GIOCHI DI GUERRA (il circo di Camp Street….) (19)

Precedente capitolo:

Lee Oswald (la commissione Warren) (18)

Prosegue in:

illustri antenati (show business & commerci…) (20)

la caccia (2)

Foto del blog:

George

De Mohrenschildt

Da:

i miei libri


Un primo passo ‘storico’

dedicato alla memoria di

JFK, di Bobby…

… e alla civiltà…..


armi convenzionali firmato trattato……


 

giochi di guerra





 

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….Era chiaro a tutti noi (persone razionali, coscienti, e

forse anche intelligenti…) che, in quella tarda estate

del 1963, tutto quell’andare su e giù dall’ufficio di Ba-

nister difficilmente sarebbe potuto passare inosserva-

to a tutte quelle agenzie governative.

Ci mettevamo nei panni degli agenti federali che si

trovavano nelle vicinanze e cercavamo di visualiz-

zare la scena…..

 

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Per cominciare c’era quel David Ferrie, prete spreta-

to prima, e pilota di linea radiato poi, sempre in vena

di strane confidenze.

Avventuriero corrotto e un tantino feroce, con la sua

parrucca fatta in casa di mohair color rossiccio, e con

quelle sue grandi sopracciglia posticce mai al posto

giusto, amico inseparabile di Guy  (chi è Guy, direte

voi, non mi dilungo leggete il biglietto qui sotto, è lui

l’investigatore a tutte le ore, non io, che sono un sem-

plice scribacchino malvisto del suo nero taccuino…,

ma è storia…, amico mio……). 

 

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Ferrie soffriva di alopecia, una malattia che rende le

sue vittime completamente calve, della stessa calvizia

di Mussolini, per intenderci….

Nel suo continuo andare e venire da quell’ufficio, esclu-

si i giorni in cui si recava oltre il lago Pontchartrain per

curare l’addestramento alla guerriglia degli esiliati cuba-

ni, vestiva spesso con tuta verde e stivali militari.

Poi come già detto c’era lo stesso Banister.

 

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L’austero e impeccabile ex capo dell’ufficio dell’FBI di

Chicago, che necessariamente conosceva bene un buon

numero di colleghi del suo ex servizio di intelligence, e

che sicuramente avrà avuto l’abitudine di salutarne al-

cuni, con cui magari sarà stato solito scambiare anche

qualche chiacchiera.

 

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Poi c’era il malcapitato Lee Harvey Oswald, un giova-

notto magro, dal portamento eretto grazie ai suoi anni

passati nel corpo dei marine, che regolarmente se ne

usciva dall’ufficio di Banister con un bel pacco di vo-

lantini con scritte delle cose sufficienti a far rizzare i

capelli in testa a un normale agente federale.

 

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E poi quei cubani anticastristi, con la pelle un po’ più

scura della media, come tanti replicanti di Oswald, mol-

ti dei quali non rasati, con le loro tutte color verde e gli

stivali neri, che salivano e scendevano per le scale che

portavano all’ufficio (ancora non siamo arrivati ai sot-

terranei di .. Ruby….) di Banister (c’è un Banister bianco

ed uno rosso, dovunque vi troviate…).

E il più delle volte erano individui che parlavano soltan-

to lo spagnolo, talvolta anche un dialetto incomprensibil-

mente… russo o di qualche sua remota regione….

 

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In più, alcuni di loro, andando e venendo dal campo di

addestramento, si portavano con loro anche le sacche

militari.

E poi, come se non bastasse, gli agenti del Secret Service

e della Naval Intelligence, dal lato di fronte della strada,

si sarebbero dovuti stufare di assistere a quel movimento

di casse di munizioni, di fumenti, di oppio, di orina, di …,

e molto altro ancora…., dimenticavo le immancabili casse

di munizioni dirette o provenienti (dai tempi del Genera-

le Crook nella guerra agli Indiani…) dall’ufficio di Bani-

ster: fucili, bombe a mano, mine terrestri, polvere bian-

ca, insomma tutto quello che veniva messo assieme per

la guerra segreta contro…. (il nemico)….

 

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Durante l’intero periodo di quella estate così trafficata

del 1963 (l’anno mi pare a questo punto un inutile detta-

glio…), tutto quello che gli agenti del Secret Service e del-

l’ONI avrebbero avuto da fare sarebbe stato di accupar-

si semplicemente di quanto avevano lì a portata di ma-

no, di qualunque cosa si trattasse.

Io e pochi altri, in questo teatro dai contorni felliniani,

ci chiedemmo (col permesso dell’uomo di colore di tur-

no, promosso in grado…) ad alta voce (ma non troppo…)

se non fosse noto in anticipo che l’operazione di Banister,

con la sua sistematica e aperta violazione del Neutrality

Act (… allora, della violazione della privacy.., ora…), non

godesse di una certa protezione presso le varie agenzie

federali d’informazione.

 

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Per la verità la dichiarazione grossolanamente incom-

pleta dell’FBI a proposito del raid a nord del lago Pont-

chartrain, a conti fatti, era equivalsa a un’enorme coper-

tura delle continue e più sostanziose violazioni del Neu-

trality Act operate dal gruppo di Banister, una copertu-

ra proveniente dall’interno stesso dell’intelligence di

New Orleans.

Per me era chiaro che l’FBI, col suo pubblicizzato ‘raid’

avesse agito nell’intento di dare l’impressione di segui-

re le direttive del Presidente, mentre la parte essenziale,

con interessi economici per tutti gli addetti ai lavori, ve-

niva portata avanti da Banister (… allora; ora non sappia-

mo che nome porti…, in ogni luogo dove c’è un Guy……).

 

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Ottenni una copia del rapporto del Secret Service sulle

 indagini al 544 di Camp Street, l’ingresso dell’ufficio

di Banister, e lo distribuii al mio staff.

La sintesi di quel rapporto, datato…. (ed anche questo

è un inutile dettaglio, visto che le cose da allora sono an-

date peggiorando…) 1963, diceva che un’ ‘estesa indagi-

ne’ aveva rivelato che nessuno a quell’indirizzo ricorda-

va di aver mai visto Lee Harvey Oswald.

Questo stesso documento proseguiva affermando che

nessun tipo di collegamento era stato scoperto presso

quell’indirizzo…

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Anche un profano, nel cui palazzo Barnum & Bailey

stessero gestendo un circo, non avrebbe avuto bisogno di

vedere così tanti elefanti prima di accorgersi che non era-

no dei normali vicini….

Era opinione generale del mio gruppo informale d’indagi-

ne che il circo al 544 di Camp Street non  fosse stato così

invisibile come il rapporto del Secret Service cercava di

fare intendere.

 

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Non ne eravamo ancora certi (noi siamo certi…), ma ci 

stavamo imbattendo nei primi segnali che esisteva (esi-

ste) una forza nel nostro (ed in ogni paese…) che, a qua-

lunque costo, per superiori interessi economici, voleva

(allora… come ora…) che la Guerra Fredda e anche quel-

la ‘calda’ in… (………) continuassero….

Concludo…, non voglio rovinare la cena né a Ruby né al-

le sue promettenti ballerine, nonché ai suoi nuovi clienti

ed alleati……

(J. Garrison, JFK sulle tracce degli assassini)






 

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