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La complessità del Chisciotte cervantino (al contrario
della rozzezza e pressapochismo di Avellaneda, che
potremmo adoperare per un altro e utile confronto,
che non è solo letterario, ma può anche fungere da ot-
timo esempio per altri ed infiniti contesti socio cultu-
rali…)… si intensificò, i nuovi giochi letterari a parti-
re dal capitolo LIX avrebbero conferito ancora mag-
giore verosimiglianza ai precedenti, rovesciandovi
sopra la luce della realtà ‘reale’, e si moltiplicarono
per cento i diversi piani narrativi…..
…Per cominciare, soltanto uno scrittore che possede-
va una tecnica prodigiosa (così come il pittore…., ed
in questa sede non poniamo distinguo fra i due, come
il buon Leonardo insegna….) come quella di Cervan-
tes poté trasformare in letteratura qualcosa nei cui
confronti non aveva né distacco né oggettività.
E neppure il tempo….
Avevamo visto come nella prima parte i personaggi
di (questa) storia (e di questa … pittura…) fossero an-
dati non in cerca di un autore, ma di loro stessi ( e ciò
avviene anche nelle tele di Vermeer…).
Adesso i ruoli s’invertono: vanno in cerca del perso-
naggio i libri reali, come se quelli che dormivano in
alcune pagine avessero abbandonato le lettere e l’in-
chiostro del loro testo per incarnarsi nelle lettere e
nell’inchiostro dell’altro.
Avellaneda poneva davanti al vero Chisciotte uno ….
specchio deformante, allo stesso modo che davanti ai
lettori.
Don Chisciotte non si rassegnò e non volle stare al gio-
co, ruppe lo specchio e mise la propria faccia accanto
a quella falsa, … per fare un (geniale) confronto….
Era assurdo dirimere quella contesa attraverso imma-
gini speculari mentre gli originali erano ancora vivi….
L’audacia (ed il genio…) di Cervantes (in confronto al-
l’idiozia… di..) fu enorme…..
Per cui come già detto (nell’infanzia di VM, in riferi-
mento al padre suo…), il Chisciotte di Avellaneda, con-
trariamente a ciò che si è creduto, fu una fortuna per
quello di Cervantes (e non certo e mai il contrario….).
Indusse l’autore, in primo luogo, a mescolare, ancor di
più, i piani romanzeschi e della realtà (fino ad un in-
treccio dove la via del ‘Perfetto’ è innanzitutto cono-
scenza, giammai confusa con il falso…).
Poté anche confrontarli con i personaggi dell’uno e del-
l’altro romanzo. Addirittura costrinse quelli di Cervan-
tes a essere più loro stessi, a vivere ancora di più la lo-
ro identità (sempre perseguitata…), come dicono che
fanno i discepoli con i maestri, costringendo questi ad
essere migliori.
La lezione cervantina è portentosa (grazie per cui al
misero Avellaneda.. non avremmo avuto quell’opera
Perfetta in seno al Tempo dei falsari della Trama del-
la Storia….): allo stesso tempo faceva critica e creazio-
ne letteraria, e approfittava dell’una e dell’altra come
sbocco per la sua … naturale costernazione e i suoi ol-
traggi (quelli subiti, mai arrecati…).
In ogni caso quel che era deplorevole non fu che Avel-
laneda avesse scritto il seguito del Chisciotte né che a-
vesse osato emulare un personaggio come Cervantes.
Cervantes non era un genio (in quel momento storico
almeno, la storia semplicemente non gli concedeva,
per ovvi motivi, i suoi favori, dispensandoli ad altri).
In quel preciso momento, si noti bene, nessuno ritene-
va che Cervantes avesse, per esempio, metà del talen-
to di un Lope in quanto autore ‘ufficiale’ (il penniven-
dolo di corte, la contessina di corte, la volpe della
leggenda raccolta da Rasmussen quanto…da) di com-
medie… di corte…..
Di poeti ce n’erano di più celebrati che lui…..
(A. Trapiello, Le vite di Miguel de Cervantes)