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…Me lo ricordo ancora, mi pare, e vorrei dirlo qui,
perché il lettore, se lo vorrà, possa paragonarlo al-
la forma in cui è narrato in ‘Vita Dura’, e notare la
differenza esistente fra la versione parlata e quella
scritta e stampata.
Il racconto intende mostrare certi cattivi risultati
di una buona memoria: di quella specie di memoria
che è fin troppo buona, che ricorda e ripete tutto e
non dimentica nulla, che ha il senso delle proporzio-
ni e della misura, e non sa distinguere un fatto im-
portante da uno che non lo è ma li registra tutti, a-
doperandoli a suo piacimento e trasformando o al-
terando, con l’utilizzo e la facoltà di quella che una
volta era la memoria, il progresso della narrazione,
ritardandone il fine ed il senso o meglio svilendolo e
creando simmetricamente una intricata e inestrica-
bile confusione, che riesce, a chi ascolta, insopporta-
bile e noiosa (un po’ quello che succede con taluni
affermati ‘giornali di stato’ nel senso in cui viene a-
doperata a loro fine e piacimento la trama detta, per
quei tatticismi politici che con la trama della vita…,
nulla hanno a che fare eccetto che appagare il dilet-
to del politico che con lo stato e la sua ‘falsa memo-
ria’ hanno molto da guadagnare; l’ignaro lettore o
uditore è così inesorabilmente confuso in una serie
di cavilli in cui puntualmente viene raggirato sia
dal politico che dallo stato, che dal volenteroso gior-
nale di cui l’uno e l’altro (il politico e lo stato) si ser-
vono.
Molti esempi potrei citare di questa ‘memoria’ ripe-
tuta nell’inesorabile trama della vita, l’eterno guada-
gno dei ciarlatani di ‘penna vestiti’ accompagnati dai
loro ‘politici’ ora uomini di stato, a conferire alla tra-
ma sempre più intricata e arguta ‘avventura storica’,
così da una facile storia di poche pagine, trasformar-
la in un sermone di 30 ministri & 40 sottosegretari… .
ma la storia è storia….).
Di questa specie è la memoria dello storico del ‘Vec-
chio caprone di suo nonno’.
Spesso egli aveva cercato di narrare la sua storia ai
compagni, minatori di superficie come lui, ma non e-
ra mai riuscito a giungere alla fine, poiché la sua me-
moria sconfiggeva ogni tentativo di marciare diritto;
persisteva nel lasciar cadere sulla sua via dei partico-
lari che nulla avevano a che fare col racconto (anzi
travisavano sempre il contenuto a beneficio di altro..
& altri); questi incongrui ‘contraddittori’ particolari
lo interessano fino a metterlo su un altro binario,
e da storico e persona seria qual era, trasformarlo in
una specie di illustre lavandaia; se si imbatteva in un
nome o in una famiglia o in qualsiasi altra cosa che
non aveva a che fare col racconto, deviava dal suo
corso per parlare della persona che possedeva quel
nome o per spiegare tutto della famiglia (magari di-
menticando che proprio con quella famiglia, lui qua-
le ‘storico’ aveva avuto precedenti malintesi, maga-
ri dimenticando, lui quale ‘pennivendolo’, che da
quella famiglia aveva avuto un congruo risarcimen-
to dopo la ‘Grande Guerra di Secessione…): col risulta-
to che, man mano che avanzava, si allontanava dalla
memorabile ed ‘onesta’ avventura che ogni uditore o
lettore vuol sentirsi raccontare, del nonno e del capro-
ne, e finiva con l’addormentarsi prima di giungere al-
la conclusione, e con lui i suoi compagni.
Una volta pareva esser giunto così vicino alla fine che
i ragazzi si fecero ansiosi di speranza; pensavano che
finalmente avrebbero saputo tutto di quell’avventura
e di ciò che era successo (ma lui quale storico così ca-
villoso e pomposo, saccente arguto e fazioso, mai po-
teva dire di quella verità che di volta in volta, pur con-
dendo di particolari illustri, adoperava e manipolava a
suo piacimento….).
(Prosegue…..)