STORIA UNIVERSALE DELL’INFAMIA: il brigante Musolino visto da Cesare Lombroso (11)

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E’ noto in qual modo sia stato arrestato il già troppo celebre

brigante Musolino, pel quale era indetta una taglia di 50.000

lire e furon messi in moto fin 1000 tra soldati e carabinieri;

ederansi esauriti tutti gli espedienti – dell’agguato, del ricatto,

della donna ammaliatrice, perfino dell’oppio – e speso più di

un milione.

 

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E’ stato colto proprio quando le ricerche cominciavano ormai

a rilassarsi, quando ormai erano state rimandate le guardie e

la truppa, tranne i carabinieri.

Il merito dell’arresto non si dovette invero ad alcuna delle ar-

mi della pubblica sicurezza, poiché fu preso dai carabinieri in

iscambio di non so qual malvivente nei dintorni di Cagli, a qua-

si mille chilometri dal suo paese e, soprattutto, grazie ad un filo

di ferro da cui erano sostenute delle viti, il quale impedì al ban-

dito di sfuggire loro a tempo con la sua solita velocità.

 

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Un merito solo, però, ebbe l’autorità: quello di aver perseguitato

senza tregua parenti, amici, favoreggiatori di tutti i gradi, per

modo da rendergli impossibile la dimora nel vecchio nido.

Finché era difeso dalle roccie, dai boschi e soprattutto dalle sim-

patie vivissime dei compaesani, egli era assolutamente impren-

dibile.

Pur essendo un delinquente nato, per quanto attenuato dalla

sua intelligenza, accenniamo alla sua biografia pur sempre di

un criminale. Istinto feritore e

 

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vendicativo, fino alla prima giovinezza, dagli 11 anni ai 21, com-

mise violazione di domicilio, porto d’armi e reati di violenza, e fe-

rimento contro il proprio padre, che lo fecero severamente ammo-

nire e che l’avevano messo a capo della maffia del suo paese; una

inettitudine a continuato lavoro, mentre con la sua agilità e forza

avrebbe potuto guadagnar molto come boscaiolo; per l’incoscien-

za completa, ch’egli mette nei reati spesso da lui anzi considerati

come un dovere, e che mescolandosi a quella specie di megaloma-

nia, così frequente nei criminali-nati, giungeva al punto di fargli

chiedere al prefetto, prima di consegnarsi, il permesso di freddare

due nemici che gli erano fuggiti di mano.

 

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Fu detto che egli non era un vero delinquente perché aveva rispar-

miato parecchi carabinieri – che egli avrebbe potuto colpire in ag-

guato – e perché qualcuno dei pretesi suoi nemici non colpiva mor-

talmente, ma alle gambe, misurando, si potrebbe dire, con una giu-

stizia barbarica, ma misurando la pena; se non che ciò si spiega per

quella intermittenza e contraddizione degli istinti, che è speciale

appunto agli epilettici; e così, mentre conservava amorosamente

un ciuffo dei capelli della zia Filasto e mentre pare così amoroso dei

suoi, specie delle sorelle, quando il Raffo tentò persuaderlo a presen-

tarsi per poter liberare i suoi parenti per causa sua incarcerati:

Lasciateveli marcire, rispose, io voglio essere libero.

 

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Il fatto, però, è che uccise anche delle donne, solo perché erano vicine

ad uno dei pretesi suoi nemici, come la Crea, che nulla gli aveva fatto

di male; e ammazzò Marte dinanzi ai suoi parenti, incrudelendo, in

compagnia di altri due banditi, su lui agonizzante, dopo avergli pro-

messo di perdonare un tentativo di tradimento e dopo aver mangiato

insieme delle frutta; e non solo uccise il fratello dello Zoccolo pel solo

fatto di essere suo fratello, ma sparò più volte sul suo cadavere, messo

a bersaglio contro il muro, e immerse le mani nelle sue viscere sangui-

nanti.

Il fatto è che di 24 fra omicidi o tentati omicidi, non una volta egli sen-

tì rimorso; e che se egli beneficò di 10 lire una povera ragazza che egli

aveva parlato bene di lui non conoscendolo, sono di quei tratti di ge-

nerosità che usano sempre tutti i banditi – Buffaleri, per esempio – per

farsi perdonare dagli uni i delitti contro gli altri, regalando sempre del

danaro che non costa loro nulla.

La vanità e la megalomania di Musolino hanno per contenuto la fede

d’esser un onesto giudiziere, ordinariamente, si dilunga a far l’apologia

di sé medesimo, a dettare le sue memorie.

Ha fede così profonda nella sua onestà, o meglio è così invasato dalla

sua artificiosa personalità novella, che crede e spera davvero di otte-

nere la grazia reale, e non fa che domandare di telegrafare e scrivere

al Re; al comm. Doria, che gli rimproverava di avere ucciso un cara-

biniere che faceva il suo dovere, risponde:

Anch’io avevo un dovere da compiere!

Accusato di violenza e di rapine, esclama:

Mi sarei ucciso se avessi rubato o violentato!

Spesso diceva, con la soddisfazione dell’uomo virtuoso:

Sono un galantuomo!

(C. Lombroso, Delitto, genio, follia)

 

 

 

 

 

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STORIA UNIVERSALE DELL’INFAMIA: il brigante Musolino visto da Cesare Lombroso (11)ultima modifica: 2013-04-25T00:00:00+02:00da giuliano106
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