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Il matrimonio del cielo e dell’inferno
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(Breve premessa. La presente vuole essere un omaggio, con il beneficio del-
l’umorismo prestato alla storia, ad una delle tante ‘menti eccelse’ che im-
perversano nella nostra modesta cultura ereticale, nel riflesso e specchio
di una Chiesa che ci aiuta nell’ardua impresa, presa momentanea in ‘pre-
stito’ per questo scopo.
Sede delle prime preghiere di un fervido cristiano prima (uno dei tanti..),
un rivoluzionario poi… Solo uno dei tanti, uno dei troppi, cui né Mac-
chiavelli né i prodigiosi sovrani Bizantini, presterebbero la dovuta atten-
zione storica, ma che per ‘miracolo’ della politica e per suo mezzo, otten-
gono quanto la storia stenterebbe riconoscere loro (forse non solo la poli-
tica, ma prima, anche la natura…).
Ecco uno dei motivi per diffidare della politica e dei loro paladini e fieri
uomini di corte, e coloro prestati alla ‘giustizia’. Intendiamoci, in que-
sta sede, al contrario di taluni ciarlatani e loro associati calunniatori,
non vengono formulati né nomi – cui la presente è dedicata – né i loro
misfatti o inganni.
Lascio il gravoso compito ed impegno (come in ogni regime masche-
rato da civile democrazia) alla fervida penna dello scrittore. Ma, at-
tenzione, raccontare al gregge una possibile verità anche con l’arte
antica della maschera è pur sempre una grande ed immonda eresia.)
Nel giro di tre secoli la sola Francia eresse ottanta cattedrali, 500
grandi chiese e migliaia di chiese parrocchiali. La media dell-
‘Occidente cristiano era di una chiesa ogni 200 abitanti. La chie-
sa era il centro della vita del popolo e quella di campagna si
chiamò pieve, dal latino plebem, popolo, poi corrotto in piebe, pie-
ve.
Ecco quindi sorgere nel 1163 Notre-Dame di Parigi, con la volta al-
ta 33 metri, ma il suo primato durò poco, infatti nel 1194 glielo
strappò Chartres, con 36 metri e 52 centimetri.
Agli inizi del Duecento balzò in testa Reims, con 37 e 95, e nel
1221 Amiens, con 42 e 30. Con questo tour dell’orgoglio architet-
tonico cominciò la grande ‘crociata delle cattedrali’, chi vi parte-
cipava con offerte o prestazioni manuali otteneva le stesse in-
dulgenze di chi andava a combattere contro gli infedeli.
Nobili e popolani lavoravano a spezzare gratis le pietre, non
meno dure del cuore d’un mussulmano.
La crociata dilatò il regno di Dio in senso verticale, innalzando
guglie guizzanti verso le nubi come folgori capovolte: un affet-
tuoso assalto al cielo, quasi un’impazienza di lasciare questa val-
le di lacrime, il cui equivalente murario fu la vertiginosa vertica-
lità dello stile gotico.
I goti, nel nome, non c’entrano.
E’ un prodotto tipico della Francia del nord, subito dopo il Mil-
le.
Alla parola hanno tentato di dare due etimologie: una celtica, da
Ar Goat, paese del legno, in quanto la costruzione d’una chiesa
richiede parecchio legname; una greca, da gòes-gòetos, stregone,
che suggerisce, agli iniziati alle discipline esoteriche, l’idea dell’-
arte magica.
La Francia in quel tempo scopre l’amore, l’amore cortese e l’amo-
re per Maria, ambiguamente commisti. Compito dei prelati e so-
prattutto dei monaci fu di sublimare l’erotismo carnale, appro-
priandosi di tali correnti di sensibilità e incanalandone nella li-
turgia della chiesa.
Pietro il Venerabile, abate di Cluny, Bernardo di Chiaravalle e
molti altri composero in onore della maestà della Vergine inni
e sequenze che fra lo splendore delle luminarie e il fumo dell’-
incenso s’inserivano come gemme nella cadenza del canto litur-
gico: magici riti che preludevano al rito più grande della consa-
crazione della Madre di Dio.
Ogni episodio e aspetto della sua vita aveva una festa nel calen-
dario, il nome di Maria, l’immacolata concezione, l’annunciazio-
ne, i sette dolori, l’assunzione al cielo.
La giornata del contadino, del conte e del borghese era aperta e
chiusa dalle campane dell’Ave Maria, bastone acustico per il doci-
le gregge. Maria fu anche la regina delle crociate in Terrasanta e
ne mitigò gli orrori.
Con alterne vicissitudini che onorarono il suo nome come quel-
lo di molti altri santi custodi della cristianità ortodossa, arriviamo
sino al 1793.
Nel 1793, giustiziato Luigi XVI, la Rivoluzione deliberò che nes-
sun segno della regalità sopravvivesse, perciò abbattè, credendoli
re di Francia le statue dei re dell’Antico Testamento, allineate nel-
la galleria della facciata occidentale.
Presi al laccio, i 28 personaggi di pietra furono trascinati al suo-
lo e frantumati.
Uno dei maggiori responsabili della distruzione fu il pittore Louis
David, che addiruttura propose al Comitato dell’istruzione pubbli-
ca di erigere un monumento raffigurante il popolo francese, sopra
un piedistallo fatto con i cocci delle statue abbattute.
A questo acceso repubblicano che votò la condanna a morte del re e
poi fece parte del governo del Terrore, il furore antimonarchico non
impedì di diventare il pittore ufficiale di Napoleone e dipingere il
famoso quadro dell’Incoronazione, esposto al Louvre.
Tutto ciò che poteva offendere gli occhi repubblicani, perfino le ve-
trate con i fiordalisi di casa Borbone, fu distrutto senza pietà.
Essendo materialmente impossibile ghigliottinare Notre-Dame, i
giacobini le amputarono la guglia del transetto. Poi eressero nella
crociera un palco alto cinque metri e vi esposero i busti di Voltaire,
Rousseau, Franklin, Montesquieu, con la scritta ‘Alla Filosofia’.
Per rendere popolare il nuovo culto, promosso da Pierre-Gaspard
Chaumette, ex mozzo, ex chirurgo dei frati, che finirà ghigliottinato
da Robespierre, fu ingaggiata una vecchia ballerina dell’Opéra, che
scortata da pifferi e tamburi fu portata in trono, il 20 Brumaio dell’-
Anno Secondo vestita di bianco, con un berretto frigio in testa.
Era la Dea Ragione, alla quale fu solennemente bruciato l’incenso,
mentre un coro ‘laico’ cantava:
Discendi, o Libertà, figlia della Natura,
il popolo ha riconquistato il suo potere immortale,
sulle pompose macerie dell’antica impostura
le sue mani innalzano il tuo altare.
Successivamente l’ex cattedrale fu messa all’asta.
Il fondatore del socialismo utopistico francese, Claude-Henri de Rou-
vroy, conte di Saint-Simon, combattente con Washington nella rivo-
luzione americana la comprò.
Intendeva raderla al suolo.
Ma le pratiche dell’acquisto si arenarono per alcune formalità di
procedura, e non se ne fece nulla.
Ecco uno dei pochi casi in cui bisogna ringraziare la lentezza della
burocrazia.
Per qualche anno il tempio fu adibito a magazzino di vini, 1500 tra
botti e damigiane.
(Cesare Marchi, Grandi peccatori Grandi cattedrali)