(Dio sono caduto sulla terra e la mia anima…) IN ESSA VAGA

Precedenti capitoli:

Dio sono caduto sulla terra &

e la mia anima (in essa vaga)

Prosegue in:

l’aquila del Gran Zebrù (2)

Foto del blog:

e la mia anima

in essa vaga &

prostitute &

bibbie

Da:

Frammenti in rima


 

in essa vaga






(Da… e la mia anima)

Pioniere della ricerca sulle sensazioni nei casi di caduta

è il geologo ed alpinista zurighese Professor Albert Heim.

La sua indagine, dal titolo ‘Notizie sulla morte per cadu-

ta’, venne pubblicata nel 1892 nell’Annuario del Club Al-

pino Svizzero: è la prima opera di questo genere……..

(leggi anche la morte per caduta)

 

in essa vaga


Nel presentare ai lettori dell’Annuario una piccola ricerca

sulla morte per caduta in montagna, non ho intenzione di

elencare una serie di storie dell’orrore illustrandone i rela-

tivi strazi, non voglio enumerare casi di incidenti di que-

sto tipo.

Cerchiamo piuttosto di studiare scientificamente nei suoi

aspetti anche un avvenimento terribile. Con ciò esso a vol-

te perde una parte del suo orrore, a volte è sì terribile per

chi sopravvive, ma del tutto diverso per l’infortunato stes-

so.

in essa vaga


Non voglio nemmeno parlare dei diversi tipi di morte per

incidenti in montagna, vorrei solo evidenziare un unico

punto di estremo interesse e cioè: quali sono state le sensa-

zioni dell’infortunato nel suo ultimo secondo di vita?

Al riguardo ci si immaginano cose orribili, un’estrema di-

sperazione, un’enorme angoscia, un dolore tremendo, e

si cerca di leggere nell’espressione del morto l’alterazione

della paura.

Ma non è così!

Che si tratti di una caduta su una parete di roccia, di una

caduta su ghiaccio o neve o di una cascata, non ha una

grande importanza.

La sensazione soggettiva di chi fa una caduta mortale è la

stessa, sia che egli cada da un’impalcatura di una casa o

da una parete di roccia; anche chi viene investito da una

carrozza o chi viene travolto sul lavoro da una macchina,

chi annega o chi cade sul campo di battaglia è dimostrabi-

le che prova sentimenti molto simili e guarda la morte in

viso con uguale atteggiamento.

 

in essa vaga


Ma chi è morto non può più raccontarci nulla di ciò che

ha provato, come possiamo trarre delle conclusioni al ri-

guardo?

Coloro che hanno vissuto incidenti di questo tipo, ma so-

no scampati alla morte per un soffio, hanno avuto il tem-

po di provare le stesse cose di coloro che sono morti.

In particolare ciò si può dedurre da tutti quei casi in cui

sia intervenuta una perdita di coscienza. Per quanto ri-

guarda la sensazione, lo stato di incoscienza e la morte

sono uguali.

Colui che non si risveglia più dallo stato di incoscienza e

muore, non può più raccontarci nulla; colui che si risve-

glia, si risveglia come dalla morte e può raccontarci esat-

tamente come venga percepito il morire a causa di un in-

cidente improvviso; egli quindi muore almeno……

……..due volte nella vita………

(R. Messner, Il limite della vita)




 

in essa vaga


SULLE ORME DEL PAYER (3)

Dai giornali:

Sei alpinisti morti sul Gran Zebrù….

Precedenti capitoli:

con Pietro Autier sulle orme del Payer &

sulle orme del Payer (2)

Prosegue in:

l’aquila del Gran Zebrù  (2)

Foto del blog:

sulle orme

del Payer &

l’aquila

del Gran Zebrù

Da:

i miei libri

 

 

sulle orme del payer 3

 

 

 

 

 

(Tentativo di salita al monte Zebrù e traversata del

Passo dell’Ortles)

Ci risvegliammo poco dopo la mezzanotte del 21 settembre,

e decidemmo – a causa del freddo intenso – di raccoglierci at-

 

sulle orme del payer 3

 

torno al fuoco per fare colazione.

Alle cinque e mezza lasciammo l’inospitale malga e risalim-

mo la valle, muovendoci sulla riva sinistra del torrente.

Alle sei ed un quarto ci fermammo nei pressi del ghiacciaio

 

sulle orme del payer 3

 

e riposammo per una mezz’oretta, poi riprendemmo a sali-

re, tenendoci sulla morena laterale di sinistra, sino a raggiun-

gere un nevaio molto ripido e sovrastato da pareti di ghiac-

cio friabile: poco sopra aveva inizio la vedretta vera e pro-

pria.

 

sulle orme del payer 3

 

Supponendo che il Monte Zebrù potesse venir scalato dal

suo versante meridionale, volgemmo addirittura verso un

ripido precipizio, ma dovemmo convincerci che la monta-

gna, da quel versante, era inaccessibile.

 

sulle orme del payer 3

 

Durante il nostro peregrinare fra quelle insidiose pareti

rocciose non mi ero preso cura di orientarmi a sufficienza

sui pochi punti di riferimento e, quando Pinggera mi chie-

se dove fosse l’Ortles, io gli indicai la cima di Trafoi, sba-

 

sulle orme del payer 3

 

gliando in modo clamoroso.

Quando la nebbia si dissolse, ebbi modo di constatare l’in-

fallibilità di Penggera in quel campo: l’Ortles si trovava in-

fatti proprio dove lui l’aveva indicato.

 

sulle orme del payer 3

 

Accondiscese comunque a proseguire la scalata ancora

per un breve tratto, superando rocce, scogliere appuntite

e lastroni di ghiaccio, tanto levigati da rendere indispen-

sabile l’uso della piccozza per scalinare.

 

sulle orme del payer 3

 

Ma tutto risultò inutile: ostacoli insormontabili posero

termine alla nostra scalata, costringendoci a ritornare

indietro!

 

sulle orme del payer 3

 

Un crepaccio sulla vedretta, terribilmente ripida, costrin-

se Pinggera a scavare una infinità di altri gradini verso

il basso, e quando non ce ne fu più bisogno, io scesi ai pie-

di della montagna, mentre Pinggera andò a riprendersi

 

sulle orme del payer 3

 

il sacco che aveva lasciato presso una sporgenza rocciosa

e si ricongiunse con me solo quando avevo già superato

felicemente un pericoloso passaggio ghiacciato (senza ram-

poni) sul ciglio superiore della Vedretta di Zebrù.

(…prosegue….)

 

 

 

 

 

sulle orme del payer 3

UCCIDERE CANTANDO (25)

 

  che ogni caccia è iniziata

 

 

Precedente capitolo:

not now John (24)

Prosegue in:

Quarto Potere (un altro dialogo….) (26)

uccidere cantando…..

Foto del blog:

mentre facevamo l’amore

Libri, appunti…dialoghi:

i miei libri


 

che ogni caccia è iniziata

 

 

 

 





‘Buongiorno.’

…Anche la sua voce era mite. Con una sfumatura di timidezza.

E anche i suoi occhi eran miti. D’un bel verde acqua chiara.

E tutto il suo volto era mite. Dalla forma delle guance scavate

al color della pelle: quel rosa lentigginoso che hanno spesso i

biondi carota.

D’età dimostrava poco più di trent’anni.

‘Allora se vogliamo andare…’

‘Sì capitano.’ 

….Ci siamo arrampicati sulla carlinga, ci siamo sistemati nei

sedili. I posti erano fianco a fianco. Il mio a destra e il suo a

sinistra. Ci siamo allacciati le cinghie, fissando bene quelle

del paracadute, abbiamo infilato il casco e aggiustato sulla

bocca il respiratore.

 

che ogni caccia è iniziata

 

Io mi sentivo vagamente ridicola e ho pensato: menomale che

non c’è nessuno a guardarmi. Poi ho pensato: che bella giorna-

ta, la più bella giornata che abbia visto in Vietnam, non è giusto

ammazzare la gente in una giornata così.

Dentro il casco qualcosa ha gracchiato.

‘Mi sente? Do you read me?’

‘Yessir, sissignore.’

‘L’obiettivo è a sud di My Tho. Si tratta di eliminare un residuo

vietcong e preparare una zona di atterraggio.’

‘Sissignore.’

‘Se ci colpiscono in picchiata, tento di portare l’aereo in posizio-

ne orizzontale, poi alzo un dito e lei salta per prima. Io cerco di

seguirla subito, OK?’

‘OK.’

 

che ogni caccia è iniziata

 

‘Se ci perdiamo, non si spaventi. Il pilota di ieri è stato recupe-

rato in meno di dieci minuti.’

‘Ieri?’

‘Sì, abbiamo perso due aerei in questa missione. Uno ieri e

uno ieri l’altro. Ma un pilota è riuscito a salvarsi.’

‘E uno?’

‘Uno no.’

Ha dato un’occhiata alle mie scarpe ed ha avviato i motori.

I motori hanno rombato, le napalm hanno preso ad oscillare,

la pista è schizzata via e ci siamo trovati su un cielo color fior-

daliso.

‘Bello, eh?’

‘Sì, capitano.’

‘Gli voglio bene, io a quest’aereo. Un pilota, qui dentro, si sente

come un automobilista in una Ferrari. Ha sentito parlare del…

YAT37?’

‘No.’

 

che ogni caccia è iniziata

 

‘Be’, è ancora più perfetto. Pensi può compiere una missione con

un motore solo. Supponga che un motore si rompa al decollo: lui

sale tranquillo come niente fosse successo.’

‘Ah, sì?’

‘L’A37, però, vale quasi lo YAT37.’ 

….’Capitano, quanto tempo impiegheremo per giungere su….

sull’obiettivo?’

‘Trenta minuti circa.’

Ancora trenta minuti e sarebbero morti. O saremmo morti noi.

O noi e loro insieme. Trenta minuti e basta, e il cielo era di ….

fiordaliso, e Martell ci volava accanto, agitando la mano.

Potevamo vederlo benissimo mentre agitava la mano.

Quanto durano trenta minuti?

Non durano nulla.

 

che ogni caccia è iniziata

 

D’un tratto siamo sull’obiettivo, e Andy ha detto: ‘ci siamo’,

ed è successo tutto così in fretta. L’aereo s’è buttato giù a 

picco, s’è tuffato dritto e sicuro nel vuoto, anzi in direzione

degli alberi che diventavano sempre più grandi, sempre più

vicini, ora ne potevo distinguere i rami, ora le foglie, ci suc-

chiavano verso di loro, ci venivano incontro fischiando, o

forse fischiava la bomba, alla mia destra scendeva la bomba,

lui l’aveva sganciata e lei scendeva con noi, parallela a noi,

lunghissima e nera: napalm….

L’ho vista e l’ho persa.

E’ scomparsa mentre gli alberi stavano per afferrarci, e ho

sentito uno strappo, una leggerezza piacevole, quel preci-

pitare è finito, sono finiti anche gli alberi, ma al loro posto

è caduto un macigno invisibile, un macigno impalpabile,

è caduto il cielo di fiordaliso, così peso, sempre più peso,

sembrava che ci schiacciasse, ci immobilizzasse legandoci

gli occhi, le braccia, il cervello che non pensava più a nulla

fuorché questo pensiero: oddio, non avrei mai creduto che

il cielo pesasse, fa’ che torni leggero.

E’ tornato leggero mentre Andy gridava con voce esultante….

 

‘FANTASTICO…! ….VEDE QUANTO ALTRO NAPALM

ABBIAMO ….. IN NOVE SECONDI SIAMO SCESI DA 

TRENTA METRI….BELLO QUESTO VOLARE….QUESTO

VAGARE PER I CIELI….E CENTRARE GLI OBIETTIVI……’

(O. Fallaci, Niente è così sia)




 

 

 

che ogni caccia è iniziata

   

POTENTE (quarto & quinto livello: stampa & derivati…) (23)

Precedente capitolo:

Mauser 7.65 (22)

Prosegue in:

not now John (24)

l’altro Oswald (ovvero come anticipare l’ag…) (2)

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stampa

& derivati

Da:

i miei libri


 

potente









Non molto dopo, il 17 febbraio 1967, ci fu un’altra bella

scossa. Avvenne nell’indimenticabile giorno in cui il….

‘New Orleans State-Item’ se ne uscì con la sua ‘big-story’. 

Jim Alcock era tutto intento a farmi vedere come avrem-

mo potuto usare i computer per memorizzare il nostro

schedario e ridurre così i nostri costi di gestione, quando

Louis Ivon, con la faccia scurissima, balzò nel mio ufficio.

 

potente


Con un gesto quasi cerimonioso stese davanti a noi una

copia del quotidiano, dicendoci: ‘Buon san Valentino!’.

Per quanto mi sentissi che qualcosa stava per succedere

dal momento che un cronista mi aveva contattato, il tito-

lo e i sottotitoli non mancarono di farmi il classico effetto

della … doccia fredda.


 PD SFERRA INDAGINE A TAPPETO SU COMPLOTTO

                                               JFK

  Misteriosi viaggi sarebbero costati somme considerevoli


L’ufficio del procuratore distrettuale di New Orleans

sta svolgendo un’ampia indagine su alcune circostanze

collegate all’uccisione del presidente John Kennedy.

Lo States-Item ha appreso che l’ufficio della procura sta

impiegando notevoli somme di denaro nell’inchiesta sul

possibile complotto che starebbe dietro l’assassinio……

Il procuratore distrettuale Jim Garrison si è rifiutato di

confermare o negare l’esistenza di una simile indagine

e di commentare le informazioni raccolte dallo States-

Item….

I viceprocuratori e gli investigatori assegnati alla pro-

cura hanno speso più di 8.000 $ per viaggi non giusti-

ficati (o meglio sono stati assenti (in)giustificati…) e

spese investigative dal 25 novembre 1966.

 

potente


‘Porco mondo!’ sbottò Alcock…..

Trattandosi di Jim, che si riservava l’impiego di simili

esclamazioni di rabbia solo negli scontri in aula,  que-

sta era proprio da considerare un’espressione blasfema

da scaricatore di porto.

‘Ma questa gente sogna!’ grugnì Ivon.

‘E come avremmo fatto ad arrivare a 8.000 $?’.

 

potente


Continuammo a leggere in silenzio.

La cronista, Rosemary (sembrava una bambina un po’

viziata, un po’ coccolata, ma molto raccomandata…)…

James, che aveva sentito che nel nostro ufficio si stava

muovendo qualcosa, era andata a richiedere agli ‘orga-

ni’ di controllo le ricevute dei nostri prelievi dal fondo

imposte e contravvenzioni (riuscì a multare anche …

me, in cima ad una montagna…, un vero caso di intui-

zione poliziesca dei tempi remoti del…).

 

potente


Era con quel denaro che stavamo finanziando la no-

stra indagine per cercare di capire che tipo di livelli

si era insediata la….

Comunque avevamo agito con la massima segretez-

za possibile, visto che questo era il modo più respon-

sabile e più efficace per gestire una materia potenzial-

mente così esplosiva.

In ogni caso la richiesta delle ricevute era un diritto del

pubblico e non poteva, né tantomeno doveva essere ne-

gata; ed in termini legali, era forse il miglior modo per

dimostrare come una certa legge funziona.., e continua

a funzionare….

 

potente


La mattina dopo, venendo da Broad Street in direzione

di Tulane Avenue, potevo vedere la folla dei rappresen-

tanti dei media accalcati uno sull’altro, che tentavano

di passare la strettoia dell’ingresso per recarsi al secon-

do piano del ‘Criminal Disrict Court Building’ dove  si

trovava il mio ufficio.

Dissi al mio autista di fare un giro attorno a quel gros-

so palazzo quasi fortificato e di entrare dall’altro lato,

dove si trovava l’ingresso dell’ufficio del coroner…, ed

entrai nel mio ufficio senza farmi notare.

 

potente


La prima edizione dei giornali era sulla mia scrivania

e cominciai a leggere l’editoriale intitolato: ‘L’indagine

di Garrison sul complotto’, che ricordava ai lettori che

il governo federale si era già esaurientemente occupa-

to della questione e poi, circa a metà, proseguiva con

le seguenti parole:


Il silenzio del signor Garrison sull’argomento ha fatto

sorgere qualche interessante interrogativo, in partico-

lare sugli 8.000 $ che sono stati sborsati per viaggi non

giustificati e per ‘spese investigative’, a partire dal 25

novembre scorso….

Il procuratore distrettuale ha veramente scoperto qual-

che valida prova aggiuntiva o si sta semplicemente as-

sicurando qualche (nostra) nuova copertina di un perio-

dico a tiratura nazionale?

Ci sembra che il signor Garrison ci debba una spiegazio-

ne….

 

potente


Mi rilessi queste righe più volte….

Per un istante pensai di buttare tutto all’aria e andarme-

ne dall’ufficio definitivamente senza pensarci troppo.

Poi presi una delle penne della dotazione che mi era sta-

ta consegnata appena ero stato eletto.

Mentre Ivon e Alcock si sedevano attorno a me in silen-

zio, mi misi lentamente a piegarla fino a trasformarla in

una ‘U’ perfetta.

Poi, senza dire un parola, la buttai nella cesta….

 

potente


‘E’ stata la mia immaginazione’, chiese Ivon, ‘o ieri qual-

cuno ci ha detto che stavamo prendendo male la cosa, che

non era successo proprio niente?’.

‘Questo era ieri’, sentenziai.

Maledettamente infuriato era il termine giusto per indica-

re  come mi sentissi in quell’istante. Fino a quel momento

avevo sperato, a dispetto di tutti i segnali contrari, che i

media avrebbero capito quanto stavo tentando di fare.

E soprattutto avevo supposto che avrebbero compreso,

comportandosi di conseguenza, che c’era stato qualcosa

di terribilmente sbagliato nelle insostenibili conclusioni a

cui era giunta la commissione Warren.

Ora comprendevo quanto fossi stato ingenuo a crederlo…..

(J. Garrison, JFK sulle tracce degli assassini)






 

potente

GIOCHI DI GUERRA (il circo di Camp Street….) (19)

Precedente capitolo:

Lee Oswald (la commissione Warren) (18)

Prosegue in:

illustri antenati (show business & commerci…) (20)

la caccia (2)

Foto del blog:

George

De Mohrenschildt

Da:

i miei libri


Un primo passo ‘storico’

dedicato alla memoria di

JFK, di Bobby…

… e alla civiltà…..


armi convenzionali firmato trattato……


 

giochi di guerra





 

giochi di guerra









….Era chiaro a tutti noi (persone razionali, coscienti, e

forse anche intelligenti…) che, in quella tarda estate

del 1963, tutto quell’andare su e giù dall’ufficio di Ba-

nister difficilmente sarebbe potuto passare inosserva-

to a tutte quelle agenzie governative.

Ci mettevamo nei panni degli agenti federali che si

trovavano nelle vicinanze e cercavamo di visualiz-

zare la scena…..

 

giochi di guerra


Per cominciare c’era quel David Ferrie, prete spreta-

to prima, e pilota di linea radiato poi, sempre in vena

di strane confidenze.

Avventuriero corrotto e un tantino feroce, con la sua

parrucca fatta in casa di mohair color rossiccio, e con

quelle sue grandi sopracciglia posticce mai al posto

giusto, amico inseparabile di Guy  (chi è Guy, direte

voi, non mi dilungo leggete il biglietto qui sotto, è lui

l’investigatore a tutte le ore, non io, che sono un sem-

plice scribacchino malvisto del suo nero taccuino…,

ma è storia…, amico mio……). 

 

giochi di guerra


Ferrie soffriva di alopecia, una malattia che rende le

sue vittime completamente calve, della stessa calvizia

di Mussolini, per intenderci….

Nel suo continuo andare e venire da quell’ufficio, esclu-

si i giorni in cui si recava oltre il lago Pontchartrain per

curare l’addestramento alla guerriglia degli esiliati cuba-

ni, vestiva spesso con tuta verde e stivali militari.

Poi come già detto c’era lo stesso Banister.

 

giochi di guerra


L’austero e impeccabile ex capo dell’ufficio dell’FBI di

Chicago, che necessariamente conosceva bene un buon

numero di colleghi del suo ex servizio di intelligence, e

che sicuramente avrà avuto l’abitudine di salutarne al-

cuni, con cui magari sarà stato solito scambiare anche

qualche chiacchiera.

 

giochi di guerra


Poi c’era il malcapitato Lee Harvey Oswald, un giova-

notto magro, dal portamento eretto grazie ai suoi anni

passati nel corpo dei marine, che regolarmente se ne

usciva dall’ufficio di Banister con un bel pacco di vo-

lantini con scritte delle cose sufficienti a far rizzare i

capelli in testa a un normale agente federale.

 

giochi di guerra


E poi quei cubani anticastristi, con la pelle un po’ più

scura della media, come tanti replicanti di Oswald, mol-

ti dei quali non rasati, con le loro tutte color verde e gli

stivali neri, che salivano e scendevano per le scale che

portavano all’ufficio (ancora non siamo arrivati ai sot-

terranei di .. Ruby….) di Banister (c’è un Banister bianco

ed uno rosso, dovunque vi troviate…).

E il più delle volte erano individui che parlavano soltan-

to lo spagnolo, talvolta anche un dialetto incomprensibil-

mente… russo o di qualche sua remota regione….

 

giochi di guerra


In più, alcuni di loro, andando e venendo dal campo di

addestramento, si portavano con loro anche le sacche

militari.

E poi, come se non bastasse, gli agenti del Secret Service

e della Naval Intelligence, dal lato di fronte della strada,

si sarebbero dovuti stufare di assistere a quel movimento

di casse di munizioni, di fumenti, di oppio, di orina, di …,

e molto altro ancora…., dimenticavo le immancabili casse

di munizioni dirette o provenienti (dai tempi del Genera-

le Crook nella guerra agli Indiani…) dall’ufficio di Bani-

ster: fucili, bombe a mano, mine terrestri, polvere bian-

ca, insomma tutto quello che veniva messo assieme per

la guerra segreta contro…. (il nemico)….

 

giochi di guerra


Durante l’intero periodo di quella estate così trafficata

del 1963 (l’anno mi pare a questo punto un inutile detta-

glio…), tutto quello che gli agenti del Secret Service e del-

l’ONI avrebbero avuto da fare sarebbe stato di accupar-

si semplicemente di quanto avevano lì a portata di ma-

no, di qualunque cosa si trattasse.

Io e pochi altri, in questo teatro dai contorni felliniani,

ci chiedemmo (col permesso dell’uomo di colore di tur-

no, promosso in grado…) ad alta voce (ma non troppo…)

se non fosse noto in anticipo che l’operazione di Banister,

con la sua sistematica e aperta violazione del Neutrality

Act (… allora, della violazione della privacy.., ora…), non

godesse di una certa protezione presso le varie agenzie

federali d’informazione.

 

giochi di guerra


Per la verità la dichiarazione grossolanamente incom-

pleta dell’FBI a proposito del raid a nord del lago Pont-

chartrain, a conti fatti, era equivalsa a un’enorme coper-

tura delle continue e più sostanziose violazioni del Neu-

trality Act operate dal gruppo di Banister, una copertu-

ra proveniente dall’interno stesso dell’intelligence di

New Orleans.

Per me era chiaro che l’FBI, col suo pubblicizzato ‘raid’

avesse agito nell’intento di dare l’impressione di segui-

re le direttive del Presidente, mentre la parte essenziale,

con interessi economici per tutti gli addetti ai lavori, ve-

niva portata avanti da Banister (… allora; ora non sappia-

mo che nome porti…, in ogni luogo dove c’è un Guy……).

 

giochi di guerra


Ottenni una copia del rapporto del Secret Service sulle

 indagini al 544 di Camp Street, l’ingresso dell’ufficio

di Banister, e lo distribuii al mio staff.

La sintesi di quel rapporto, datato…. (ed anche questo

è un inutile dettaglio, visto che le cose da allora sono an-

date peggiorando…) 1963, diceva che un’ ‘estesa indagi-

ne’ aveva rivelato che nessuno a quell’indirizzo ricorda-

va di aver mai visto Lee Harvey Oswald.

Questo stesso documento proseguiva affermando che

nessun tipo di collegamento era stato scoperto presso

quell’indirizzo…

giochi di guerra


Anche un profano, nel cui palazzo Barnum & Bailey

stessero gestendo un circo, non avrebbe avuto bisogno di

vedere così tanti elefanti prima di accorgersi che non era-

no dei normali vicini….

Era opinione generale del mio gruppo informale d’indagi-

ne che il circo al 544 di Camp Street non  fosse stato così

invisibile come il rapporto del Secret Service cercava di

fare intendere.

 

giochi di guerra


Non ne eravamo ancora certi (noi siamo certi…), ma ci 

stavamo imbattendo nei primi segnali che esisteva (esi-

ste) una forza nel nostro (ed in ogni paese…) che, a qua-

lunque costo, per superiori interessi economici, voleva

(allora… come ora…) che la Guerra Fredda e anche quel-

la ‘calda’ in… (………) continuassero….

Concludo…, non voglio rovinare la cena né a Ruby né al-

le sue promettenti ballerine, nonché ai suoi nuovi clienti

ed alleati……

(J. Garrison, JFK sulle tracce degli assassini)






 

giochi di guerra

LEE OSWALD (la pedina della C.I.A.) (17)

Precedente capitolo:

ai Profeti si spara (parole vere e passi falsi) (16)

Prosegue in:

Lee Oswald (la commissione Warren) (18) &

un altro omicidio (un giorno da ricordare: 5/6/1968) &

la caccia (2)

Foto del blog:

Fotogramma  313  (la collinetta)

Fotogramma  413  (i complici…)

 


 

lee oswald








Più ci pensavo e più ero tormentato dalla grande incon-

gruenza di tutto quanto…..

Avevo di fronte un Lee Harvey Oswald che il governo

ci aveva presentato quasi come se fosse stato il più con-

vinto comunista dopo Lenin.

Per un altro verso, a noi risultava un Oswald in carne

e ossa che usava come quartier generale per le sue azio-

ni propagandistiche l’ufficio di Guy Banister, in prece-

denza membro dell’FBI e della Naval Intelligence e, più

recentemente della Anti-Comunist League of the Carib-

bean.

 

lee oswald


E come se questo non bastasse, Oswald era stato buon

amico di un soldato di ventura anticomunista e fanfa-

rone, di nome David Ferrie, di un uomo che aveva i-

struito i piloti anticastristi per l’operazione alla Baia

dei Porci nel 1961 e che nel 1963 aveva il compito di

addestrare alla guerriglia altri esiliati cubani in vista

di qualche nuova azione contro l’isola.

 

lee oswald


Quale di questi era il vero Lee Harvey Oswald?

Decisi che il modo migliore per scoprirlo era quello di

fare qualche passo indietro e di studiarmi la breve, ma

varia carriera di Oswald.

Nelle sue conclusioni, la commissione Warren sembra-

va particolarmente convinta dell’idea che Oswald fos-

se stato un ‘marxista militante’.

 

lee oswald


Quanto profondo fosse stato il suo impegno fu proprio

quello che scoprii in seguito.

Esaminai la testimonianza di John Donovan, che era

tenente a El Toro quando c’era Oswald. La sua testimo-

nianza a proposito delle inclinazioni di sinistra di Os-

wald era esplicita:

‘Non l’ho mai sentito in nessun modo, né in qualunque

forma, confessare di essere un comunista, o di avere mai

pensato di poter essere un comunista’.

 

lee oswald


Le dichiarazioni degli altri commilitoni di Oswald pres-

so quella base dei marine sono pressoché uniformi nel

concordare che non aveva nessuna propensione per il

comunismo o per qualsiasi altro genere di ideologia di

sinistra.

Solamente un uomo che era stato con lui in quella base

dei marine testimoniò che Oswald aveva mostrato del-

le tendenze marxiste.


lee oswald

 

Quest’uomo, Kerry Thornley, non era stato in servizio

assieme a Oswald così a lungo come parecchi altri e non

aveva mai vissuto nella stessa zona della base di El Toro.

La cosa mi sembrava curiosa. Inoltre, la testimonianza

di Thornley era stata raccolta direttamente dalla com-

missione Warren e, conseguentemente, era stata messa

in grande risalto dai media.

 

lee oswald


L’assegnazione di Oswald, durante la sua carriera mili-

tare nei marine, alla base aerea di Atsugi in Giappone nel

1957, prima del suo arrivo a El Toro, era coerente con la

possibilità che avesse lavorato nei servizi segreti militari.

Scoprii che Atsugi era la base di tutti i voli super-segreti

degli U-2 sulla Cina.

L’unità antiaerea di Oswald, che richiedeva un alto livel-

lo di segretezza, consisteva nel servizio di guardia agli

hangar degli U-2.

 

lee oswald


Era circondata da una rigida protezione armata.

Persino il camion della posta non poteva entrare senza

un sergente posto in piedi e in possesso della parola d’or-

dine in vigore quel giorno.

Pensai che il possibile ruolo di Oswald nei servizi di intel-

ligence potesse trovare conferma nei due documenti della

C.I.A., citati nel rapporto della commissione Warren.

Sfortunatamente, questi documenti, insieme con molte al-

tre schede della C.I.A., erano stati classificati come segreti

dopo l’inchiesta della commissione Warren, e quindi per

me erano inaccessibili.

 

lee oswald


Nell’estate del 1959, circa cinque mesi dopo che aveva

tenuto il suo esame di russo a El Toro, Oswald fece doman-

da per lasciare prima del termine il corpo dei marine.

La ragione addotta era che sua madre era in cattive condi-

zioni fisiche, e che queste richiedevano la sua presenza e

la sua assistenza.

Nel settembre del 1959, venne congedato con quattro setti-

mane di anticipo per ‘motivi famigliari’. Dopo aver passato

tre giorni con la madre a Forth Worth, partì per New Or-

leans.

 

lee oswald


Il percorso seguito da Oswald per andare da New Orleans

in Unione Sovietica appariva abbastanza sconcertante.

Scoprii che la partenza per l’Europa era avvenuta in nave.

Il biglietto del piroscafo era stato ritirato all’agenzia Lykes

di New Orleans dell’International Trade Mart, diretto da

Clay Shaw, il cui nome avremmo avuto modo di ritrovare

più avanti nel corso dell’indagine.

Perciò Oswald si imbarcò per l’Inghilterra e da qui prese il

volo verso est.

 

lee oswald


Comunque, quale sia stato precisamente il tipo di servizio

aereo da lui usato resta misterioso.

La commissione Warren stabilì che Oswald aveva preso un

volo diretto a Helsinki il 9 ottobre il giorno stesso del suo ar-

rivo in Inghilterra.

Tuttavia il passaporto di Oswald mostrava che non aveva

lasciato l’Inghilterra prima del 10 ottobre, cioè il giorno se-

guente.

 

lee oswald


Dopo che Oswald arrivò a Mosca in treno dalla Finlandia

il 16 ottobre 1959, riuscì a ottenere una serie di contatti con

alcuni funzionari sovietici.

La reazione iniziale dei sovietici era stata guardinga, per

potersi fare un’idea di quel giovane americano che, non so-

lo si lasciava alle spalle il suo paese, ma che prometteva an-

che dei regali: le segrete delizie di una certa tecnologia an-

tiaerea americana.

 

lee oswald


Il nuovo venuto venne sottoposto a intenso interrogatorio,

anche se, quando, dove, e in quali circostanze, non è mai

stato rivelato.

Dopo due settimane, Oswald fece un’improvvisa appari-

zione davanti all’ambasciata degli Stati Uniti. Con aria

trionfante, consegnava il suo passaporto e una lettera che

concludeva dicendo che la sua fedeltà ora era riservata

all’Unione Sovietica.

 

lee oswald


Inoltre annunciava di aver detto ai funzionari sovietici

che avrebbe dato loro informazioni relative al corpo dei

marine e alle altamente segrete operazioni radar nelle

quali era stato coinvolto.

All’inizio del gennaio del 1960, Oswald fu mandato a

Minsk, una delle sei città presso le quali vengono inviati

solitamente i disertori politici, e gli venne dato un lavoro

da meccanico in una fabbrica di radar.

Con una chiara dimostrazione che il sistema sovietico

era gentile verso chi defezionava, gli vennero concessi un

certo numero di privilegi non previsti per la media dei la-

voratori russi, compreso un appartamento confortevole

e un salario relativamente alto.

 

lee oswald


Nel febbraio del 1961, dopo quindici mesi in Unione So-

vietica, Oswald si rivolse all’ambasciata americana a Mo-

sca per ritornare negli Stati Uniti.

Sorprendentemente, il governo non fece obiezioni né sul

ritorno di Oswald in America, né sul fatto che Marina ve-

nisse con lui.

Era come se, finalmente, il ghiaccio della Guerra Fredda

si fosse improvvisamente sciolto. Forse era per l’arrivo

della primavera…….

 

lee oswald


Il governo non denunciò mai Oswald per la sua dichiara-

ta defezione.

Immediatamente, dopo il loro ritorno in USA, Oswald con

Marina e la figlia si trasferirono a Fort Worth, nel Texas.

Qui lavorò presso la Leslie Welding Company fino al 7 ot-

tobre 1962, giorno in cui Gerge de Mohrenschildt e sua

moglie arrivarono da Dallas per passare la serata come

ospiti di Lee e Marina, nel loro modesto appartamento.

 

lee oswald


Qualsiasi persona al corrente dei rispettivi stili di vita e

delle storie personali di un certo Lee Oswald, dipendente

della Leslie Welding Company, e del barone George de

Mohrenscildt, membro del Dallas Petroleum Club, avreb-

be avuto l’impressione di una scena alquanto anomala.

Anche se Oswald era abbastanza abile da cavarsela intel-

lettualmente in compagnia di chiunque, era anche eviden-

te che lui e de Mohrenschildt avevano interessi reciproci,

non ancora rivelati ufficialmente, che facevano sì che am-

bedue trovassero interessante la compagnia dell’altro.

 

lee oswald


Il giorno seguente, 8 ottobre, Lee fece i bagagli e si trasferì

a una cinquantina di chilometri da Dallas, dove viveva de

Mohrenschildt.

Oswald non dovette perdere troppo tempo per trovare un

nuovo impiego presso l’ufficio di collocamento per il Texas

a Dallas.

A ogni modo, prima della fine di ottobre, Oswald aveva

trovato un lavoro che, per un ex transfuga in Unione So-

vietica, appariva come qualcosa di improbabile.

Caso volle che la Jagger-Stovall-Chiles, sulla base di un

contratto con il Pentagono, si era impegnata a produrre

delle carte geografiche e delle mappe per uso militare….

 

lee oswald


Nella vita sociale, malgrado la sua ‘defezione’ e le sue

aperte dichiarazioni di fedeltà al comunismo, Oswald

e la sua famiglia venivano accolti a braccia aperte dal-

la comunità Russia Bianca di Dallas.

Si noti che la maggior parte dei russi bianchi professa-

va un’ideologia politica in qualche modo più a destra

di quella dell’ex zar Nicola.

Vivevano nell’attesa del giorno in cui i comunisti sareb-

bero stati cacciati dalla Russia e loro sarebbero potuti

tornare nella loro patria.

 

lee oswald


Eppure, caso anomalo, questa era la gente che aveva

aiutato Lee e Marina a trovare casa. Erano loro che si

preoccupavano che ci fosse abbastanza latte per la

bambina e che si diedero da fare perché fosse ricovera-

ta in ospedale quando ebbe un attacco di febbre alta.

 

lee oswald


Per una prima e breve ma non certo conclusione di que-

sta prima parte, possiamo con certezza affermare che,

il trattamento riservato a Oswald, dopo il suo ritorno in

patria, sia dall’Intelligence, sia dai singoli individui che

professavano l’anticomunismo, mi condusse a un’unica

matematica certezza e conclusione:

che in Unione Sovietica Oswald era stato utilizzato per

una missione segreta a favore della C.I.A. per conto del

governo degli Stati Uniti.

Cominciai a rendermi rapidamente conto che nel perio-

do che era seguito al ritorno di Oswald dall’Unione So-

vietica, gli esiliati anticomunisti e alcune parti dei servi-

zi di informazione mostravano interessi convergenti per

il suo valore potenziale.

Non era, quindi, un caso che Oswald fosse circondato da-

gli emigrati dalla Russia Bianca a Dallas e dagli esiliati

anti-castristi a New Orleans……

Gli interessi in gioco, come vedremo in seguito facevano

convergere ad un unica ‘ipotesi’…. la guerra…… e con es-

sa un esteso traffico di armi…….

(J. Garrison, JFK sulle tracce degli assassini)







 

lee oswald


lo specchio dei tempi: Harbin (14)

Precedente capitolo:

lo specchio dei tempi:… Harbin (13)

Prosegue in:

ai profeti si spara (parole vere e passi falsi) (15)

ai profeti si spara (parole vere e passi falsi) (16)

l’omicidio (8)

un altro omicidio (un giorno da ricordare: 5/6/1968) (2)

Foto del blog:

l’…….

omicidio

Da:

i miei libri &

Frammenti in rima

 

 

 

bianche







(lo specchio dei tempi: Harbin….)

Un grande silenzio segue le ultime parole del vecchio

generale.

Sulle anime e sulle ubbriachezze grava il peso di tutti

quei mille e mille morti rimasti nella neve. Poi da uno

dei tavoli si alza una voce ed intona un canto. Tutti i

cosacchi balzano in piedi a far coro.

E’ un canto nazionale cosacco: il ‘Sagustie Kazaki’: un

po’ religioso, un po’ guerriero, un po’ barbaro: straordi-

nariamente forte.

Il vecchio generale lo ascolta in piedi, la mano alla fron-

te, nel saluto militare. Un soffio di poesia rinfresca e no-

bilita la taverna miserabile nella quale agonizza – grot-

tesca e dolorosa – una epopea.

Nel frattempo era entrata nella taverna una giovane

donna – bellissima – e s’era seduta al tavolo della vec-

chia dei ceci.

Non doveva avere più di vent’anni.

Una di quelle straordinarie bellezze bionde che si tro-

vano nei vicoli di Harbin.

– Ballaci qualche cosa, Maruscka!

le dice qualcuno quando il coro è terminato e le ani-

me sono tutte sospese verso l’Infinito.

– Ho altro per la testa che ballare, Vassili!

risponde la ragazza.

– Maestro, la ‘Glàsaia’,

chiedono parecchi.

Il pianista attacca il pezzo sulla tastiera gialla e sdentata

che pare anch’essa un frantumo di guerra e di rivoluzio-

ne.

 

bianche


Una donna che sta tutta raggomitolata in un angolo, can-

ta  per conto suo la canzone senza abbandonare il suo an-

golo né il suo raggomitolamento. Ha una voce calda e dol-

ce, con alcune note basse, aspre e dolenti.

Dinanzi le fuma un piatto di cavoli lessi, tra due bottigliet-

te di vodka, già vuote.

Di scatto, Màruscka s’alza, si strappa il cappello che libe-

ra una formidabile capigliatura bionda tutta ricci e baleni,

si  punta le mani sui fianchi con un gesto mezzo lascivo

mezzo guerriero, e fra gli applausi generali attacca la dan-

za classica cosacca.

E’ una danza di maneggio e di steppa che in certi momen-

ti ha il ritmo dei trotti cadenzati ed in altri l’impeto dei

galoppi a tutta briglia.

La danza strappa agli avventori urla selvagge di entusia-

smo. Altre bottiglie finiscono in pezzi sotto le gambe dei

tavoli.

– Viva Kolciak! Viva Semionof!

si grida.

– Abbasso Sirowy!

urla il gigante dal ciuffo.

– Che Dio li maledica!

aggiunge con costanza la vecchia dei ceci.

E l’esaltazione slava esplode nella bettola fumosa.

Tutti cantano, gridano, parlano, masticano, tracanna-

no, litigano, si abbracciano, rompono piatti e bottiglie.

Le fiamme dei fornelli avvampati intorno alle padelle

proiettano bagliori spettrali sui volti degli uomini e del-

le femmine. Le mani battono con cadenza selvaggia il

ritmo frenetico del finale della ‘cosacca’.

Magnifica è la femmina con la bionda criniera sconvol-

ta dalla danza, rosse le guance, fiammeggianti gli occhi,

palpitante il seno, tutto fremente e sudato il corpo felino.

– Forza, Màruscka! Brava, Mu-ka! Avanti, Marka!……

(M. Appelius, Al di là della grande muraglia)






 

bianche