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Racconti della Domenica: guerra (22/1)
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Racconti della Domenica ovvero:
Andò, cauto, all’angolo della stalla e guardò fuori.
Una dozzina di uomini a cavallo, venivano in fila dalla parte opposta
della spianata, ed erano a non più di cento metri di distanza.
Cavalcarono sino alla casa.
Alcuni smontarono, altri rimasero a cavallo, mostrando che non avevano
intenzione di fermarsi lì a lungo. Sembrava che tenessero consiglio,
perché li udiva parlare concitati nella detestata lingua dell’invasore.
Il tempo passava, ma sembrava che non riuscissero a mettersi d’accordo.
Egli fissò la carabina alla sella, salì su, e attese impaziente, bilanciando
la camicia con le mele sul pomo della sella.
Udì un passo che s’avvicinava e affondò gli speroni così violentemente
nei fianchi del cavallo roano che questi mandò un gemito di sorpresa,
balzando avanti.
All’angolo della stalla vide l’intruso, un vero ragazzo di forse 19 anni
o 20 anni a giudicare dall’aspetto, il quale saltò da un lato per non
essere gettato a terra. Nello stesso momento il cavallo girò e il giovane
scorse, per un istante, gli uomini in allarme, davanti la casa.
Alcuni saltarono dai cavalli e poté vedere che portavano i fucili alla
spalla. Passò davanti la porta della cucina e oltre i cadaveri che
dondolavano all’ombra, obbligando i suoi nemici a correre intorno
la casa.
Risuonò un colpo di fucile, e poi un secondo, ma egli andava rapido,
piegato in avanti, basso sulla sella, con una mano tenendo stretto
il sacco di mele, con l’altra guidando il cavallo.
La staccionata era alta quattro piedi, ma egli, che conosceva il suo
roano, la saltò in piena carriera accompagnato da dispersi colpi di
fucile. Ottocento metri lontano era il bosco, e il cavallo percorreva
quella distanza a grande carriera.
Ogni nemico ora sparava.
Sparavano così rapidamente che non udì più colpi di fucile individuali.
Una pallottola gli attraversò il cappello, ma non se ne accorse, ma s’
accorse quando un’altra pallottola colpì le mele sulla sella.
E trasalì e si piegò ancor più allorché una terza pallottola, sparata
bassa, colpì un sasso tra le gambe del cavallo e rimbalzò per l’aria,
fischiando e ronzando come un incredibile insetto.
I colpi si diradarono a mano a mano che i caricatori erano vuoti, e
ben presto cessarono del tutto.
Il giovane era come ebbro.
Era uscito illeso da quella straordinaria fucileria.
Si voltò a guardare.
Sì, avevano vuotato i caricatori.
Poté vedere che alcuni ricaricavano l’arma.
Altri correvano dietro la casa per i loro cavalli. Mentre guardava,
due, già a cavallo, riapparvero e si lanciarono al galoppo. Allo stesso
momento, vide l’uomo dalla barba inconfondibile di color zafferano
inginocchiato per terra, che spianava il fucile, e freddamente
mirava per il colpo lontano.
Il giovane affondò gli speroni nei fianchi del cavallo, e ondeggiò nella
sua fuga per distrarre la mira.
Ma il colpo non veniva.
Ad ogni salto del cavallo il bosco si avvicinava.
Ormai non era a duecento metri e ancora il colpo tardava.
E poi udì l’ultima cosa che doveva udire, giacché morì sul colpo lì
dove stramazzò da sella. E quelli, guardando dalla casa colonica,
lo videro cadere, videro il suo corpo rimbalzare sul suolo e le mele
rosse spargersi intorno a lui.
Essi risero all’inatteso irrompere delle mele, della morte, della
rovina, e batterono le mani per plaudire il lungo colpo dell’uomo
…dalla barba color di zafferano.
(J. London, Guerra)