BERNARDO GUI

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-Ah! Ma i buoni dottori a cui fai illusione non sono forse coloro

che comandano la tua setta? E’ questo che volevi intendere quando

parlavi dei buoni dottori? E’ a questi perversi mentitori che si

ritengono gli unici successori degli apostoli che ti rifai per

riconoscere i tuoi articoli di fede? Tu insinui che io credo a ciò

che loro credono, allora mi crederai, altrimenti crederai solo a loro!’

– Non ho detto questo, signore,

balbettò il cellario,

– Voi me lo fate dire. Io credo a voi, se voi mi insegnate ciò che 

è bene.

– Oh protervia!

gridò Bernardo battendo il pugno sul tavolo.

– Ripeti a memoria con bieca determinazione il formulario che

si insegna nella tua setta. Tu dici che mi crederai solo se predichi

ciò che la tua setta ritiene sia il bene. Così hanno sempre risposto

gli pseudo-apostoli ora tu rispondi, forse senza avvedertene,

perché riaffiorano alle tue labbra le frasi che un tempo ti furono

insegnate onde ingannare gli inquisitori. Ed è così che stai

accusandoti con le tue stesse parole, e io cadrei nella tua trappola

solo se non avessi una lunga esperienza di inquisizione…

Ma veniamo alla vera questione, uomo perverso. Hai mai 

inteso parlare di Gherardo Segalelli da Parma?

– Ne ho inteso parlare,

disse il cellario impallidendo, se mai si fosse potuto ancora

parlare di pallore per quel viso disfatto.

– Hai mai inteso parlare di fra Dolcino da Novara?

– Ne ho inteso parlare.

– Lo hai mai visto di persona, hai conversato con lui?

Il cellario stette qualche istante in silenzio, come per valutare

sino a che punto gli fosse convenuto dire una parte della

verità. Poi si decise, e con un filo di voce:

– L’ho visto e gli ho parlato.

– Più forte!

gridò Bernardo,

– Che finalmente si possa udire una parola vera scendere dalle

tue labba! Quando gli hai parlato?

– Signore,

disse il cellario,

– Ero frate in un convento del novarese quando la gente di Dolcino

si radunò da quelle parti, e passarono anche presso il mio convento,

e al principio non si sapeva bene chi fossero….

– Tu menti! Come poteva un francescano di Varagine essere in

un convento del novarese? Tu non eri in convento, tu facevi già

parte di una banda di fraticelli che percorrevano quelle terre

vivendo di elemosine e ti sei unito ai dolciniani!

– Come potete affermare questo, signore?

disse tremando il cellario.

– Ti dirò come posso, anzi devo, affermarlo,

disse Bernardo, e ordinò che fosse fatto entrare Salvatore.

La vista dello sciagurato, che certamente aveva passato la notte

in un interrogatorio non pubblico e più severo, mi mosse a

pietà. Il volto di Salvatore, l’ho detto, era di solito orribile.

Ma quel mattino sembrava ancor più simile a quello di un

animale…..

(U. Eco, Il nome della rosa)



 

 

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