LA GUERRA DI SECESSIONE

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Ribelli &

La guerra…

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La chiesa di Shiloh  (1)  &  (2)

 

 

la guerra di secessione

 

 

 

 

 

(Da: la guerra…)  Ma già a questa età la differenza tra l’esu-

berante fratello minore e lo studioso e assennato fratello

maggiore doveva essere palese.

‘Jesse ride di tutto, Frank non ride mai’ osservava l’amico.

Ma Jesse era anche riflessivo, aggiungeva: ‘discute i perché

i per come’ delle cose.

A dodici anni aveva sicuramente notato il corso turbinoso

degli eventi. Gli elettori del Missouri seguirono la tendenza

nazionale, dividendosi in democratici pronti alla secessione,

democratici (unionisti) regolari e whig-nothing (ora riuniti

nel partito costituzionale dell’Unione).

 

la guerra di secessione

 

I bianchi del Missouri chiamavano Abraham Lincoln e i suoi

sostenitori ‘repubblicani neri’ una variante razzista dell’espres-

sione ‘repubblicani rossi’, usata per i rivoluzionari europei del

1848. I sudisti più accesi dicevano a chiare lettere che una vitto-

ria di Lincoln avrebbe avuto come conseguenza la secessione.

La seconda settimana di giugno Jesse e la sua famiglia salutaro-

no Frank che partiva per la guerra.

Era proprio un dilettante.

Lui e la sua malconcia banda di Centerville, come il resto dell’-

esercito a cui si univano, non portavano uniformi.

Gli ufficiali appuntavano pezzi di tela sulle camicie per indica-

re il loro grado. Lo stesso Price andava in giro in un abito di fla-

nella bianca sporca: ‘un vecchio signore corpulento che ha l’aria

di un agricoltore’ secondo la descrizione di un miliziano.

Molte delle truppe ribelli che Frank incontrò non avevano fuci-

li. Dopo che le reclute della contea di Clay ebbero attraversato

il fiume Missouri il 13 giugno per incontrarsi con il generale

Price, la famiglia Samuel cominciò ad attendere notizie della

guerra.

 

la guerra di secessione

 

Nei giorni pieni di eccitazione all’inizio del 1861, le città e i

villaggi del Nord e del Sud erano uniti dal fervore militare.

I vicini e i vecchi amici si arruolavano insieme nei reggimen-

ti; le donne appendevano bandiere alle finestre delle case e

dei negozi; bambini e anziani si assiepavano lungo le strade

mentre i giovani andavano in guerra a passo di marcia.

Ma nel Missouri le cose erano diverse: i vicini si guardavano

con sospetto; i vecchi si arruolavano in compagnie rivali;

le donne si dividevano fra quelle che cucivano bandiere sta-

tunitensi e quelle che confezionavano vessilli dello stato

della Confederazione.

Non ci volle molto per trasformare queste divergenze di

opinione in un grande bagno di sangue.

(T. J. Stiles, Jesse James storia del bandito ribelle)

 

 

 

 

 

la guerra di secessione

OWL CREEK (56)

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Owl Creek (54)

Owl Creek (55)

Prosegue in:

Owl Creek (57)

 

 

 

 

owl creek 56

 

 

 

 

 

 

….L’idea gli parve ridicola.

Aprì gli occhi nell’oscurità e vide sopra di sé un bagliore

di luce, ma come era distante, com’era inaccessibile!

Stava ancora sprofondando perché la luce si fece sempre

più fioca finché fu solo un baluginio.

Poi prese a crescere d’ampiezza e d’intensità, ed egli si re-

se conto che stava risalendo in superficie; con riluttanza,

perché adesso si sentiva a proprio agio.

– Finire impiccato e affogato,

pensò,

– non è poi così male; ma non voglio che mi sparino. No,

non lascerò che mi sparino, non è giusto!

Non aveva coscienza di alcuno sforzo, ma una trafittura

al polso lo informò che stava cercando di liberare le mani.

Rivolse l’attenzione a quel divincolarsi, come un ozioso

che osservi le imprese di un prestigiatore senza nutrire al-

cun interesse nel risultato.

Che sforzo eccezionale!

Che forza straordinaria, sovrumana!

Quello sì, era un bel cimento!

Complimenti!

La corda si sciolse; le braccia si divisero e fluttuarono a gal-

la, le mani appena visibili da una parte e dall’altra nella lu-

ce crescente.

Le fissò con genuino interesse mentre prima una poi l’altra

si avventavano sul cappio che gli stringeva il collo…….

Lo strapparono e lo scagliarono ferocemente da una parte e

quello ondeggiò come un serpente d’acqua.

– Rimettetelo! Rimettetelo!

Pensò di aver gridato alle mani, perché dopo lo scioglimen-

to del cappio, si erano susseguite le fitte più atroci che aves-

se mai provato in vita sua.

Il collo gli doleva orribilmente; aveva la testa in fiamme; il

cuore, i cui battiti si erano fatti deboli, diede un balzo e sem-

brò uscirgli dalla gola.

Tutto il corpo era torturato e straziato da un dolore insoppor-

tabile! Ma le mani disobbedienti non prestarono attenzione all’-

ordine. Battevano l’acqua vigorosamente con rapidi colpi ver-

so il basso, spingendolo in superficie.

Sentì la testa emergere; gli occhi furono accecati dalla luce del

sole, il petto s’allargò tra le convulsioni, e con un dolore supre-

mo, finale, i polmoni inghiottirono una gran boccata d’aria, che

egli espulse all’istante con un grido!

 

owl creek 56

 

Adesso era in pieno possesso dei sensi fisici. A dire il vero, era-

no straordinariamente attenti e vigili. Qualcosa nel subbuglio

spaventoso subìto dal suo organismo li aveva esaltati e acuiti

ed essi registravano avvenimenti mai percepiti in precedenza.

Sentì le increspature d’acqua sul suo volto e udì il suono di cia-

scuna di esse quando lo colpivano.

Guardò la foresta sulla riva del fiume, vide ogni singolo albe-

ro, le foglie e le venature su ciascuna di esse; vide gli insetti

sulle foglie: vide le locuste, le mosche dal corpo iridescente,

i ragni grigi che tessevano le tele tra un ramoscello e l’altro.

Notò i colori dello spettro in ogni goccia di rugiada su un mi-

lione di fili d’erba.

Il ronzio dei culici che danzavano sui gorghi del fiume, il bat-

tito d’ali delle libellule, i colpi inferti dalle zampe dei ragni d’-

acqua, simili ai remi che sollevano una barca, tutto emanava

una musica percepibile.

Un pesce scivolò via sotto i suoi occhi ed egli udì l’impeto

del suo corpo mentre fendeva le acque.

 

owl creek 56

 

Era affiorato in superficie col volto in direzione della corren-

te; in un attimo il mondo visibile sembrò ruotare lentamente

facendo perno su di lui, ed egli vide il ponte, il forte, i soldati

sul ponte, il capitano, il sergente, i due soldati semplici, suoi

carnefici.

Erano profili contro il cielo azzurro.

Gridavano e gesticolavano, indicandolo.

Il capitano aveva estratto la pistola, ma non fece fuoco; gli

altri erano disarmati. I loro movimenti erano grotteschi e or-

ribili, le loro forme gigantesche.

All’improvviso udì una forte detonazione e qualcosa colpì ve-

locemente l’acqua a pochi centimetri dal suo capo, spruzzan-

dogli il viso.

Udì una seconda detonazione e vide una delle sentinelle col

fucile imbracciato, e una nube di fumo azzurrognolo che usci-

va dall’imboccatura.

L’uomo in acqua colse l’occhio dell’uomo sul ponte fissare il

suo attraverso il mirino del fucile.

Vide che era un occhio grigio e ricordò di aver letto che gli

occhi grigi sono quelli dalla vista acuta, e che tutti i tiratori

famosi li hanno. Però quello aveva sbagliato il…colpo…

Un mulinello contrario aveva afferrato Farquhar facendo-

gli compiere un mezzo giro; ora guardava di nuovo la fore-

sta sulla riva opposta al forte.

Il suono di una voce chiara, acuta, risuonò in una monoto-

na cantilena alle sue spalle e lo raggiunse sull’acqua con una

nitidezza che perforò e attenuò ogni altro suono, persino l’-

increspatura dell’acqua nelle orecchie.

Benché non fosse un soldato, aveva frequentato a sufficien-

za gli accampamenti da conoscere il significato terribile di

quella lenta, strascicata, aspirata salmodia: il tenente sulla

riva stava prendendo parte alle operazioni del mattino.

Con quanta gelida spietatezza, con che intonazione calma

e uniforme che preannunciava, imponeva tranquillità agli

uomini, con quali intervalli accuratamente misurati veni-

vano pronunciate le crudeli parole:

– Compagnia, attenti!…. Imbracciat’arm!….. Pronti!…….

Puntate!…. Fuoco!

Farquhar si immerse; si immerse quanto più poté.

L’acqua gli ruggì nelle orecchie come la voce del Niagara,

eppure udì il rombo attutito della scarica e, risalendo in

superficie, s’imbatté in frammenti di metallo curiosamen-

te appiattiti, che scendevano in lente oscillazioni.

Certi gli sfiorarono le mani e il volto, poi scivolarono via,

seguitando a scendere. Uno gli si infilò tra il colletto e il col-

lo; era fastidiosamente caldo ed egli se lo strappò di dosso.

Appena risalì in superficie, boccheggiante per la mancanza

d’aria, si accorse di essere stato a lungo sott’acqua; si trova-

va sensibilmente più a valle, vicino alla salvezza.

I soldati avevano quasi finito di ricaricare; le bacchette di

metallo lampeggiarono d’improvviso al sole mentre veni-

vano estratte dalle canne, fatte ruotare in aria e ricacciate

negli incavi. Le due sentinelle…fecero nuovamente fuoco….

autonomamente….e senza esito……..

(prosegue…..)

 

 

 

 

 

 

owl creek 56

 

IL PREDICATORE (3)

Precedenti capitoli:

Il predicatore &

Il predicatore (2)

Prosegue in:

Due orologi

Foto del blog:

Il predicatore  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

il predicatore 3

 

 

 

 

 

 (Da: il predicatore (2))

Dal pulpito James sceglieva le persone non convertite

e le chiamava al banco dei penitenti, dove gli altri mem-

bri della congregazione potevano pregare per loro.

‘Quando prendeva di mira un peccatore, non se lo la-

sciava sfuggire’ scriveva l’anonimo vicino, ma con una

eccezione.

‘Notò un uomo di nome Henderson che se ne stava se-

duto in disparte senza partecipare alla funzione. Si di-

resse verso di lui; sapendo quello che lo aspettava, l’-

uomo saltò da una finestra e scappò’.

La voce dei sermoni appassionati ed eloquenti di Ja-

mes cominciò a diffondersi.

Come la maggioranza dei predicatori nella contea di

Clay, e in armonia con l’uso battista, James cominciò

a fare il giro della zona, recandosi in altre chiese locali

che avevano bisogno di una voce che sapesse parlare

dal pulpito.

Nel 1844 organizzò il suo seguito sempre più numero-

so nell’Associazione battista di North Liberty. A New

Hope i quindici membri originari ben presto condivi-

sero il loro piccolo santuario con decine di nuovi fedeli

in lacrime.

Così James poté raccogliere il denaro per costruire una

nuova chiesa in mattoni, degna delle dimensioni e del

vigore della congregazione.

Alla fine del 1845 il nuovo edificio era pronto, grazie

anche a una cospicua donazione in contanti dello stes-

so predicatore James, che offrì generosamente anche

la manodopera dei suoi schiavi.

La presenza di questi schiavi testimonia il successo

terreno di James e il suo atteggiamento spirituale.

Gli schiavi erano numerosi nella contea di Clay: una

persona su quattro era tenuta in schiavitù, un dato

che contribuiva a fare di Clay la più occidentale di

una striscia di contee affacciate sul fiume che prese

poi il nome di ‘Little Dixie’.

James non riceveva alcun compenso per i suoi sermo-

ni, perché i battisti si aspettavano che i loro predica-

tori si guadagnassero da vivere per proprio conto.

Quindi, se nel 1845 possedeva tanti schiavi da poterne

prestare due, aveva fatto parecchia strada molto in fret-

ta……

(T. J. Stiles, Jesse James Storia del bandito ribelle)

 

 

 

 

il predicatore 3

IL MONOLOGO DEL FOLLE

hitler primoattore

 

 

Prosegue in:

Il monologo del folle (2) &

L’agente segreto…

Foto del blog:

La dama del folle  (1)  &  (2)

Libri, appunti, ricordi.. dialoghi in:

i miei libri

 

 

hitler primoattore

 

 

 

 

 

Il Fuhrer è un parlatore instancabile, e prima di conquistare il

potere, era capace di fare tre o quattro discorsi nello stesso gior-

no, spesso in città diverse.

Persino i suoi più accesi oppositori riconoscono che è il più gran-

de oratore mai apparso in Germania. E’ un’ammissione molto si-

gnificativa, tenuto conto che la qualità della sua voce è tutt’altro

che gradevole: molti infatti la trovano nettamente sgradevole.

 

hitler primoattore

 

Ha un timbro rauco, che nei momenti di eccitazione si rompe

spesso in un falsetto stridulo.

E non è neppure la dizione a renderlo un grande oratore; nei pri-

mi tempi, era particolarmente cattiva, un misto di tedesco e di

dialetto austriaco.

Neppure la struttura dei suoi discorsi, per lo più troppo prolissi,

male articolati e ossessivamente ripetitivi. Alcuni sono particolar-

mente penosi da leggere ma, pronunciati, sortivano un effetto

straordinario sugli ascoltatori.

 

hitler primoattore

 

Il fascino e il potere della sua oratoria consistono essenzialmente

nell’abilità con cui intuisce ciò che un dato uditorio vuole ascolta-

re, e nel manipolare conseguentemente i suoi temi in modo da

scatenare l’entusiasmo della folla. 

Strasser dice di questo talento da teatro:

 

Hitler risponde alle vibrazioni del cuore umano con la sensibilità di un 

sismografo…che lo pone in grado, con una sicurezza di cui nessuna fa-

coltà potrebbe dotarlo, di agire come un altoparlante che proclama aper-

tamente i desideri più segreti, gli istinti più repressi, le sofferenze e le

frustrazioni intime di un’intera paese città o nazione.

 

Prima di conquistare il potere, quasi tutti i discorsi di Hitler si

accentravano sui seguenti tre temi di fondo:

1) il tradimento dei ‘crimini di novembre’;

2) la necessità di minare il potere dei marxisti.

3) la dominazione mondiale degli ebrei.

 

hitler primoattore

 

Non importa quale fosse l’argomento all’ordine del giorno: qua-

si infallibilmente egli portava il discorso su l’uno o l’altro dei

temi favoriti. Ciò malgrado, la gente ne andava pazza, ed era

disposta a sorbirsi un comizio dopo l’altro pur di sentirlo par-

lare. Non era quindi ciò che diceva ad attirare il suo pubblico,

ma come lo diceva e lo manifestava… 

Già dai suoi esordi Hitler mostrò d’essere un primoattore dota-

to di una spiccata sensibilità teatrale.

 

hitler primoattore

 

Non solo programmava i suoi comizi per il tardo pomeriggio,

quando la gente era affiticata e la stanchezza ne indeboliva le

resistenze, ma aveva l’abitudine di farsi precedere da un luogo-

tenente, che con una breve concione riscaldava l’uditorio (per

chi godeva fiducia in tal buffone della storia…).

I dragoni a cavallo avevano un ruolo importante aprendogli 

tra la folla una navata umana attraverso la quale il dittatore

trionfalmente passava.

Scelto il momento psicologicamente più adatto, Hitler soleva

fare la sua apparizione sulla porta, in fondo alla sala, e con il

suo piccolo seguito marciava poi, attraverso le file delle SA 

schierate, verso il podio.

 

hitler primoattore

 

Non guardava mai né a destra né a sinistra quando avanzava

tra la folla, e non tollereva che qualcuno tentasse di avvicinarlo

o gli intralciasse comunque il passo. 

Amava, non appena fosse possibile, la presenza di una banda

che attaccasse una squillante marcia militare, mentre si avvici-

nava alla tribuna…del grande palcoscenico (per il primoattore

creato…).

 

(Prosegue…)

 

 

 

 

hitler primoattore

   

MA NEL FUTURO SI PUO’ SPERARE?

ma nel futuro si può sperare?

 

Precedente capitolo:

Quale miglior giudice dell’altrui ciarlare…

Prosegue in:

Certo che no se è la violenza a parlare… &

Ma adesso il viaggio debbo continuare…

Foto del blog:

La storia lascio parlare

Quale miglior giudice dell’altrui ciarlare…

Libri, memorie, dialoghi…

i miei libri

 

ma nel futuro si può sperare?

 

 

 

 

 

Il Novecento è cominciato con le più grandi speranze ed è

finito con dolore e disperazione.

Molti ideali sono andati distrutti, si è dissolto il sogno del

trionfo della ragione, del progresso continuo della civiltà,

della pace sulla terra. E’ svanita anche la speranza che il ge-

nere umano si possa riuducare pedagogicamente e perfezio-

nare moralmente.

 

ma nel futuro si può sperare?

 

Bisogna avere una memoria corta e ostinarsi a ignorare i fat-

ti per insistere sui progetti e i dogmi tramandati. Il segno

distintivo di quest’epoca è senza dubbio un’esplosione di

violenza che non ha precedenti. E’ avvenuta nelle camere di

tortura delle dittature, nei lager del totalitarismo, nelle fab-

briche del genocidio.

Milioni e milioni di persone sono morti sui campi di batta-

glia delle guerre di macchinari e di annientamento, nelle cit-

tà bombardate, nei villaggi e nelle campagne bruciate durante

le guerre coloniali e civili.

Quando nel 1945 finì quella trentennale guerra mondiale e 

ne fu tratto il primo bilancio provvisorio, per poco tempo si

giurò di rinunciare alla violenza.

Invece continuò.

 

ma nel futuro si può sperare?

 

I sistemi di campi di concentramento sovietici e cinesi si svi-

lupparono ulteriormente, in molte regioni di Asia, Africa e

America del Sud lo stato di guerra divenne cronico. E infine

la guerra e il terrore sono tornati in Europa. Né la tortura, né

le persecuzioni e i massacri, né la guerra, né il genocidio so-

no scomparsi dall’ordine del giorno della politica.

Nessuno sa come un domani le generazioni future definiran-

no il secolo della morte di massa. La storia della specie è so-

lita lasciarsi alle spalle con indifferenza la fine di generazioni,

civiltà e popoli. Il male viene subito cancellato dalla memoria,

(e se ricordato, non genera riflessione, ma cieca violenza), per

lasciare illesa la concezione del mondo.

 

ma nel futuro si può sperare?

 

Anche i contemporanei della persecuzione delle streghe non

potevano immaginare che in futuro la loro epoca sarebbe sta-

ta definita addirittura ‘l’età della ragione’.

Nel cerchio senza fine di orrore e esaurimento, oblio e trasfi-

gurazione, sono rari i momenti luminosi (là dove vi sono,

generano quella violenza assente nel pensiero, gesto, atto,

privato, ma successivamente innestato, per ciò che viene im-

propriamente chiamata ‘economia’ nella ‘natura (le)’ violen-

za in uso, ad uso di tutti i facciendieri… di stato.).

Sono rari come gli intermedi periodi d’oro in cui regna la pa-

ce.  Negli annali della storia non sono altro che fogli vuoti.

 Sarebbe ingenuo aspettarsi che con l’inizio del nuovo millen-

nio la situazione all’improvviso migliori. E sarebbe in contras-

to con ogni esperienza storica credere che in futuro il peggio,

l’ ‘inimmaginabile’, non possa essere superato ancora.

Non dipende certo dalla presunta natura di lupo dell’uomo

il fatto che la violenza non abbia limiti. L’uomo può sempre

comportarsi violentemente, con odio o rabbia, orgoglio o 

amore, indifferenza o disciplina, per sete di gloria o avidi-

tà, voglia di avventura e noia, con calcolo, zelo o entusias-

mo. Se fosse mosso soltanto da forze animali, almeno si

saprebbe che cosa ci si deve aspettare.

 

ma nel futuro si può sperare?

 

Ma poiché in lui le motivazioni e i sentimenti cambiano 

continuamente, visto che è per sua costituzione aperto al

futuro, tutto rimane ancora possibile, in ogni luogo, in ogni

momento. 

Può bastare, come duemila anni fa’ una semplice poesia,

ed in ogni luogo ed ogni momento, come se non fosse pas-

sato un giorno di storia, l’odio cieco si scatena. 

(prosegue)

 

 

 

 

ma nel futuro si può sperare?

     

STEPHEN SOMMIER (2)

Precedente capitolo:

Stephen Sommier (1848-1922)

Un prezioso Tomo dello stesso autore:

 

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S. Sommier, Un’estate in Siberia

 

Prosegue in:

Dialoghi con Pietro Autier:

Un finlandese (13) & (14) 

Dialoghi con Pietro Autier 2:

Un viaggio d’inverno (3)

gli occhi di Atget:

Un viaggio d’inverno (4)

Da:

i miei libri

 

 

 

 

 

Durante l’inverno la principale occupazione del Lappone

è il custodire le sue renne; e siccome queste esauriscono

presto il pascolo, ne risulta per lui la necessità di essere

continuamente in viaggio.

In Inverno i Lapponi stanno nell’interno del paese; in esta-

te emigrano verso le coste. Vi sono famiglie che risiedono

d’inverno in luoghi distanti più di duecento miglia dalle

loro dimore estive.

 

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D’inverno devono lottare continuamente col freddo; d’e-

state sono perseguitati da miriadi di zanzare che non li

lasciano bene avere né giorno né notte.

Viaggiano con tutto l’occorrente ai loro bisogni, che del

resto si riduce a ben poco. Il loro bagaglio più grosso è

la tenda.

La vita che menano, a noi sembra vita da cani; ma essi ne

sono contenti. La massima sciagura per un Lappone sareb-

be di dovere abbandonare la vita travagliata ma indipen-

dente che conduce errando per monti e valli.

 

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La renna gli fornisce quasi tutto quello di cui ha bisogno.

Dalla carne e del latte si ciba; si veste da capo ai piedi col-

la sua pelle; fa il filo coi suoi tendini; il suo stomaco gli ser-

ve da recipiente; colle ossa e colle corna fa cucchiai, mani-

chi di coltello ed altri valori.

La renna è bestia da soma in estate, da tiro in inverno.

Infine questo cervo è la provvidenza del Lappone nomade;

senza di esso non potrebbe esistere; e senza Lapponi gli al-

tipiani dell’interno non sarebbero abitati.

 

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Alcuni Lapponi hanno abbandonato la vita nomade e si so-

no stabiliti sulle coste e lungo i fiumi, dove fanno press’a

poco la vita dei pescatori norvegesi.

Questi però sono Lapponi degeneri che s’incrociano coi lo-

ro vicini finlandesi e norvegesi, e fra alcune generazioni sa-

rano confusi con essi.

I Lapponi sono i nani dell’Europa, ed uno dei popoli più 

piccoli della terra. Questa è una delle cose che più colpisco-

no chi li vede per la prima volta…..

 

 

 

 

 

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