di migliorarne i costumi.
Per Giuliano, si tratta praticamente di educare i popoli che
egli ha acconsentito a governare in qualità di imperatore ro-
mano.
E il filosofo sembra esser stato fermamente convinto che l’im-
peratore non poteva salvare il suo Impero se non facendo rac-
contare ai suoi sudditi dei miti pagani in maniera tale che la
maggioranza potesse ricominciare a crederci.
Ma quando Giuliano raccontava lui stesso dei miti nei suoi
scritti filosofici destinati ai soli filosofi così come ad alcuni
uomini di Stato tra i suoi amici, egli lo faceva in modo che
questi lettori da lui scelti non vi credessero per nulla, indo-
vinando le verità che egli intendeva insegnare nel raccontar-
li.
Solo che, per riuscire in quanto imperatore, Giuliano dove-
va nascondere alle masse da lui governate la verità che egli
intendeva insegnare in quanto filosofo a un ristrettissimo
numero di eletti.
Ed è esenzialmente mirando a questo camuffamento in nome
di ragioni di Stato che Giuliano si cimentava in questa arte ‘i-
ronica’ della scrittura insegnatagli dai filosofi antichi, che essi
stessi avevano praticato soprattutto per difendersi dalle accu-
se, ma anche per il gusto del gioco e dello scherzo, e allo sco-
po che i filosofi potessero riconoscersi tra di loro in modo più
certo.
(A. Kojève, L’Imperatore Giuliano)