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Sto congetturando che, in tali circostanze, la coscienza avrebbe
il dovuto riconoscimento come mezzo per suscitare i giudizi ap-
propriati.
Perché dico il contrassegno della coscienza è una forma di giu-
dizio non algoritmica?
La ragione deriva in parte dalle mie esperienze come matematico.
Io semplicemente non mi fido delle mie azioni algoritmiche incon-
sce quando la mia consapevolezza non dedica loro un’attenzio-
ne sufficiente.
Spesso non c’è niente di sbagliato nell’algoritmo in quanto algori-
tmo, in un qualche calcolo che viene eseguito, ma è quello il giu-
sto algoritmo da scegliere per il problema in oggetto?
Per fare un esempio semplice, una volta imparate le regole algo-
ritmiche per moltiplicare due numeri fra loro e per dividere un nu-
mero per un altro, come si può sapere se, in un problema dato,
si debbano moltiplicare i due numeri oppure dividerne uno per
l’altro?
Per prendere questa decisione si deve pensare, e formulare un
giudizio cosciente. Ovviamente, una volta che sia risolto un gran
numero di problemi simili, la decisione se moltiplicare o dividere
i numeri potrebbe diventare naturale e potrebbe essere eseguita
algoritmicamente, magari dal cervelletto.
A questo punto la consapevolezza non è più necessaria; allora
si può permettere senza pericolo alla propria mente cosciente di
vagare e contemplare altre cose, anche se di tanto in tanto si può
avere bisogno di controllare che l’algoritmo non sia stato tratto in
errore in qualche modo.
Lo stesso tipo di cosa avviene di continuo a tutti i livelli nel pen-
siero matematico. Spesso quando si fa matematica, ci si sforza
di trovare algoritmi, ma questo sforzo non sembra essere un
procedimento algoritmico.
Una volta trovato un algoritmo appropriato, il problema è in un
certo senso risolto. Inoltre il giudizio matematico che un qualche
algoritmo sia in effetti esatto o appropriato è un tipo di ragiona-
mento che richiede molta attenzione cosciente.
Qualcosa di simile si verificò nel caso della discussione di siste-
mi formali per la matematica descritti da Godel.
Si può prendere l’avvio da alcuni assiomi, dai quali si devono
derivare varie proposizioni matematiche. Quest’ultimo procedi-
mento potrebbe essere in effetti algoritmico, ma per decidere se
gli assiomi siano o no appropriati occorre il giudizio di un mate-
matico cosciente.
… Come ho detto in precedenza, buona parte della ragione per
credere che la coscienza sia in grado di influire su giudizi di veri-
tà in un modo non algoritmico deriva dalla considerazione del
Teorema di Godel…… (nella presente circonferenza inscritto).
(Roger Penrose, La mente nuova dell’Imperatore)
(Fotografie di: Ole Salomonsen)