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c’è alloggio signor locandiere? (9)
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Urlano contro ‘Invetriata’ (1) & (2)
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Restò perplesso don Chisciotte, sbalordito Sancio, sospeso il cugino,
attonito il paggio, confuso il locandiere, e infine stupefatti quelli che
avevano sentito ciò che aveva detto il burattinaio che proseguì dicen-
do:
– E tu, buon Sancio Panza, lo scudiero migliore e del miglior
cavaliere del mondo, gioisci! che la tua brava moglie Teresa Panza
sta bene, e a quest’ora sta cardando una libbra di lino, e per maggio-
ri particolari, sul lato sinistro ha un boccale rotto che contiene una
buona quantità di vino, con cui passa il tempo mentre lavora.
– Lo credo bene,
rispose Sancio;
– Perché lei è un’anima semplice, e se non fosse gelosa, io non la
cambierei nemmeno con la gigantessa Andandola, che secondo
il mio signore era una donna molto a posto e di merito; e la mia
Teresa è di quelle che non si trattano male, sia pure a spese dei
suoi eredi.
– Io sostengo dunque,
disse a questo punto don Chisciotte,
– Che chi legge molto viaggia molto, molto vede e molto sa.
E lo dico, perché: quale argomento sarebbe stato mai sufficiente
a convincermi che vi sono al mondo delle scimmie indovine, come
l’ho vista ora coi miei occhi? Perché io sono per l’appunto quel don
Chisciotte della Mancia che ha detto questa brava bestia, anche se
si è spinta un po’ troppo nelle mie lodi; ma quale che io mi sia, son
debitore al cielo, che mi dotò d’un animo dolce e compassionevole,
sempre incline a far bene a tutti e male a nessuno.
– Se io ci avessi danaro,
disse il paggio,
– Domanderei alla signora scimmia che cosa mi succederà nel viag-
gio che sto facendo.
Al che rispose Mastro Pietro, che s’era già alzato dai piedi di don
Chisciotte:
– Ho già detto che questa bestiola non risponde per l’avvenire; che
se rispondesse, non avrebbe importanza il fatto di non aver donato;
che per servire il signor don Chisciotte, qui presente, io rinunzierei
a qualsiasi interesse. E ora, perché gli è dovuto, e per fargli piacere,
voglio armare il mio teatrino per far divertire tutti quelli che son
nella locanda, senza alcun pagamento.
Sentendo ciò, e tutto contento, il locandiere indicò il posto dove
si poteva collocare il teatrino, e in un momento fu fatto.
Don Chisciotte non era però troppo soddisfatto delle profezie del-
la scimmia, poiché non gli sembrava legittimo che una scimmia
potesse indovinare, né sulle cose future né sulle passate; e così,
mentre Mastro Pietro sistemava il teatrino, don Chisciotte si riti-
rò con Sancio in un angolo della stalla, senza che li sentisse nes-
suno, gli disse:
– Vedi Sancio, io ho ben considerata la eccezionale capacità di
questa scimmia, e per conto mio ritengo che quel Mastro Pietro
suo padrone deve aver fatto sicuramente un patto, tacito o e-
spresso, col diavolo.
– Un patio spesso, col diavolo?
disse Sancio.
– Allora deve essere proprio sporco. Ma che gliene importa a quel
Mastro Pietro di avere un patio?
– Non mi capisci, Sancio: voglio dire che deve aver fatto qualche
accordo col diavolo, perché infonda nella scimmia quell’abilità,
con cui si guadagna da mangiare, e dopo che sarà ricco gli dovrà
dare la sua anima, che è ciò a cui mira quel nemico dell’umanità.
E m’induce a crederlo il fatto che la scimmia non risponde se
non alle cose passate o presenti, e la sapienza del diavolo non
può estendersi oltre di queste; perché quelle a venire non le sa
se non per congetture, e non sempre; che solo a Dio è riservato
di conoscere i tempi e i momenti, e per Lui non c’è passato o
futuro, poiché tutto è presente.
E se le cose stanno così, come certamente staranno, è evidente
che questa scimmia parla secondo il linguaggio del diavolo,
e mi stupisco che non l’abbiano denunziata al Santo Uffizio…..
……
(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia)