Precedente capitolo:
Prosegue in:
Nato attorno al 1100, Arnaldo aveva compiuto gli studi
probabilmente a Milano e a Bologna, e ricevuto gli ordini
minori nella città natale.
Si sa che si recò in Francia dove seguì le lezioni di Abelardo.
Questo grande filosofo e maestro esercitò una notevole in-
fluenza sull’allievo, ma non fu lui certamente a farne un
fautore della povertà volontaria.
Sembra invece che abbia operato in tal senso l’influenza
della pataria che contava fautori anche in Brescia. Ritor-
nato nella sua città nel 1129, Arnaldo ricevette gli ordini
maggiori e divenne superiore dei canonici regolari.
Si fece allora notare per la vita ascetica e si rese famoso co-
me predicatore: chiamava alla rinascita della vita apostoli-
ca e maturò ben presto la convinzione che la riforma della
chiesa doveva cominciare da quella del clero.
Di qui le sue condanne della proprietà dei preti, della vita mon-
dana dei monaci e della conservazione, da parte dell’episcopato,
di diritti di regalia.
Di qui ancora concludeva che i benefici dovevano tornare ai lai-
ci che li avevano un tempo offerti al clero. Ma simili opinioni,
che riscuotevano il plauso del pubblico laico, non potevano tro-
vare un’accoglienza favorevole tra il clero.
Inevitabilmente diveniva allora lo scontro con il vescovo della
città, che ebbe un epilogo a Roma. Nelle mani di papa Innocen-
zo II fu deposta un’accusa formale contro Arnaldo: vi si sotto-
lineava in particolare che le opinioni dell’accusato sull’ordine
e sul battesimo dei neonati potevano sollevare serie riserve.
Era senza dubbio un tentativo di ricollegare le posizioni di Ar-
naldo alla dottrina condannata da Pietro di Bruys e degli enri-
ciani, e di pregiudicarne quindi l’esito di fronte al tribunale
pontificio.
Ma queste accuse non dovevano avere alcun fondamento, per-
ché non abbiamo la minima prova che a Roma siano state pre-
se in considerazione.
Reali furono invece gli attacchi di Arnaldo alla ricchezza del
clero. Osservando il fasto che regnava nei palazzi dei cardinali,
non esitò a condannarlo in presenza del papa: fu perciò subito
accusato di eresia al concilio laterano del 1139.
Malgrado l’assenza di prove a suo carico, il papa vietò ad
Arnaldo di proseguire nell’attivita di predicatore e lo bandì
dall’Italia. Costretto a lasciare la patria, Arnaldo si recò in
Francia, dal maestro Abelardo, proprio nel momento in qui
quest’ultimo, già violentemente attaccato da Bernardo di
Clairvaux, riceveva il biasimo dell’episcopato francese per
le sue dichiarazioni pubbliche. Istigato da Bernardo, il papa
Innocenzo II intervenne nella disputa e condannò la dottri-
na di Abelardo, ordinando che il maestro e il fedele discepo-
lo Arnaldo fossero rinchiusi in convento.
Abelardo pensava di appellarsi a Roma, ma durante il viag-
gio si lasciò rinchiudere a Cluny mentre Arnaldo, contro il
quale si erano appuntati gli attacchi di Bernardo, continua a
insegnare a Parigi. Ma alla fine dovette rifugiarsi nell’impero,
dove trovò protezione dal vescovo di Costanza, ben disposto
nei suoi confronti.
Ma anche lì lo raggiunse l’accanimento di Bernardo.
In una lettera al vescovo di Costanza, l’abate di Clairvaux
scriveva: ‘Parlo di Arnaldo da Brescia. Si distinguesse per la
purezza della sua dottrina come per la severità della vita….!
Infine, ha spinto con tutti i mezzi la popolazione del suo pae-
se natale a una tremenda rivolta…
Maledetto dal papa, si è legato ad Abelardo e e ancor più ar-
dentemente dello stesso maestro, difensore accanito di tutta
la sua dottrina, errata e condannata…., fidando nella forza
delle armi, si leva apertamente contro il clero, contro i vesco-
vi stessi, e infrange con furore tutto l’ordine della chiesa’.