IL TEDESCO 8

Prosegue in:

Il tedesco 8 (2)

 

 

 

 

 

(Otto Rahn, è legato per taluni presunti storici, al nome dell’eresia in

quel contesto geografico dove ha conosciuto più fortuna, dopo aver

attraversato un sentiero lungo di cui cercherò di rintracciarne i possibili

sviluppi. Credo che sia importante recarci subito nel ‘vicolo cieco’ da

lui tracciato, o forse a cui taluni hanno affidato il compito di appropriar-

si  di ‘una’ o un’ ‘intera’ cultura in maniera anomala, distorcendo ogni

possibile verità storica, ed offendendo del tutto i veri personaggi che

l’hanno originata e si sono fatti interpreti di un determinato credo in

contrasto con la dottrina ufficiale accreditata per secoli, di cui come

vedremo in seguito, l’unica colpa che gli riconosciamo forse non pro-

prio la sola, è di aver cercato di cancellare le fonti.

Per dissipare ogni dubbio verso coloro che operano in malafede

nei confronti della storia e non solo, chiarirò subito ed in fretta,

liquidando per ciò che in realtà è Otto Rahn e i suoi studi, il suo 

seguito e l’intera cultura esoterica a tal proposito.

Inutile, dannosa, forviante, manipolatoria, limitante e astrusa.

L’eresia nasce in altri luoghi, in altri contesti, con diverse testimo-

nianze filologiche, e non scindibile da ciò che l’ha originata’ e da

cui è ‘stata combattuta’, e di cui, nelle triste vicissitudini che ne

sono conseguite, ha conservato quasi per intero quel poco che ci

rimane (inteso come testimonianze e documenti).

La ‘via tedesca’ della quale Otto Rhan si fece interprete va improro-

gabilmente rimossa e con essa i suoi manipolatori…).

 

 

Per Rahn, i suoi viaggi verso Montségur erano uno dei tanti

incunaboli su cui lavorare. Il suo scopo principale era un altro:

esplorare le grandi caverne

 

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– numerose in quella regione, talune fortificate – alla conquista

del gran segreto cataro, che non era necessariamente un tesoro

materiale.

Così facendo riuscì a trasformare una leggenda locale e un po’

provinciale in una mitologia europea, destinata a influnzare non

solo i cultori  dell’esoterismo, ma anche il vertice del regime na-

zista, ad alimentare favole e misteri e soprattutto, effetto non se-

condario e non del tutto imprevisto, a trasformare un borgo sper-

duto e diroccato in un santuario del turismo di massa.

Gli sarebbe costato piuttosto caro, ma lui si accorse del prezzo

che stava pagando solo quando ormai era troppo tardi per rime-

diare, o per tirarsi indietro.

 

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Nel periodo in cui Rahn cominciò ad avvicinarsi alla storia ter-

ribile del catarismo, quegli eretici stavano tornando, molto len-

tamente, a riaffacciarsi sulla scena della storia, dopo un lungo

oblio.

Una letteratura ‘neocatara’ un po’ fantasiosa ha attribuito a perso-

naggi eminenti dell’antico movimento religioso una frase profe-

tica, pronunciata quando tutto era perduto, chi dice sulla rocca

espugnata di Montségur, chi a Tolosa, da un ‘perfetto’ condanna-

to al rogo: ‘Di qui a 700 anni tornerà verde l’alloro’.

Come se proprio nel 900, e negli anni di Rahn, dovesse verificarsi

qualche evento misterioso. Ma è una profezia costruita a posteriori,

ben dopo l’avventura dello scrittore tedesco, e certamente sotto l’in-

fluenza della sua opera. Non si stava avverando grazie a lui, fa par-

te della leggenda successiva. Raymond de Fauga, come del resto gli

altri inquisitori, non udì pronunciare simili parole dalle sue vittime,

e se per caso ci fu tra i molti torturati o uccisi chi davvero gridò qual-

cosa del genere, nessuno si prese la pena di registrarlo.

Le azioni del vescovo, persino i suoi pensieri, sono affidati alle cro-

nache del fido Guillaume Pelhisson: ed erano queste descrizioni

– come del resto tutti i documenti dei tribunali che giudicarono e

condannarono gli eretici – la vera, inconsapevole ‘profezia’, che do-

po molti secoli avrebbe acceso gli animi.

Distrutti o perduti gli scritti dei perseguitati, sarebbero stati quelli

degli inquisitori a tenere viva la memoria del massacro, a trasformar-

la dopo un lungo periodo di oblio in un grande mito destinato a ri-

presentarsi nell’Ottocento sulla scena d’Europa, per divampare poi,

nel breve volgere di pochi anni, come un incendio.

 

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Ciò che invece accadde dopo quei 700 anni profetizzati, per opera

di taluni, non poteva neppure prendere in considerazione la vera

prospettiva dell’accadimento nefasto, e la nera prospettiva che le

sue vittime avrebbero affascinato qualcuno capace di superare per

ferocia, violenza, spietatezza e, in una parola, follia, tutti gli inqui-

sitori della terra.

Ma quel che accadde in Linguadoca tra la fine del XII e l’inizio del

XIII secolo sarebbe forse rimasto, perfino nel revival moderno, poco

più che una tradizione locale, se all’appuntamento dei 700 anni dal

supplizio della dama tolosana non si fosse presentato Otto Rahn,

in cerca di fortuna e di riscatto sociale, fuggendo da una Germania

dove non riusciva a trovare la sua strada.

 

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Ma che cosa aveva davvero scoperto l’uomo che, dopo aver pian-

to sulle rovine di Montségur, vestì come se fosse del tutto natura-

le la divisa delle SS e andò incontro alla morte in una tormenta di

neve poco prima che scoppiasse la Seconda guerra mondiale, la-

sciando dietro di sé due libri e uno stuolo di speculazioni desti-

nate a sopravvivergli fino a oggi?

La risposta è molto complicata.

Rahn dipanò un filo che dalla Linguadoca martirizzata dai ‘crocia-

ti’ portava tortuosamente fino al quartier generale di Heinrich Him-

mler, il creatore delle SS, passando per il Parsifal di Wagner, l’ope-

ra che aveva ridato dopo molti secoli un’enorme popolarità alla sa-

ga del Graal.

 

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Non inventò nulla, mise insieme temi, suggestioni e leggende 

che trovò già pronte tra Parigi e la rocca di Montségur, alta sul-

la stretta valle dell’ Ariège a ridosso della frontiera spagnola.

Nei catari non identificò solo i custodi del Graal inteso come sim-

bolo esoterico di potenza e forse anche materiale; fece anche un

simbolo ideologico e di battaglia politica, lì vagheggiò come pro-

tagonisti di un mito di morte e persino in un certo senso anticipa-

tori del nazismo.

Tanto per distruggere la Chiesa cattolica avrebbe lanciato la sua

‘Crociata contro il Graal’ non per motivi religiosi o dottrinali interni

alla cristianità, ma nel quadro di uno scontro metafisico tra il pen-

siero giudaico-cristiano e quello nordico-pagano.

Uno scontro di civiltà.

A questa idea notturna e minacciosa arrivò tuttavia a poco a poco,

per gradi. La crociata contro il Graal, pubblicato nel 1933, vide nella

religiosità catara soprattutto un messaggio di fratellanza in grado

di unificare l’Europa.

Rahn partì da un sogno pacifista e venne travolto da una sorta di

militarizzazione del suo stesso mito; si lasciò trascinare dal roman-

zo storico alla favola armata.

Era questo davvero il suo scopo, o si trattò di un crescendo di coin-

cidenze, di situazioni obbligate, di scelte sbagliate?

Oppure il tedesco era semplicemente una spia che usava la ricerca

storico-mitologica come una copertura?

In Linguadoca lo pensarono in molti, anche se viene da chiedersi

che cosa mai potesse spingere un agente segreto in quella regione.

(Mario Baudino, Il mito che uccide)

 

 

 

 

 

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IL TEDESCO 8ultima modifica: 2014-03-11T08:00:00+01:00da giuliano106
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