Dai giornali:
Sei alpinisti morti sul Gran Zebrù….
Precedenti capitoli:
con Pietro Autier sulle orme del Payer &
Prosegue in:
Foto del blog:
Da:
(Tentativo di salita al monte Zebrù e traversata del
Passo dell’Ortles)
Ci risvegliammo poco dopo la mezzanotte del 21 settembre,
e decidemmo – a causa del freddo intenso – di raccoglierci at-
torno al fuoco per fare colazione.
Alle cinque e mezza lasciammo l’inospitale malga e risalim-
mo la valle, muovendoci sulla riva sinistra del torrente.
Alle sei ed un quarto ci fermammo nei pressi del ghiacciaio
e riposammo per una mezz’oretta, poi riprendemmo a sali-
re, tenendoci sulla morena laterale di sinistra, sino a raggiun-
gere un nevaio molto ripido e sovrastato da pareti di ghiac-
cio friabile: poco sopra aveva inizio la vedretta vera e pro-
pria.
Supponendo che il Monte Zebrù potesse venir scalato dal
suo versante meridionale, volgemmo addirittura verso un
ripido precipizio, ma dovemmo convincerci che la monta-
gna, da quel versante, era inaccessibile.
Durante il nostro peregrinare fra quelle insidiose pareti
rocciose non mi ero preso cura di orientarmi a sufficienza
sui pochi punti di riferimento e, quando Pinggera mi chie-
se dove fosse l’Ortles, io gli indicai la cima di Trafoi, sba-
gliando in modo clamoroso.
Quando la nebbia si dissolse, ebbi modo di constatare l’in-
fallibilità di Penggera in quel campo: l’Ortles si trovava in-
fatti proprio dove lui l’aveva indicato.
Accondiscese comunque a proseguire la scalata ancora
per un breve tratto, superando rocce, scogliere appuntite
e lastroni di ghiaccio, tanto levigati da rendere indispen-
sabile l’uso della piccozza per scalinare.
Ma tutto risultò inutile: ostacoli insormontabili posero
termine alla nostra scalata, costringendoci a ritornare
indietro!
Un crepaccio sulla vedretta, terribilmente ripida, costrin-
se Pinggera a scavare una infinità di altri gradini verso
il basso, e quando non ce ne fu più bisogno, io scesi ai pie-
di della montagna, mentre Pinggera andò a riprendersi
il sacco che aveva lasciato presso una sporgenza rocciosa
e si ricongiunse con me solo quando avevo già superato
felicemente un pericoloso passaggio ghiacciato (senza ram-
poni) sul ciglio superiore della Vedretta di Zebrù.
(…prosegue….)