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Ha la follia un enorme padiglione,
Che d’ogni luogo ricetta persone,
Specie se han oro e potenza a profusione.
E’ gioco forza assai matti incontrare,
Ché molti soglion se stessi accecare
Con la forza aspirando alla sapienza,
mentre al savio è palese lor demenza,
Ma nessuno osa dire loro ‘Ehi, matti!’,
E quando di sapienti assumon gli atti,
Lo fanno solo per ostentazione;
E se qualcuno ha tutt’altra opinione,
S’incensan essi, mentre chi si loda,
Come sa il savio, sovente s’imbroda.
E’ stolto chi nel suo senno confida:
Un dio si crede, mentre è senza guida.
Chi invece con saggezza si comporti,
Sarà salvato dal regno dei morti.
Felice quel paese al cui signore
Sia saggezza la stella a tutte le ore,
Ed i principi mangian quant’è giusto,
Non già mossi di crapula dal gusto.
Guai al paese dove il re è un ragazzo
E intanto siedono i principi a gavazzo.
Meglio un ragazzo povero ma accorto
Che un vecchio re dal cervello contorto,
Un matto che i consigli non ascolta.
Disgrazia al giusto uomo verrà molta,
Quando i matti conquistino il potere!
Ma se la sorte i matti fa cadere,
Saranno i giusti ad essere potenti!
Sono onorati i paesi e contenti
Quando un giusto ne divien signore.
Ma se prevale dell’empio il furore,
Ognun si cela. Il giudice malvagio
Che emette in amicizia il suo suffragio
O secondo apparenza, può peccare
Per una mica e giustizia tralasciare.
Il saggio, che retto corso sa tenere,
Giudica senza preferenze avere.
I giudici sono molti di Susanna
Che a capriccio pronunciano condanna.
Deve giustizia fredda avere mente.
Son del potere le spade assai lente
A uscire, arruginite entrambe essendo,
Dal fodero; e non dan taglio tremendo
Dove occorre. Giustizia è cieca e morta!
L’oro vittoria su tutto riporta;
Quando da Roma Giugurta se ne andò,
‘Città corrotta’, così allor gridò,
‘Se un compratore qui venisse tratto,
Ben presto ti darebbe scacco matto!’
Città piccole e grandi puoi trovare
Dov’è la norma farsi subornare
Per combinare affari sottobanco.
Amicizia e guadagno rendon banco
Il nero, come a Mosè il suocero disse,
Ed egli costatò, e molti s’afflisse,
Che l’invidia, il denaro e la potenza
Spezzan sigilli, giustizia e scritta scienza.
Erano saggi i principi una volta,
Vecchi i ministri e l’esperienza molta,
E in ogni terra il benessere regnava
Perché il peccato se ne discacciava,
E il mondo tutto in pace era beato.
Oggi Follia la sua tenda ha drizzato
E a muovere s’appresta la sua guerra;
I principi e i comandanti d’ogni terra
Obbliga a rinunciare alla saggezza,
Per badare al vantaggio e alla ricchezza,
Cupidi avendo al fianco consiglieri.
Ecco perché sono i tempi sì neri,
Ed ancor peggio in futuro l’andrà:
Follia al potere ancor più si alleerà.
Più a lungo principi avrebber regnato,
Di Dio per grazia, non avessero errato
Da consiglieri e da servi istigati,
Che accettan doni, e sono subornati;
Si guardi da costoro il buon sovrano!
(Se anco lui la mazzetta non vorrà posar
su tanta nobil mano)
E’ libero chi si fa unger la mano?
Al tradimento induce regalia!
Da Eud ebbe Eglon sorte ria,
Da Dalila Sansone fu tradito;
Poiché accettò vasi d’oro Andronìco,
Ad Onia toccò la morte di subire;
E Ben-Hadàd si decise a salire
In guerra quando d’Osa vide i doni;
Per tradir Gionata invocò sue ragioni
E doni molti gli inviò Trifone,
Di sospettar per non dargli cagione.